Senza l’oblio oncologico, i pazienti sono penalizzati due volte

L’oblio oncologico permetterebbe a chi ha avuto un tumore di abbandonare definitivamente lo stigma legato alla propria malattia. È urgente che l’Italia discuta una legge per normarlo

Una doppia condanna. È quella che subiscono oggi i pazienti oncologici in Italia che, dopo essere guariti dalla malattia, spesso si vedono negare alcuni servizi fondamentali per il proprio benessere a causa dei loro pregressi problemi di salute.

In molti casi, infatti, assicurazioni, banche, ma anche servizi sociali considerano non adatti i profili di chi ha avuto il cancro. Anche se è guarito da decenni.

Da alcuni anni si parla anche nel nostro Paese di introdurre il diritto all’oblio oncologico: una norma che stabilisca una finestra temporale oltre la quale istituzioni ed enti erogatori di servizi non possono andare a scandagliare la vita di chi hanno di fronte. Oggi, infatti, chi richiede un mutuo, vuole sottoscrivere un’assicurazione o avviare le pratiche per un’adozione si trova a dover rispondere alla domanda sui problemi di salute passati.

“Mentire significa fornire una dichiarazione mendace e rischiare di essere perseguiti legalmente”, ricorda Ornella Campanella, presidente dell’associazione aBRCAdabra onlus, nata per sostenere le persone portatrici delle mutazioni dei geni Brca e le loro famiglie. Dire la verità spesso significa vedersi negare ciò che si sta richiedendo.

Marco Annoni

“Oltre a un problema oggettivo, ne abbiamo uno soggettivo – evidenzia Marco Annoni, bioeticista e coordinatore del Comitato etico di Fondazione Veronesi –: alcune survey mostrano come gli ex pazienti oncologici si sentano discriminati. L’assenza di una legge che regolamenti l’oblio oncologico, infatti, fa sì che quando viene rifiutata una domanda di mutuo la persona pensi che sia per la sua storia di malattia. Magari è per un altro motivo, ma gli algoritmi con cui lavorano molti istituti finanziari non forniscono motivazioni sul rigetto della pratica”. 

Che cosa succede in Europa

L’Italia è chiamata ad esprimersi entro il 2025: è questa la scadenza imposta dall’Europa ai Paesi membri affinché prendano una decisione in merito all’oblio oncologico, che in alcune Nazioni è una realtà consolidata. A fare da apripista è stata la Francia nel 2016, seguita da Belgio, Lussemburgo (entrambi nel 2019), Paesi Bassi (nel 2020), Romania e Portogallo (questi ultimi nel 2022).

“Un disegno di legge molto avanzato era stato proposto nella precedente legislatura, ma poi la caduta del Governo ne ha impedito la discussione”, afferma Annoni. Il Comitato etico di Fondazione Veronesi ha recentemente pubblicato un documento che riassume i contorni del problema chiedendo che sia colmato al più presto questo vuoto legislativo.

Quasi tutti i Paesi che si sono espressi a questo proposito hanno individuato un periodo, di solito non superiore ai 10 anni, oltre al quale diventa illegittimo chiedere conto del proprio stato di salute. Sarebbe auspicabile che anche in Italia facessimo altrettanto”, chiarisce Annoni.

Si calcola che in Italia oggi ci sia un milione di ex pazienti oncologici che possono definirsi clinicamente guariti dal cancro

Si calcola che in Italia oggi esistano circa un milione di ex pazienti oncologici che secondo le evidenze scientifiche possono definirsi clinicamente guariti dal cancro. “Si tratta cioè di persone con lo stesso rischio di sviluppare un nuovo tumore e la medesima aspettativa di vita di chi non è mai stato malato – riporta Campanella, che è anche membro del Consiglio di amministrazione di Fondazione Aiom – Stiamo parlando di quasi un terzo dei pazienti oncologici attualmente vivi in Italia, che sono in tutto 3,6 milioni”.

L’anno scorso Fondazione Aiom ha promosso una raccolta firme per tenere alta l’attenzione sul tema: “In otto mesi abbiamo raggiunto quota 100.000 e adesso siamo a oltre 105.000: la nostra intenzione è portare questo bottino di sottoscrizioni all’attenzione del presidente del Consiglio e di quello della Repubblica per chiedere che si discuta la legge sull’oblio oncologico”, spiega Campanella.

Riconoscere il diritto all’oblio oncologico significa trovare un giusto equilibrio tra la necessità di profilazione e i principi di uguaglianza e dignità di tutti i cittadini

Per Annoni riconoscere questo diritto non significa “limitare in maniera indebita la comprensibile profilazione del rischio individuale da parte di assicurazioni e servizi finanziari”, ma si tratta di “trovare un giusto equilibrio tra questa necessità di profilazione e i principi di uguaglianza e dignità di tutti i cittadini che devono essere mantenuti. Siamo tutti diversi, ma esiste una sfera incomprimibile che attiene alla privacy delle persone e che deve essere bilanciata con la necessità economica di alcuni tipi di impresa di avere una profilazione dei propri clienti”.

La legge sul diritto all’oblio oncologico non vieterebbe quindi in maniera assoluta di chiedere informazioni sulla salute delle persone, ma stabilirebbe una sfera ragionevole oltre la quale non ha senso discriminare le persone.

