Report Draghi sulla competitività europea: anche AI e sanità divise tra innovazione e regolamentazione

L'analisi della SIIAM - Società Italiana Intelligenza Artificiale in Medicina - del documento dell'ex Presidente del Consiglio: «Raccomandazioni utili, ma molto dipenderà dalla volontà politica di attuare queste riforme»

Il recente rapporto di Mario Draghi sulla competitività europea ha acceso un vivace dibattito tra imprenditori, politici e accademici, evidenziando le sfide e le opportunità per mantenere l’Europa competitiva nel contesto globale.

I settori pubblici, come la sanità, scontano i costi elevati del mancato efficientamento energetico che diventano un ostacolo significativo all’adozione dell’AI

È emerso come obiettivo centrale del report quello di evidenziare l’effetto negativo dell’iperregolamentazione sull’innovazione. Draghi sottolinea come l’incertezza normativa in Europa abbia danneggiato le piccole imprese e scoraggiato le grandi aziende dall’investire. Infatti, le frequenti modifiche e la complessità delle normative aumentano i costi di conformità per le PMI, rendendo difficile competere globalmente.

Inoltre, l’imprevedibilità normativa rende l’Europa meno attraente per gli investimenti esteri, limitando la crescita economica. La critica all’iperregolamentazione da parte dell’ex governatore della BCE evidenzia la necessità di un cambiamento radicale da parte dell’Unione Europea per favorire la nascita e lo sviluppo di nuove aziende, in direzione diversa a quanto fatto recentemente in tema di regolamentazione delle nuove tecnologie.

Mario Draghi e Ursula von der Leyen

A sostegno di ciò, il report analizza lo scenario imprenditoriale europeo: le nostre aziende sono prevalentemente specializzate in tecnologie mature, dove il potenziale per innovazioni significative è limitato, e investono meno in ricerca e innovazione (R&I) rispetto alle loro controparti statunitensi – 270 miliardi di euro in meno nel 2021. Ad esempio, in Europa le principali fonti di investimenti in ricerca e innovazione da vent’anni sono soprattutto le aziende automobilistiche. Negli Stati Uniti, invece, sebbene all’inizio degli anni 2000 il settore automobilistico e quello farmaceutico fossero comunque i maggiori investitori, attualmente i primi tre investitori appartengono tutti al settore tecnologico.

Il problema europeo consiste nel blocco che l’innovazione incontra superata la fase della ricerca: infatti, non riusciamo a tradurre l’innovazione in commercializzazione, e le aziende innovative che vogliono espandersi in Europa sono ostacolate in ogni fase da regolamenti incoerenti e restrittivi. Di conseguenza, molti imprenditori europei preferiscono cercare finanziamenti e crescere nel mercato americano. Tra il 2008 e il 2021, quasi il 30% degli “unicorni” fondati in Europa – startup valutate oltre 1 miliardo di dollari – hanno trasferito la loro sede all’estero, con la stragrande maggioranza che ha scelto gli Stati Uniti.

Le imprese nel settore medico sono decisamente penalizzate da normative stringenti come il GDPR, in quanto le rigide restrizioni sull’utilizzo secondario dei dati per la ricerca possono limitare eccessivamente l’innovazione, complicando lo svolgimento di studi clinici e lo sviluppo di nuovi trattamenti. Questo rallenta il progresso in un settore fondamentale per la salute pubblica e l’economia, minacciando la leadership dell’Europa nella ricerca medica.

Apple ha deciso di non rilasciare Apple Intelligence in Europa, mentre Meta non renderà disponibili i modelli multimodali Llama nel continente

Un altro punto critico sollevato dal report è il Digital Services Act, che sta allontanando le grandi aziende tecnologiche dall’Europa nel campo dell’AI. Ad esempio, Apple ha deciso di non rilasciare Apple Intelligence in Europa, mentre Meta non renderà disponibili i modelli multimodali Llama nel continente. Questo danneggia le startup europee che si basano su software open source per sviluppare le proprie innovazioni, creando un divario tecnologico sempre più ampio rispetto ad altre regioni del mondo.

Su un altro fronte, è importante rimarcare che il report Draghi affronta in modo incisivo anche il tema della decarbonizzazione, sottolineando la necessità di bilanciare le sfide energetiche con le opportunità offerte dall’AI. La rivoluzione digitale è infatti strettamente legata alla sostenibilità energetica, poiché l’AI, soprattutto nei processi di addestramento di modelli avanzati come quelli di deep learning e machine learning, richiede enormi quantità di energia. Se questa energia proviene da fonti fossili, tali sistemi rischiano di aumentare significativamente le emissioni di gas serra, mettendo a rischio gli sforzi globali per combattere il cambiamento climatico.

Per evitare che l’AI entri in conflitto con gli obiettivi di decarbonizzazione, al centro dell’agenda europea, è essenziale che il suo sviluppo sia supportato da una transizione verso energie rinnovabili. I data center, che gestiscono l’enorme potenza computazionale necessaria per i sistemi di AI, sono particolarmente energivori, sollevando la questione di dove reperire l’energia elettrica necessaria. Alcune delle principali aziende tecnologiche stanno già investendo in fonti di energia pulita, come solare, eolico e idroelettrico, costruendo i loro data center in aree ricche di risorse rinnovabili e infrastrutture energetiche sostenibili. In parallelo, Microsoft ha stipulato un accordo per riattivare una sezione della centrale nucleare di Three Mile Island, nota per il più grave incidente nucleare negli Stati Uniti, al fine di soddisfare le crescenti esigenze energetiche dei suoi data center.

Un altro aspetto cruciale è l’ottimizzazione dell’efficienza energetica dei modelli di AI: grazie ad alcune tecniche avanzate è possibile ridurre significativamente il consumo di risorse computazionali, mantenendo elevate le prestazioni e diminuendo il dispendio energetico. Questo approccio è particolarmente rilevante per le piccole e medie imprese e per i settori pubblici, come la sanità, dove i costi elevati possono rappresentare un ostacolo significativo all’adozione dell’AI.

Molti dei suggerimenti contenuti nel report sono stati inclusi nelle mission letter dei nuovi commissari europei

In ogni caso, il rapporto Draghi ha già iniziato a mostrare le sue prime conseguenze. Le dimissioni del commissario Breton sembrano essere il segnale che il documento sta avendo un impatto significativo nel panorama europeo, e molti dei suggerimenti contenuti nel report sono stati inclusi nelle mission letter dei nuovi commissari europei. A questo punto, in molti si aspettano ulteriori cambiamenti nella direzione indicata dal report per migliorare la competitività europea, sperando che le linee guida e indicazioni si traducano in azioni concrete.

In conclusione, il report di Draghi rappresenta un importante passo avanti nella discussione sulla competitività europea. Se le raccomandazioni del documento saranno seguite, l’Europa potrà vedere una rinascita economica guidata dall’innovazione e dalla creatività, riprendendo la propria leadership globale a fianco di Stati Uniti e Cina. Tuttavia, molto dipenderà dalla volontà politica di attuare queste riforme e dalla capacità di bilanciare le esigenze normative con la necessità di promuovere un ambiente favorevole all’innovazione.

Le opinioni espresse nel presente articolo appartengono ai soli autori e alla SIIAM e non riflettono necessariamente la posizione ufficiale di ulteriori enti di appartenenza.

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