Per la prima volta in Europa una no-profit si fa carico dei costi necessari per mantenere disponibile una terapia salvavita. È il caso di Fondazione Telethon, che ha deciso di sostenere le spese per mantenere sul mercato Strimvelis, una terapia genica per l’ADA-SCID, una malattia ultra rara che colpisce il sistema immunitario dei bambini.
A marzo 2022 l’azienda che detiene la licenza del farmaco, l’Orchard Therapeutics, ha infatti annunciato la volontà di dismettere tutta la pipeline sulle immunodeficienze primitive, di cui Strimvelis rappresenta l’unico farmaco già approvato.
La decisione segue un trend avviato nell’estate del 2021 dalla Bluebird Bio, che ha deciso di ritirare dal mercato europeo le proprie terapie geniche per la beta talassemia e l’adrenoleucodistrofia nonostante entrambe fossero state approvate dall’EMA, l’Agenzia europea del farmaco. Alla base della decisione dell’azienda, il mancato accordo con gli enti pagatori di diversi Paesi europei sul prezzo e le modalità di rimborso di queste terapie.
Nel caso delle malattie rare e ultra rare, anche a fronte di una terapia approvata, si pone il problema della sostenibilità. Infatti, anche se il prezzo contrattato con i sistemi nazionali è alto, spesso non basta a coprire anni di ricerca e le fee regolatorie per il mantenimento del farmaco sul mercato.
Per la prima volta in Europa una no-profit si fa carico dei costi necessari per mantenere disponibile una terapia salvavita
È quanto è successo a Strimvelis, un’innovativa terapia genica ex vivo per trattare pazienti affetti dall’ADA-SCID, una patologia che appartiene al gruppo delle immunodeficienze severe combinate e che compromette il sistema immunitario di bambini molto piccoli. Il trattamento più utilizzato è il trapianto di midollo osseo ma, in assenza di un donatore compatibile, dal 2016 esiste questo nuovo farmaco che finora ha permesso di sopravvivere a 42 bambini (18 da quando il farmaco ha ottenuto l’autorizzazione di EMA ed è quindi sul mercato e 24 dal 2000, anno di inizio del primo studio clinico).
Strimvelis è stato sviluppato grazie alla ricerca Telethon all’interno dell’istituto SR-Tiget Telethon-San Raffaele di Milano sulla terapia genica. Nel 2010 la charity ha siglato un accordo con GlaxoSmithKline (GSK) che ha fornito la propria expertise e il proprio contributo finanziario per la fase di industrializzazione del prodotto, poi approvato da EMA nel 2016. Due anni dopo, l’azienda ha deciso di cedere tutti suoi asset sulle malattie rare, tra cui anche i prodotti frutto dell’alleanza con Telethon, a Orchard Therapeutic.
“Quel farmaco rappresenta la nostra bandiera– esordisce Stefano Benvenuti, responsabile delle relazioni istituzionali di Fondazione Telethon – Si tratta del primo prodotto della ricerca intramurale Telethon che è riuscito a essere registrato ed è anche stato il primo prodotto di terapia genica ex vivo ad essere registrato al mondo. La nostra missione è quella di curare i pazienti grazie alla ricerca: non possiamo accettare che una terapia sicura ed efficace sia tolta dal mercato”.
Garantire l’accesso alle terapie
In questo momento la charity non è ancora titolare dell’autorizzazione alla commercializzazione: “Con Orchard abbiamo raggiunto un accordo sul percorso e stiamo negoziando i termini per il trasferimento della licenza, che avverrà probabilmente nell’arco di 12 mesi – spiega Benvenuti – Noi al momento ci siamo impegnati per garantire che il farmaco resti disponibile per i pazienti. Quindi, a fronte della decisione di Orchard di disinvestire da questo settore, abbiamo concordato di pagare la quota di costi che non è coperta dalla vendita del farmaco”.