Lo stigma continua

Ornella Campanella

Non riconoscere questo diritto significa non solo privare alcune persone di una parte dei loro diritti, ma anche condannarle allo stigma per sempre. “Nessuno restituirà mai loro gli anni persi a causa della malattia – riflette Campanella – ma è assurdo che, pur essendo guariti, debbano continuare a portarsi addosso l’etichetta di pazienti oncologici”.

Senza oblio infatti si resta sempre ancorati alla patologia che si ha avuto che, sebbene appartenga al passato, continua a condizionare il presente e il futuro. “Quando queste persone si potrebbero riappropriare della loro vita, si vedono azzoppare i propri sogni a causa della loro condizione pregressa”.

Non esistono numeri sul fenomeno, ma sono tanti gli ex pazienti che lamentano di essersi visti negare un’assicurazione o un mutuo

Va detto che la discriminazione è solo potenziale: essendoci un vuoto legislativo, infatti, la valutazione è discrezionale: “Non esistono numeri sul fenomeno, ma sono tanti gli ex pazienti che lamentano di essersi visti negare un’assicurazione o un mutuo. Riteniamo che sia una condizione piuttosto diffusa”, riprende Annoni.

Allo stesso modo, sebbene non vi siano impedimenti legittimi o etici al fatto che le persone che hanno avuto un tumore possano diventare genitori adottivi, la mancanza di norme o di linee guida nazionali fa sì che le valutazioni sull’idoneità all’adozione per le persone guarite dal cancro o lungoviventi da parte dei Tribunali per i Minorenni non siano uniformi.

Riconoscere il diritto all’oblio oncologico significa cancellare lo stigma cancro

Approvare una legge sull’oblio oncologico significa “permettere alle persone di riabilitarsi: per riappropriarsi della propria vita ce n’è bisogno – osserva Campanella – Riconoscere il diritto all’oblio oncologico significa cancellare lo stigma cancro. È un cambio di passo culturale importante”.

Accanto all’azione legislativa, secondo il Comitato etico di Fondazione Veronesi, occorre affiancare un costante impegno sul piano della ricerca scientifica, necessario per “tenere conto dei possibili avanzamenti terapeutici utili a definire termini temporali di guarigione adeguati alle diverse neoplasie – afferma Annoni – In questo senso è importante associare una commissione scientifica che tenga sotto controllo il veloce evolversi della letteratura”.

Stare al passo con le scoperte più recenti permette di non discriminare i pazienti: “Recentemente, per esempio, si è dimostrato che un particolare tipo di tumore del seno si può considerare guarito dopo un anno dalla fine del trattamento. In un caso come questo, far attendere le persone un decennio sarebbe ingiusto”.

L’impegno della ricerca, poi, dovrebbe coinvolgere anche le scienze sociali con lo specifico intento di indagare eventuali e ulteriori profili di discriminazione nei confronti di ex pazienti oncologici. Infine, per il Comitato etico della Fondazione occorrerebbe pianificare un’ampia opera di informazione che si rivolga non solo ai pazienti adulti, ma anche a quei pazienti oncologici che ricevono una diagnosi in età pediatrica e alle loro famiglie, nonché alle persone che desiderano fare ricorso all’adozione.

“Oggi le persone sono incoraggiate, per affrontare meglio lo shock della malattia, a condividere la propria esperienza e a raccontare il proprio percorso – nota Annoni – Così facendo, però, nell’era dei social, si inseriscono in rete informazioni che potrebbero portare molti anni dopo a discriminazione. È importante che i pazienti e le loro famiglie siano maggiormente informati sui rischi di questo comportamento”.

Il piano oncologico nazionale

È recentemente stato approvato il Piano oncologico nazionale, quel documento di indirizzo volto a migliorare il percorso complessivo di contrasto alle patologie neoplastiche contenendo i costi sanitari e sociali. Una strategia quinquennale di contrasto ai tumori che vede citato anche il diritto all’oblio all’interno del capitolo sulla qualità di vita e il reinserimento sociale delle persone guarite. La promozione e il sostegno a un intervento normativo che promuova il “diritto a essere dimenticati” (il right to be forgotten, come è conosciuto a livello internazionale) è inoltre stata inserita tra le linee strategiche del documento.

“Questo ci fa sicuramente piacere – afferma Campanella –, ma è importante che il Piano non rimanga un libro dei sogni. Abbiamo bisogno di interventi concreti: come CdA di Fondazione Aiom, ci siamo posti come obiettivo prioritario di questo mandato, in scadenza nel 2023, il riconoscimento della legge sull’oblio oncologico. Pensiamo che l’Italia abbia tutti gli strumenti per farcela”. 

A differenza di altre norme, è un passaggio che gode di ampio consenso e che non ha colore politico

Anche perché, a differenza di altre norme, si tratta di un passaggio che gode di ampio consenso e che non ha colore politico. “Magari il primo provvedimento non sarà il migliore, non sarà quello più esaustivo, che copra tutti gli ambiti. Ma iniziare è importante nei confronti del riconoscimento di un diritto”, conclude Campanella.

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Michela Perrone
Giornalista pubblicista