Agenas compie 30 anni: un percorso tra sfide e progetti che guarda al futuro

Trait d'union tra Stato e Regioni, Agenas ha contribuito attivamente e da protagonista in questi 30 anni a potenziare il SSN, a livello centrale e territoriale, dedicandosi anche all’innovazione, come lo sviluppo della sanità digitale e della digitalizzazione dei servizi

Si è svolto il 28 giugno 2023, presso la Sala Capitolare del Chiostro del Convento di Santa Maria sopra Minerva del Senato, il convegno per la celebrazione dei trent’anni dell’Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali, Agenas.

Il titolo è “Agenas festeggia trent’anni: tra passato, presente e futuro” e vuole essere un momento di testimonianza dell’attività dell’Agenzia nel suo percorso di organo tecnico-scientifico del SSN e di supporto nei confronti del Ministro della Salute, delle Regioni e delle Province Autonome di Trento e Bolzano.

L’evento è anche un momento di confronto tra i Presidenti di Agenas che si sono susseguiti durante questi anni, moderati da Enrico Coscioni, attuale Presidente dell’Agenzia e da Margherita De Bac, giornalista del Corriere della Sera.

Dove sta andando la Sanità?

Apre il dibattito Orazio Schillaci, Ministro della Salute. “Non c’è alcuna intenzione da parte del governo di smantellare la sanità pubblica, anzi la vogliamo rafforzare e ci credo fortemente, così come non smetterò mai di ricordare la qualità dei nostri operatori sanitari che tra mille difficoltà si sacrificano e continuano a lavorare anche in condizioni difficili. È chiaro che il mondo è cambiato, anche dopo la pandemia, quindi la sanità va ripensata e riorganizzata in chiave più moderna. È chiaro anche che servono le risorse per farlo. Ma grazie ad Agenas, stiamo andando verso una rivoluzione che prevede un rafforzamento della medicina del territorio, per evitare la congestione degli ospedali, e soprattutto la digitalizzazione del SSN e l’approdo delle nuove tecnologie. Il PNRR ci fornisce le risorse per farlo, risorse affidate proprio ad Agenas e di questo sono molto contento. Non bastano le strutture ospedaliere, servono anche le risorse umane e su questo stiamo lavorando, facendo un distinguo soprattutto tra il personale che manca, cioè medici e infermieri.

Ad Agenas sono affidate le risorse del PNRR per il rafforzamento della medicina del territorio e per la digitalizzazione del SSN

Per i medici, oggi averne in più sarebbe molto utile ma ereditiamo una programmazione del tutto sbagliata degli ultimi 10 anni per gli ingressi in Medicina. La verità è che i medici non vogliono più fare alcune specializzazioni, come le emergenze-urgenze e i pronto soccorso, e qui il problema è motivazionale. Gli infermieri, invece, mancano non solo in Italia, ma in tutta Europa. Quindi, soprattutto per lo sviluppo della medicina del territorio, sarà necessario rivolgersi all’estero”.

La medicina digitale e la sanità di prossimità

Per Schillaci è la parte più affascinante. Riuscire ad attivare la medicina digitale, e l’Italia in questo è all’avanguardia rispetto ad altri Paesi, vuol dire cambiare proprio il paradigma con cui guardiamo oggi la salute. “Vuol dire superare tante disuguaglianze” – continua il ministro “perché è inaccettabile che ci siano ancora tante disparità tra Nord e Sud e tra grandi e piccoli centri. Occorre una salute più giusta, più disponibile per tutti. Credo che, mettendo insieme la medicina del territorio e la sanità digitale prevista dal PNRR, riusciremo a modernizzare il nostro SSN. Ma occorre anche stabilire nuovi rapporti con i medici di medicina generale, perché il loro contributo è essenziale per la sanità di prossimità, sono un punto di riferimento per i cittadini e per i pazienti. E poi vorrei ricordare anche le farmacie, che durante il Covid hanno svolto un ruolo importante e oggi gli italiani le considerano un luogo sicuro dove si possono avere risposte. Mettendo tutto questo a sistema, con l’appoggio delle Regioni, sono sicuro che riusciremo ad avere una sanità più giusta e moderna”.

