UK, chi sono i Medical Associate Professionals e perché fanno paura

Assistenti spesso confusi per medici: nel Regno Unito esistono da decenni per contrastare almeno parzialmente la carenza di personale medico. Oggi, però, nonostante si preveda di aumentarne il numero stanno diventando un problema

Oggi sono circa 3500, ma entro il 2037 potrebbero diventare 10.000. Il governo sta attuando una revisione delle attività da loro svolte, ma mentre questa si sta svolgendo, non sono stati inseriti correttivi. Sono i Medical Associate Professionals (MAPs), assistenti con due anni di formazione medica che lavorano all’interno degli ospedali e ambulatori. Si tratta di figure che dovrebbero supportare i clinici raccogliendo la storia medica di un paziente, conducendo alcuni esami fisici, analizzando i risultati dei test, ma anche diagnosticando malattie e contribuendo alla definizione del piano terapeutico di un paziente.

Siamo nel Regno Unito, dove c’è forte preoccupazione per queste figure: se il NHS England dice chiaramente che non sono medici e non possono sostituirli, in un sistema che sta soffrendo la carenza di personale e strutture non sempre è facile garantire a questi professionisti la supervisione necessaria. Ha fatto molto discutere la vicenda di Emily Chesterton, ragazza morta a 30 anni per una presunta diagnosi scorretta da parte di un MAP che aveva incontrato per due volte e che credeva fosse un GP, un medico di medicina generale.

«I professionisti associati in ambito medico sono presenti nel Regno Unito dal 2006. Questa figura si è sviluppata a partire dall’esperimento statunitense degli assistenti medici militari, che avevano lavorato in altri settori sanitari e avevano seguito un corso biennale per poter assistere i medici a livello clinico con interventi amministrativi e clinici minori», spiega a TrendSanità Peter Holden, un medico di medicina generale inglese del Derbyshire associato alla British Medical Association (BMA), il sindacato inglese dei medici e vicepresidente dell’European Union of General Practitioners (UEMO).

Gli effetti della carenza di personale

«I governi britannici successivi hanno gestito malissimo la pianificazione del personale medico, e ci troviamo ora con una grave carenza di medici nel Regno Unito – prosegue Holden -. Per molti anni per colmare il divario si è fatto affidamento sui colleghi provenienti dai paesi dell’ex Impero Britannico, in particolare India e Pakistan, e, più recentemente, sui colleghi europei. Il vero problema nel Regno Unito è che, a differenza di Australia, Nuova Zelanda e Canada, il servizio sanitario presuppone che i medici non prendano mai ferie annuali, permessi di studio, malattia o abbiano altri problemi: devono lavorare sette giorni su sette e coprire i colleghi assenti. Sebbene questo approccio possa essere moralmente discutibile, 30 o 40 anni fa era fisicamente possibile. Con la medicina moderna e il tasso di consultazioni che i pazienti hanno nel Regno Unito, tutto questo è diventato del tutto impossibile».

Peter Holden

Da qui il tentativo di affiancare ai medici delle figure che potessero supportarli. Con la crescente carenza di medici nel Paese, però, è sempre più difficile distinguere le attività svolte da questi professionisti da quelle che competono un medico. «Con la situazione attuale nel Regno Unito, per garantire a ogni medico uno stile di lavoro professionale e una settimana lavorativa di 40 ore, sarebbero necessari oltre 75.000 medici di famiglia a tempo pieno – riporta Holden -. Attualmente, abbiamo poco più di 40.000 medici di famiglia nel Regno Unito, ma questo numero non corrisponde ai medici a tempo pieno».

Nel 2004 Holden, in qualità di vicepresidente del comitato dei medici generici della BMA, aveva avvertito il governo che intorno al 2016 si sarebbe registrata una carenza di medici di famiglia. «Mi sono sbagliato solo di un anno – sorride amaro il medico -. I politici dimenticano che ci vogliono almeno 10 anni prima che un medico possa lavorare senza supervisione e almeno 13 prima che possa esercitare in modo indipendente, a partire dall’ammissione alla facoltà di medicina». Nel Regno Unito servono 5 o 6 anni per ottenere la qualifica medica di base, seguiti da due anni di lavoro in ospedale in una serie di posizioni approvate dall’università. Solo dopo 7 o 8 anni dall’ammissione alla facoltà di medicina i camici bianchi possono specializzarsi in una delle 61 sottospecialità mediche del Regno Unito, tra cui la medicina generale. Il tempo minimo di formazione per un medico di famiglia è di altri tre anni, anche se da tempo si sta cercando di portare questo tempo a cinque anni, e in ogni caso spesso prima di esercitare autonomamente passa un altro anno.

