Una iniziativa sperimentale della sezione Sicilia di ACTO (Alleanza Contro il Tumore Ovarico) accompagna le donne con una diagnosi di tumore ovarico lungo un percorso che le avvicina a un nuovo “progetto di maternità”.
Si chiama LABIA – Madri d’amore e ha l’obiettivo di fornire supporto psicologico e legale non solo alla donna ma anche al partner, alla famiglia oncologica quindi, per sostenerla nella definizione di una diversa progettualità.
TrendSanità ne ha parlato con l’Avv. Annamaria Motta, presidente di ACTO SICILIA.
La LEGGE 7 dicembre 2023, n. 193, pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 18 dicembre 2023, definisce l’oblio oncologico come “il diritto delle persone guarite da una patologia oncologica di non fornire informazioni né subire indagini in merito alla propria pregressa condizione patologica”; una normativa che nasce con l’obiettivo di eliminare la discriminazione a carico delle persone che sono state colpite da malattie oncologiche ed evitare disparità di trattamento, in diversi ambiti.
Sono quindi cambiate le prospettive di chi è stato un paziente oncologico grazie a nuove regole per le procedure di accesso a concorsi pubblici, stipula di polizze assicurative, accensione di un mutuo. E per le richieste di adozione.
Oblio oncologico e adozioni
La nuova legge stabilisce che una persona può essere dichiarata guarita quando siano trascorsi dieci anni dalla fine delle terapie e in assenza di recidive; inoltre per le diagnosi avvenute prima dei 21 anni di età, è sufficiente che siano trascorsi cinque anni.
Per quanto riguarda il diritto di famiglia, la legge 193/2023 elimina la possibilità di effettuare indagini, da parte dei servizi sociali o del tribunale, sulle condizioni di salute dei genitori che hanno fatto richiesta di adozione maturati i tempi previsti dalla legge per l’oblio oncologico; nei casi stabiliti dalla legge le coppie non sono quindi obbligate a riportare informazioni su eventuali precedenti malattie oncologiche.
Nel corso del 2024 la legge è stata integrata da tre Decreti attuativi, mirati alla definizione e applicazione pratica delle nuove norme.
Il primo, del 22/3/2024 ha definito le patologie oncologiche per le quali il diritto all’oblio oncologico può essere concesso anche dopo un periodo inferiore a dieci anni dalla fine delle terapie.
Nella lista diffusa dal Ministero della Salute compaiono, tra gli altri, il tumore alla mammella di stadio I e II, per cui il periodo è stato portato a un anno, il tumore del colon in stadio I (cinque anni), le leucemie mieloidi e linfoblastiche acute (cinque anni). Trai tumori ginecologici, per il tumore del collo dell’utero -nei casi in cui sia stato diagnosticato oltre i 21 anni di età- la legge stabilisce che il diritto all’oblio oncologico può essere concesso dopo sei anni.

«Nell’ambito dei tumori ginecologici il decreto attuativo ha segnato un altro importante traguardo, riducendo a cinque anni, senza limiti di età, il periodo per la concessione dell’oblio oncologico per le donne colpite da tumore del corpo dell’utero – precisa Motta -. ll carcinoma ovarico è stato invece escluso dalle tabelle ministeriali che specificano le eccezioni ai dieci anni. Questo fatto viene vissuto come una disparità, in contrasto con l’evoluzione scientifica che negli ultimi cinque anni è stata considerevole, e che ha portato progressi significativi nel trattamento del tumore ovarico».
Secondo Motta quindi la legge avrebbe «ridotto la discriminazione verso le donne, e le coppie, che scelgono di intraprendere la strada dell’adozione, ma risulterebbe ancora lontana dal considerare il tema della cronicizzazione della malattia, che è la frontiera verso la quale si sta muovendo la scienza per i tumori ginecologici diagnosticati in fase iniziale».
Un successivo decreto (pubblicato il 5/7/2024) definisce le modalità di richiesta del certificato di diritto all’oblio oncologico, che può essere ottenuto presentando domanda a una struttura sanitaria accreditata, pubblica o privata, al medico di medicina generale, oppure a un medico operante all’interno del SSN che si occupa della patologia in questione.
«Il certificato di oblio oncologico non è obbligatorio, ma è un diritto che gli ex pazienti oncologici possono esercitare per tutelarsi da eventuali discriminazioni. Nel momento in cui non siano trascorsi i 10 anni, o nel caso di malattia cronicizzata, gli interessati sono tenuti a dichiarare il fatto che si sottopongono a cure e lo stato della malattia» precisa Motta.
Nell’agosto 2024, un terzo decreto si occupa direttamente delle adozioni e, spiega la Presidente, «stabilisce che il certificato di oblio oncologico può essere presentato anche durante le pratiche di domanda per l’adozione di minori, evitando di lasciare a indagini svolte dai servizi sociali la verifica dello stato di malattia. In altri termini, questo diritto si traduce nella possibilità di non presentare documentazione medica relativa alla pregressa malattia oncologica. Esibire il certificato di avvenuta guarigione allegato alla domanda di adozione è una tutela in più e agevola le tempistiche della procedura».
Il progetto LABIA-Madri d’amore
Spiega Annamaria Motta: «una patologia come il tumore ovarico aggiunge un lutto, se pur simbolico, a un progetto di vita e di coppia. Partendo da quella che definiamo ‘maternità negata’, l’obiettivo del nostro progetto è quello di far conoscere altre strade per giungere a una forma di maternità diversa da quella biologica. Ove possibile, sosteniamo le coppie nel percorso di adozione, ma esistono anche altre possibilità come l’affido, la cui procedura segue regole completamente diverse. In questo caso, le indagini sullo stato di salute degli aspiranti genitori rientra nelle valutazioni più ampie dei servizi sociali e del Tribunale per i Minorenni. Io stessa, dopo una diagnosi di tumore ovarico all’età di 31 anni, ho intrapreso la strada dell’affido, e da quattro anni sono genitore affidatario di una bambina».
«Cerchiamo anche di promuovere un concetto di maternità ampliata a un senso di solidarietà verso il prossimo; un’altra possibilità, diversa da affido ed adozione, riguarda la scelta di diventare ‘madre di altre madri’ ospitando in casa altre donne con bambini in difficoltà» precisa Motta.
Come si svolge in pratica il progetto? ACTO SICILIA mette a disposizione, gratuitamente, servizi di consulenza mirati a intraprendere percorso di adozione o affido. Il primo contatto è quello con la nostra psico-oncologa, cui segue una consulenza legale con avvocati esperti. «Ma a parte questo non esiste, per ora, uno schema predefinito e standardizzato; il percorso si costruisce passo dopo passo in relazione al caso specifico, ovvero allo stato di salute dei soggetti e alle loro aspirazioni».
Il progetto è stato avviato nello scorso mese di maggio, al momento ne stanno usufruendo una decina di coppie. «Ci siamo date un anno di tempo, al termine del quale vorremmo proseguire e magari allargare l’iniziativa ad altre regioni» conclude Motta.