Riuscire ad attivare la medicina digitale significa superare tante disuguaglianze

Ma una sanità migliore è anche una sanità che tiene conto dell’appropriatezza delle prescrizioni. “Quando aumentano significativamente – continua Schillaci “vuol dire che aumentano inevitabilmente i tempi di attesa. In parte è un fenomeno figlio della medicina difensiva che va affrontato per ridare serenità ai medici che devono lavorare senza paura. Anche il privato convenzionato può fare la sua parte, collaborando con le Regioni e mettendo in rete la disponibilità degli esami diagnostici, affinché il cittadino abbia la possibilità di avere un’offerta più ampia.

Ciò che è fondamentale è avere un quadro attendibile e ufficiale. I cittadini chiedono delle risposte in poco tempo e di non pagare le prestazioni sanitarie, quindi se riusciamo a modernizzare il sistema e a mettere in rete tutta l’offerta disponibile, riduciamo i tempi di attesa. Nei casi più critici, sapendo come stanno veramente le cose, abbiamo poi la possibilità di intervenire in modo efficace. A questo servono i dati attendibili. Quando leggo che ci vogliono 712 giorni per fare una mammografia, non ci credo; magari ci vogliono 6 mesi, un tempo comunque inaccettabile, ma 712 sono più di due anni e mezzo. Anche sui numeri degli infermieri che mancano ci sono cifre poco credibili. In questa direzione, Agenas ha fatto un lavoro molto puntuale su questi dati, basta consultarli, perché sono ufficiali e corretti e consentono di capire realmente lo stato dell’arte. Perché si può intervenire solo sulla base di dati reali, anche sul debito delle Regioni per il Covid, di cui ci faremo carico”.

Poter contare su dati attendibili e ufficiali è fondamentale per capire lo stato dell’arte della sanità in Italia e decidere su che cosa intervenire

Il ministro conclude il suo intervento sul Fondo per la sanità, sulla scia della domanda: è poco o è speso male? La risposta è che indubbiamente può essere speso meglio, anche se ci sono più soldi. Sono soldi da spendere bene e in maniera efficiente. Se il Covid in fondo ha fatto qualcosa di buono, è stato rimettere la salute al centro dell’attenzione politica.

Con la collaborazione fattiva delle Regioni, troveremo le risorse necessarie, ma al primo posto ci saranno gli operatori sanitari che devono essere gratificati. Avviando un percorso virtuoso, riusciremo a riqualificare il nostro SSN. Se ogni anno ci sono 70/80 mila ragazzi e ragazze che vogliono fare il test di ingresso a Medicina, vuol dire che forse la professione medica, nonostante tutto, non ha perso al sua attrattività. Siamo intervenuti anche su questo, aumentando il tetto delle iscrizioni a Medicina”.

Nessuno resti indietro

Il Presidente Agenas Enrico Coscioni interviene ringraziando gli ex Presidenti, con uno sguardo nel passato ma puntando verso il futuro, per migliorare l’assistenza sanitaria pubblica. “Il SSN non dovrebbe lasciare indietro nessuno, la salute è un diritto fondamentale da tutelare. A nessuno è negata l’assistenza, anche nei pronto soccorso. Perché è un bene primario e l’Agenzia cerca di migliorare l’accessibilità alle cure e l’equità. Con il Piano nazionale esiti, si sta cercando di capire dove e come incidere nelle organizzazioni e migliorare le cure grazie all’appropriatezza. L’Agenzia sta crescendo e ringrazio non solo tutti gli uomini e le donne che ci lavorano, ma anche il governo per la possibilità di assumere altro personale, riconoscendo un ruolo centrale ad Agenas, anche per l’attività di monitoraggio e quella inerente alla sanità digitale”.

