Una fisioterapia di prossimità, con un accesso diretto almeno per quanto riguarda gli interventi routinari e, soprattutto, presente sul territorio e non solo in ospedale. In questo modo si otterrebbe una gestione più rapida e autonoma dei pazienti, riducendo significativamente i tempi di attesa e migliorando la soddisfazione degli utenti.
Parola di Fondazione GIMBE che, su commissione dell’Ordine interregionale dei Fisioterapisti di Piemonte e Valle d’Aosta, ha realizzato un’analisi proprio su questi temi.
L’accesso diretto è una realtà in diversi Paesi europei, dove spesso i fisioterapisti possono anche prescrivere alcune classi di farmaci o richiedere esami diagnostici
Il fulcro dell’indagine è la semplificazione dei percorsi riabilitativi, partendo dal riconoscimento dell’autonomia professionale dei fisioterapisti.
A livello internazionale, l’accesso diretto è una realtà in diversi Paesi europei, dove spesso i fisioterapisti possono non solo essere il primo punto di contatto per il paziente, ma anche prescrivere alcune classi di farmaci o richiedere esami diagnostici.
Lo studio fotografa una realtà a macchia di leopardo in Italia, con forti disomogeneità regionali: la Valle d’Aosta, ad esempio, rappresenta un’avanguardia con il coinvolgimento diretto dei medici di medicina generale nella prescrizione fisioterapica all’interno del Servizio Sanitario Nazionale, snellendo significativamente i percorsi per l’utente.
Investire su formazione e nuovi percorsi

Accanto al quadro normativo, c’è anche quello della formazione: Sabrina Altavilla, Presidente dell’Ordine interregionale della professione Sanitaria di Fisioterapista del Piemonte e della Valle d’Aosta, evidenzia l’importanza di percorsi formativi sempre più specifici per consentire alla realtà italiana di avvicinarsi ad esperienze più evolute, come quella britannica, dove i fisioterapisti possono agire con maggiore autonomia.
«Il nostro obiettivo è rafforzare la formazione post-base, affinché ogni competenza già presente nel profilo professionale trovi uno sviluppo avanzato. Questo permetterebbe di estendere le possibilità di intervento dei fisioterapisti anche in Italia, ad esempio introducendo terapie già ampiamente praticate all’estero come il dry needling», afferma. Si tratta di una pratica per trattare il dolore muscoloscheletrico e le disfunzioni del movimento stimolando i trigger point miofasciali con dei piccoli aghi.
Il problema è anche di sistema. «C’è un’autonomia marcata nella libera professione mentre nel Servizio sanitario nazionale siamo ancora molto lontani. Le liste d’attesa non si abbattono solo aumentando le risorse, ma anche modificando i percorsi di accesso e le modalità di presa in cura, soprattutto in un momento storico che vede un importante invecchiamento della popolazione con un aumento marcato delle patologie croniche», aggiunge.
Attualmente infatti in Italia l’accesso diretto alle prestazioni fisioterapiche è disponibile nel settore privato, in regime di libera professione, mentre all’interno del SSN richiede spesso, oltre alla prescrizione del medico di medicina generale, anche quella di uno specialista.
FNOFI: Importante passare dall’ascolto all’azione

Per Piero Ferrante, presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei Fisioterapisti (FNOFI), «l’accesso diretto non è solo una possibilità organizzativa, è una risposta sanitaria moderna ai bisogni della popolazione, che si stanno rapidamente evolvendo». Ferrante ricorda che negli ultimi anni è cambiato il quadro anagrafico ed epidemiologico e richiama i dati OMS Europe che già nel 2022 segnalavano 27 milioni di italiani con bisogni riabilitativi, in gran parte di tipo fisioterapico.
«Il fisioterapista è perfettamente in grado di riconoscere le situazioni più semplici e collaborare con gli altri specialisti per i casi più complessi. Servono però percorsi più agili, meno tortuosi, che migliorino la sostenibilità del SSN e riducano l’uso inappropriato delle visite specialistiche», sottolinea Ferrante, auspicando una revisione dell’intero modello organizzativo.
La Federazione sta portando ai tavoli istituzionali i risultati dello studio: «Finora ho trovato ascolto. Ora è necessario che questo si trasformi in azione», sottolinea il presidente FNOFI.
Per i cittadini sono importanti informazione e prevenzione
Dal lato civico, Mara Scagli, già segretaria regionale di Cittadinanzattiva Piemonte e oggi vicesegretaria, insiste su due punti fondamentali: informazione e prevenzione. «Il cittadino oggi spesso non distingue tra fisioterapista, osteopata, massaggiatore. Serve una campagna nazionale per chiarire il ruolo sanitario e scientifico del fisioterapista», spiega.

Non meno la prevenzione, spesso trascurata nel dibattito pubblico: «La fisioterapia non è solo cura, ma anche prevenzione di disabilità e cronicità. Per questo l’accesso diretto può diventare uno strumento prezioso per migliorare l’aderenza terapeutica e la presa in carico precoce».
«Visto che la sanità è di pertinenza delle Regioni, l’accesso diretto alla fisioterapia può essere avviato anche in modo rapido – sostiene Enrico Ferrario, nuovo Segretario Regionale di Cittadinanzattiva Piemonte -. Il corso Universitario triennale per la Laurea in Fisioterapia è garanzia di formazione di alto livello. Saranno da valutare da parte di esperti la necessità di una ulteriore tirocinio pratico, con eventuale tutoraggio per poter gestire le terapie con accesso diretto. I dati che vengono forniti dallo studio condotto da GIMBE confermano come l’accesso diretto alla fisioterapia non ha esposto i pazienti a rischi di complicazioni o errori terapeutici, ma che la riduzione dei tempi di attesa ha permesso una presa in carico più rapida, con risultati positivi, e riscontro di piena soddisfazione degli utenti».
Verso una fisioterapia di prossimità
Lo studio GIMBE non rappresenta quindi un punto di arrivo, ma un acceleratore di processo. La sfida ora è politica e culturale: riformare i modelli organizzativi, investire nella formazione avanzata, garantire equità di accesso e ridurre le barriere burocratiche.
In un sistema che – grazie anche al PNRR e al DM77 – dovrà sempre più puntare su prossimità, digitalizzazione e personalizzazione, il fisioterapista può (e deve) diventare un alleato centrale nella promozione della salute.
Per GIMBE fondamentale un quadro normativo uniforme a livello nazionale, che valorizzi il ruolo del fisioterapista come professionista autonomo e pienamente integrato nel SSN
Nelle conclusioni dello studio, gli autori sottolineano come sia «fondamentale sviluppare un quadro normativo uniforme a livello nazionale, che non solo consenta l’accesso diretto, ma fornisca anche il necessario supporto per valorizzare il ruolo del fisioterapista come professionista autonomo e pienamente integrato nel SSN». L’accesso diretto alle prestazioni fisioterapiche rappresenta un’opportunità per migliorare la tempestività e qualità della risposta ai bisogni dei cittadini, per rafforzare l’efficienza del sistema sanitario, particolarmente quello pubblico, garantendo così una maggiore accessibilità alle cure.
Tuttavia, prosegue la Fondazione GIMBE, «l’implementazione e la diffusione dell’accesso diretto alla fisioterapia e la sua implementazione e diffusione in Italia richiede, prima ancora di un cambiamento normativo, che se ne verifichi uno organizzativo e culturale profondo, volto a superare qualche pregiudizio e a promuovere una piena integrazione della fisioterapia nei percorsi di assistenza primaria».