Se Orchard dovesse ritirare il farmaco dal mercato, sarebbe difatti necessario rifare tutto il percorso autorizzativo: “Oltre a maggiori costi, questo si tradurrebbe probabilmente in un’indisponibilità temporanea del farmaco, cosa che vogliamo scongiurare”.
Nonostante al momento della negoziazione in Italia il prezzo di Strimvelis fosse il più elevato del prontuario, visto l’esiguo numero di pazienti, anche quella cifra non è stata sufficiente a coprire i costi del mantenimento sul mercato del prodotto.
Si tratta del primo prodotto della ricerca intramurale Telethon che è stato registrato ed è anche il primo prodotto di terapia genica ex vivo ad essere registrato al mondo
In Gazzetta Ufficiale il farmaco ha un prezzo di 594.000 euro e le dosi vendute all’anno sono mediamente meno di cinque.
“In questo momento stiamo facendo una due diligence rispetto ai costi da sostenere in futuro e da rimborsare a Orchard nei prossimi mesi. Non abbiamo ancora una cifra esatta dell’investimento, ma una prima stima delle sole fee regolatorie per i primi 4 anni supera i 500.000 euro all’anno – spiega Benvenuti –Abbiamo la certezza che il prodotto sia difficilmente sostenibile e proprio questo ha spinto Orchard a disinvestire dalle immunodeficienze”.
In questo momento Telethon non si è posta alcun vincolo temporale per sostenere questa azione: “Non lo abbiamo fatto per due motivi: prima di tutto perché siamo ancora in una fase di due diligence approfondita sui numeri e quindi non abbiamo ancora tutti gli elementi a disposizione e soprattutto perché questa è la nostra missione: finché Telethon esiste faremo tutto il possibile per garantire ai pazienti l’accesso alle terapie”.
Un fallimento del sistema
Dalla Fondazione parte un appello alle istituzioni affinché pensino a come risolvere un problema che affligge l’intero comparto dei farmaci per le malattie rare e ultra rare. Il primo campanello d’allarme è arrivato l’anno scorso, con il già citato ritiro dal mercato da parte di Bluebird Bio di due terapie approvate dall’EMA.
“Guardiamo con grandissima preoccupazione al trend di disinvestimento nei confronti dei farmaci per malattie rare e ultra rare. Il modello che noi abbiamo sempre seguito è quello di, a un certo punto, stringere una partnership con un’azienda che abbia nel suo Dna e nel suo mandato la commercializzazione di prodotti. Questo, però, implica che i prodotti debbano garantire un minimo di profitto all’azienda. E sulle terapie geniche per le malattie ultra rare questo è estremamente difficile”.
“Quando ci sono terapie che hanno dimostrato di essere efficaci e che possono davvero cambiare la vita dei pazienti, credo che il non renderle disponibili sia un fallimento non solo dell’azienda che si sfila, ma del sistema nel suo complesso – riflette Benvenuti – Nel caso di Bluebird Bio, poi, la decisione rischia di rendere questi farmaci non più disponibili: se in futuro qualcuno volesse prenderli in licenza, il rischio è che debba rifare tutta una serie di investimenti in ricerca per poter risottomettere la domanda per la commercializzazione. E questo significa anche che difficilmente il prezzo scenderà”.
Strimvelis è approvato solo in Europa e l’unico centro di somministrazione è il San Raffaele di Milano. “Questo anche perché l’azienda che produce il farmaco ha sede qui”, rileva il responsabile Telethon.
Trattandosi di un prodotto il cui sviluppo è iniziato parecchi anni fa, il farmaco presenta infatti alcuni limiti. Per esempio, è autorizzato solo per la somministrazione fresca, quindi non può essere congelato e criopreservato. Il sito di produzione deve quindi essere molto vicino a quello di somministrazione.
Nel caso di terapie avanzate per malattie ultra rare già autorizzate a livello europeo, forse anche la negoziazione del prezzo potrebbe essere comunitaria
“La contrattazione del prezzo è avvenuta solo con AIFA, ma sono state attivate tutte le possibilità previste dall’Unione europea per l’accesso alla cura del cittadino europeo in un altro Paese”, fa sapere Benvenuti.