Il SSN non dovrebbe lasciare indietro nessuno, la salute è un diritto fondamentale da tutelare

Segue la lettura di un messaggio di Massimiliano Fedriga, Presidente Conferenza delle Regioni e delle P.A. e Presidente della Regione Friuli-Venezia Giulia: Fedriga ricorda l’importanza dell’attività dell’Agenzia nel coordinare i servizi sanitari per migliorarne la qualità e l’equità, in un momento di crescita del bisogno di cura anche per l’invecchiamento della popolazione. Ritiene fondamentale investire nella sanità pubblica, puntando sull’innovazione tecnologica.

Dal passato al presente

Nell’evento che celebra i trent’anni dell’Agenzia non possono mancare gli interventi degli ex Presidenti Agenas, iniziando da Franco Toniolo (1999-2005), già Direttore Generale Area Sanità e Sociale della Regione Veneto, che ricorda gli anni della Riforma Bis, che ha rappresentato il primo tentativo di porre al centro dello scenario sanitario locale la Regione, aumentandone le competenze. Si rafforza così il rapporto tra Stato e Regioni per una governance condivisa in cui Agenas ha svolto un ruolo chiave.

Segue Renato Balduzzi (2007-2011), ordinario di Diritto Costituzionale presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma, che sottolinea l’importanza di Agenas come soggetto terzo tra Ministero e Regioni, strumento di raccordo e che prende in mano anche la formazione continua in Medicina. Il SSN è un mondo complesso, un grande contenitore di cui fanno parte diversi attori e per questo non si può fare a meno del suo ruolo di collante. Grazie poi al Piano nazionale esiti, strumento di valutazione a supporto di programmi di audit clinico e organizzativo, si sono potuti valutare gli standard ospedalieri definiti nel DM 70/2015, elementi fondamentali senza i quali si va alla deriva.

Prosegue Giuseppe Zuccatelli (2014-2016), già Commissario alla Sanità in Calabria, che afferma che il SSN è sotto finanziato ma il cambiamento c’è e c’è stato, con il potenziamento della medicina territoriale la cui centralità è stata messa in luce proprio dal Covid. Ora è il momento della passione e del ritorno economico per medici e infermieri, un binomio che ormai vacilla da alcuni anni. Perché – conclude – la frattura di un femore non è né di destra, né di sinistra, serve solo un bravo ortopedico.

Termina Luca Coletto (2016-2018), Assessore alla salute e politiche sociali della Regione Umbria, evidenziando che non esistono 20 SSN diversi, ma un organismo unico e complesso in cui Agenas è il direttore d’orchestra e permette il coordinamento tra i vari sistemi sanitari regionali. Perché serve “efficientare la rete ospedaliera”, dando riferimenti certi ai cittadini che hanno bisogno di percorsi chiari e definiti. I costi standard sono elementi necessari per la programmazione economica, così come l’attività di Agenas per monitorare i dati in tempo reale e indicare dove intervenire e dove migliorare, per una gestione efficace dei fondi e delle attività. Perché quelli che si spendono sono soldi dei contribuenti.

Operazione verità

Vincenzo De Luca, Presidente della Regione Campania, esordisce dicendo che “la sanità è il principale servizio di civiltà, è l’attributo di un Paese civile e Agenas può fare un’operazione straordinaria: l’operazione verità. Siamo a un punto in cui le prestazioni sanitarie per i cittadini o sono negate o sono diverse tra i territori. La drammaticità della situazione non è ancora colta fino in fondo e la esprimo con un dato: facciamo fatica a organizzare i turni per il PS e siamo costretti a chiuderli negli ospedali marginali, a breve anche nei DEA di secondo livello. Oltre un certo limite, se non ci sono le risorse, possiamo fare i poeti o i monaci trappisti ma non sanità pubblica. I dati che Agenas ci ricorda sono questi: Gran Bretagna 8,2% del Pil per la Sanità, Francia 9,3%, Germania 9,8%. Italia? 6% del Pil. Con questo 6% non manterremo in piedi il sistema.