Il rischio di “passing off”

A causa della carenza di medici, i governi britannici che si sono susseguiti nel tempo hanno cercato modi per consentire alle professioni di supporto alla medicina di “esercitare al massimo la loro licenza”. Per esempio, in UK gli infermieri si occupano di malattie croniche specifiche come l’asma o il diabete e in questi casi possono prescrivere farmaci. «I colleghi hanno una significativa esperienza clinica già prima di iniziare la formazione avanzata – ricorda Holden -. La loro formazione di base dura tre anni all’università, seguiti da circa cinque anni di esperienza clinica, prima di conseguire una qualifica a livello di master che conferisce loro lo status di professionista avanzato».

Agli assistenti medici manca l’esperienza clinica e la formazione necessaria per lavorare autonomamente su casi complessi

Per contro, gli assistenti medici ricevono due anni di formazione clinica dopo una laurea scientifica. A questi professionisti manca l’esperienza clinica e la formazione necessaria per lavorare autonomamente su casi complessi. Devono essere supervisionati dopo ogni caso che gestiscono.

«Per alcuni aspetti, è come supervisionare uno studente di medicina e non fa risparmiare tempo – riflette Holden -. Alcuni non riconoscono i limiti delle proprie competenze, e la loro sicurezza supera spesso le loro capacità reali. Alcuni non si rendono conto quando operano al di fuori dei propri limiti. Ci sono stati diversi casi di diagnosi errate gravi, con esiti fatali per i pazienti». Esiste poi un problema di trasparenza: «Molti pazienti credevano di aver visto un medico, quando in realtà non avevano incontrato alcun medico registrato. Questo, legalmente parlando, è una sorta di “passing off” nell’ordinamento giuridico inglese, ovvero indurre qualcuno a credere di essere qualcosa che non si è».

Una questione (anche) di termini

La confusione secondo l’esperto è amplificata dal fatto che il governo desidera che queste figure siano chiamate “Medical Associates” piuttosto che “Medical Assistants”. Nel mondo anglofono, un “associate” è un professionista pienamente qualificato che non possiede però l’attività in cui lavora. «Per esempio, abbiamo “associate solicitors” (avvocati associati) o “associate dental surgeons” (dentisti associati), che sono completamente qualificati ma non proprietari dello studio. Un “assistant”, invece, non è completamente qualificato».

Esiste una confusione di termini e una di registrazione e entrambi «sembrano essere un tentativo deliberato di confondere il pubblico»

La professione medica britannica è estremamente preoccupata perché il governo insiste non solo nel chiamare queste figure “Medical Associates” ma anche nel registrarli presso il General Medical Council (GMC), una mossa percepita come un tentativo deliberato di sminuire la professione medica e confondere il pubblico. Il GMC è l’ordine dei medici britannico.

Tutti gli altri professionisti sanitari, ad eccezione di infermieri e ostetriche, sono registrati presso l’HCPC (Healthcare Professions Council), mentre infermieri e ostetriche sono registrati presso il Nursing and Midwifery Council. Questi organismi hanno pieno potere regolatorio e possono sanzionare i professionisti fino alla revoca permanente della licenza. Registrare una categoria di professionisti sanitari presso il GMC anziché presso l’HCPC «sembra essere un tentativo deliberato di confondere il pubblico».

Attualmente, il numero di professionisti associati in ambito medico è relativamente basso, ma si prevede che entro un anno o due saranno circa 13.000. Alcuni lavoreranno in ospedali occupandosi di anestesia, un numero limitato eseguirà procedure chirurgiche di routine, e alcuni saranno impiegati nella medicina generale.

Le dispute all’interno della professione sono state enormi: «L’attuale politica del Royal College of General Practitioners e della British Medical Association rende quasi impossibile l’ulteriore espansione degli assistenti medici nella medicina generale, poiché non sono economicamente sostenibili. Queste figure non sono in grado di gestire pazienti in modo autonomo: un medico deve rivedere ogni caso, e poiché i medici di famiglia sono già molto occupati, manca la capacità di supervisionarli. Inoltre, gli assistenti medici ricevono salari superiori a quelli di alcuni medici residenti, a pochi giorni dal completamento della loro formazione professionale e dall’acquisizione del titolo di consulente», conclude Holden.

Attualmente è in corso un’azione legale su questo tema, intentata tra gli altri dalla British Medical Association contro il General Medical Council.

Può interessarti

Michela Perrone
Giornalista pubblicista