Grazie a una direttiva per la Cross-border Healthcare e al regolamento sulla Social Security, qualunque cittadino dell’Unione europea ha diritto ad accedere alle terapie in tutti i Paesi Ue. “Questo ci ha messo di fronte alla difficoltà di lavorare in modo congiunto su queste tematiche perché laddove il regolamento sulla Social Security prevede che ci sia una pre-autorizzazione del Paese di provenienza del paziente, questa non è sempre facile da ottenere, soprattutto quando il prezzo del farmaco non è negoziato nel Paese di origine”.
La frammentazione del mercato farmaceutico europeo rappresenta infatti un limite: il prezzo di un farmaco autorizzato da EMA va comunque negoziato Paese per Paese.
“Per un farmaco che tratta 3-4 pazienti europei all’anno è impensabile che una charity come la nostra negozi in 27 Paesi. Per molti di questi, non ci sarà mai nemmeno un paziente. Quando parliamo di terapie avanzate per malattie ultra rare, tra l’altro già autorizzate a livello europeo, forse anche la negoziazione del prezzo potrebbe essere comunitaria”.
Agire sui meccanismi di finanziamento
Un ultimo aspetto importante riguarda i meccanismi di finanziamento della ricerca per le malattie rare e ultra rare. Sebbene oggi non manchino le linee di ricerca, sono i fondi a scarseggiare.
“Se vogliamo che il sistema continui a funzionare come ha fatto finora, cioè con un settore privato che si fa carico di sviluppare i farmaci, evidentemente i profitti devono essere in qualche modo comparabili con quelli di altri mercati”, afferma Benvenuti. Per un fondo di investimento, è infatti indifferente investire in una terapia genica o in una startup informatica. A cambiare, però, sarà la remunerazione. “È difficile pensare che si possa avere la stessa reddittività di altri settori, a meno di prezzi stellari. E allora forse servirebbero finanziatori che ragionino con logiche un po’ diverse e che permettano lo sviluppo di questi farmaci perché hanno aspettative di rendimento molto più basse”.
Sebbene oggi non manchino le linee di ricerca, sono i fondi a scarseggiare e manca ancora il decreto attuativo al Testo unico per le malattie rare che prevede un incentivo agli investimenti
Il Testo unico per le malattie rare approvato l’anno scorso prevede un incentivo fiscale per chi investe in malattie rare e ultra rare. Il decreto attuativo, però, è ancora in attesa di approvazione.
“Noi come Telethon siamo contrari a una deregulation che possa andare a scapito della sicurezza dei pazienti. Chi è affetto da malattie rare e ultra rare deve avere gli stessi diritti di tutti gli altri pazienti. Tuttavia, si potrebbe pensare a incentivi fiscali come la riduzione delle fee regolatorie, l’estensione dell’esclusività di mercato, una negoziazione unica a livello europeo… Tutti interventi che permetterebbero di rendere un pochino più profittevole questo mercato”.
All’interno delle stesse malattie rare ci sono differenze non da poco: “Sappiamo che il 95% delle malattie rare colpisce solo il 5% dei pazienti rari – ricorda Benvenuti – All’interno delle malattie rare, c’è dunque una differenza tra quelle più “comuni” e quelle che sono anche ultra rare e colpiscono meno di una persona su un milione. Pensare che lo stesso incentivo, cioè 10 anni di market exclusivity, possa funzionare per entrambe queste categorie di malattie probabilmente non è corretto. Chi si occupa di politiche del farmaco dovrebbe pensare a un sistema di incentivi differenziato dove le terapie geniche per le malattie ultra rare sono un caso particolare che ha bisogno di un sostegno maggiore per poter essere minimamente sostenibile. Anche un’organizzazione no profit come la nostra non può lavorare costantemente in perdita nella commercializzazione di un farmaco”.