Serve un’operazione “verità” rispetto al Fondo per la sanità, nel quale rileviamo sperequazioni scandalose. La mia Regione è ultima nel riparto del Fondo nazionale ed è stata derubata per 10 anni di 200 milioni euro l’anno. Nel riparto andavano seguiti 3 criteri fondamentali, l’età anagrafica, l’aspettativa di vita e la deprivazione sociale. Da 10 anni stiamo utilizzando un solo criterio, l’età anagrafica. Siccome siamo la Regione più giovane di Italia, ancora per poco, avevamo meno risorse rispetto ad altre Regioni con una più alta popolazione anziana e quindi, teoricamente, con maggiori criticità. Metto in discussione anche dal punto di vista scientifico questo criterio, perché quello che sta colpendo le giovani generazioni è sconvolgente. Siamo la Regione con il più alto tasso di diabete infantile, ci sono poi le dipendenze, i disturbi alimentari, le dipendenze ludopatiche, la sofferenza psicologica. Io sono per un riparto uguale per tutti i cittadini come criterio di base, invece del mercato che si traduce in un “marchettificio” nella distribuzione delle risorse del Fondo. Serve un criterio unico per tutti. Poi sui dati Agenas si calibra la situazione, anche sulle cronicità. È così difficile diventare un Paese civile invece di fare ogni anno il mercato a chi dare di più e a chi di meno? Oggi noi abbiamo 40 euro pro-capite in meno dal Fondo ed è una vergona. E non c’è nessuna forza politica che ha il senso dello Stato e il rispetto della Costituzione per garantire l’uguaglianza dei diritti.

Stessa operazione verità per il personale sanitario. Richiamo i dati Agenas: la Regione Campania ha 10,2 addetti ogni 1.000 abitanti, l’Emilia Romagna 18/1.000 ab. Ma si può gestire una sanità pubblica in queste condizioni?

La sanità è l’attributo di un Paese civile e Agenas può fare una straordinaria operazione verità su tanti aspetti, dal Fondo nazionale al personale sanitario ai posti letto

Un’operazione verità anche per i posti letto disponibili: Lombardia 142.000, Campania 42.000. Allora decidiamo di diventare un Paese civile o vogliamo continuare a essere dei “marchettari”, dove prevalgono i furbi o quelli che fanno accordi inter-regionali? Questo crea altre anomalie. Se non ho il personale, ho liste di attesa più lunghe, quindi se per un’indagine oncologica devo aspettare sei mesi, me ne vado in Lombardia. Siamo arrivati al punto in cui le Regioni del Sud finanziano quelle del Centro-Nord, uno scandalo nello scandalo. E non per un’inferiorità “antropologica”, perché noi abbiamo delle eccellenze straordinarie, ma quando non hai le disponibilità organizzative è evidente che si innesca un sistema malato, per cui Regioni del Nord che ormai organizzano pacchetti sanitari turistici con liste di attesa ridotte a zero per chi viene dal Sud e più lunghe per i propri cittadini. Insomma, mi aspetto quindi un’operazione verità sui dati Agenas per le risorse pro-capite, posti letto e addetti pro-capite.

La mia preoccupazione è che se andiamo avanti con l’autonomia differenziata, ci sarà la distruzione del SSN, soprattutto per i contratti del personale. Perché se in Veneto possono fare contratti da 3.000 euro in più per un medico, è evidente che in Campania, anche da Roma in giù, chiudiamo tutto. Per la parte retributiva quindi le decisioni devono essere nazionali”.

De Luca continua, illustrando le grandi difficoltà anche sul fronte del personale, ormai sempre più insufficiente, soprattutto per alcune specialità mediche come l’emergenza-urgenza. Occorre anche una revisione contributiva che deve essere differenziata in base ai comparti del lavoro ospedaliero. Propone poi di abbattere il numero chiuso a Medicina, in cui la selezione si fa sul campo. Perché in emergenza occorre prendere decisioni straordinarie. Così come mettere i medici specializzandi in corsia, invece di prendere personale medico da Cuba.

Conclude con la medicina territoriale e la realizzazione, prevista dal PNRR, di 172 case di comunità e 56 ospedali di comunità. “Ma se non c’è personale e mancano le risorse, chi ci metto nelle case di comunità? Semplicemente non si faranno”.

PNRR: interventi, ma non personale sanitario

Francesco Zaffini, Presidente 10ª Commissione permanente Affari sociali, sanità, lavoro pubblico e privato, previdenza sociale del Senato della Repubblica, parla degli interventi previsti dal PNRR che non considera però il personale, “perché gli interventi devono tenere presente lo stato delle cose e la mancanza di risorse umane, quindi c’è un errore di programmazione. Così come se togliessimo il tetto delle iscrizioni a Medicina, ci troveremmo poi in pletora. Occorre agire con misura ed equilibrio per evitare il collasso del sistema, soprattutto sul fronte del personale. Turni massacranti e paghe troppo basse: va rimesso in discussione l’intero sistema di retribuzione. Stiamo cercando di farlo, ma tutti devono prendersi la propria parte di responsabilità, il proprio pezzetto di fardello. L’Agenzia deve fare sistema, perché l’eredità che abbiamo ricevuto è pesante, e aiutarci a mettere ordine su investimenti, strutture e appropriatezza degli investimenti stessi. Il Covid è stato un periodo oscuro e non possiamo continuare come prima”.

L’Agenzia deve fare sistema, perché l’eredità che abbiamo ricevuto è pesante, e aiutarci a mettere ordine su investimenti, strutture e appropriatezza degli investimenti stessi

Andrea Urbani, Direttore della Direzione Regionale Salute e Integrazione Sociosanitaria, per il Presidente della Regione Lazio Francesco Rocca, puntualizza sull’esigenza sì di avere più fondi, ma anche di spenderli bene, facendo programmazione e usando al meglio le risorse, anche in vista dell’innovazione tecnologica che rivestirà un ruolo sempre più decisivo nella spesa pubblica.

Simone Bezzini della Regione Toscana, invece, esprime preoccupazione ma non si sente di “buttare tutto”, perché la sanità italiana è fatta di uomini e donne straordinari e di una formazione di ottimo livello. La Regione Toscana è riuscita a raggiungere buoni risultati con 80 case della salute e ospedali di comunità, ma il rischio di regressione è dietro l’angolo. Servono misure di stabilizzazione del sistema e la possibilità di sbloccare le risorse. E le Regioni devono prendersi le loro responsabilità. Non basta solo chiedere soldi ma delineare il futuro della sanità e in questo Agenas è fondamentale.

La sfida è la tenuta del SSN in un clima difficile e ricco di sfide

A sorpresa è poi invitato a parlare l’onorevole Roberto Speranza, ex Ministro della Salute, presente in sala, che esprime gratitudine per la preziosa attività svolta da Agenas. “La sfida è la tenuta del SSN in un clima difficile e ricco di sfide. Serve un patto tra tutte le forze in campo (Regioni, ricerca, imprese, professioni), una strategia di sviluppo del Paese. Il ruolo di Agenas è cresciuto, pensiamo solo alla sanità digitale, il nostro futuro. Per cui, le competenze dell’Agenzia sono necessarie”.

Conclude i lavori Domenico Mantoan, DG Agenas, ribandendo la centralità dell’Agenzia nel comparto sanità, non solo come punto di raccordo ma anche per la produzione dei dati, affinché si possa avere un quadro chiaro della situazione. Ma chiude anche con una sfida: impedire che si avveri la profezia del Presidente De Luca e che invece in Campania nascano le case comunità previste. E per raggiungere questi obiettivi occorre lavorare per standard di efficienza, sia per il personale, sia per l’assistenza, affinché le risorse siano correttamente usate, siano soldi spesi bene e che le Regioni divengano un punto di riferimento.

Immagine di copertina di Carlo Dani – Opera propria, CC BY-SA 4.0

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Ivana Barberini
Giornalista specializzata in ambito medico-sanitario, alimentazione e salute