Cardiopatie congenite: importante una nutrizione adeguata fin dai primi mesi

Con un’incidenza stimata di circa 8 casi ogni 1000 nati vivi, le Cardiopatie Congenite (CHD) sono le più frequenti malformazioni riscontrabili alla nascita dovute ad uno sviluppo cardiaco anomalo durante il periodo embrionale. Un bambino su quattro nato con CHD presenta un difetto critico ed avrà bisogno di un intervento chirurgico o un trattamento emodinamico entro i primi mesi di vita. La maggior parte dei neonati con Cardiopatia Congenita ha un peso normale per l’età gestazionale alla nascita, ma una quota rilevante di bambini con forme moderate-severe sviluppa malnutrizione e deficit di crescita durante i primi mesi di vita, che giocano un ruolo importante nella sopravvivenza, nelle infezioni ospedaliere, nella lunga ospedalizzazione e non da ultimo nel portare ad interventi chirurgici complicati e ritardati. È stato dimostrato come un peso ridotto al momento dell’intervento cardio-chirurgico sia associato ad un aumento della mortalità.

In occasione della Giornata Mondiale delle Cardiopatie Congenite, che ricorre il 14 febbraio, la Società Italiana di Neonatologia (SIN) e la Società Italiana di Cardiologia Pediatrica e delle Cardiopatie Congenite (SICP) ribadiscono che è di vitale importanza garantire un’alimentazione adeguata a questi soggetti vulnerabili. Sono diversi i fattori che contribuiscono allo sviluppo di malnutrizione nei neonati con CHD, tra questi l’aumento del fabbisogno energetico, causato da un elevato consumo energetico del cuore e dall’aumento del lavoro dei muscoli respiratori. Tra le principali cause anche, naturalmente, il ridotto apporto di cibo volontario per impossibilità d’introdurne volumi significativi, per l’affaticamento durante l’alimentazione o per problemi di deglutizione o incoordinazione faringo-laringea, a causa della sazietà precoce per il ridotto volume gastrico indotto dall’ingrandimento del fegato.

Una scarsa introduzione di cibo può essere causata anche dallo scarso interesse per il cibo, per un effetto collaterale dei farmaci. Inoltre, la malnutrizione può essere dovuta anche al malassorbimento dei nutrienti per il ridotto flusso ematico intestinale presente in alcune cardiopatie, ma anche conseguente ad alcuni tipi di terapie. Anche le sindromi genetiche, non raramente associate alla cardiopatia congenita, come la Sindrome di Down e la Sindrome di DiGeorge, condizionano la crescita. Nel neonato e nel lattante con cardiopatia congenita, non essendo possibile stabilire a priori se avrà problemi di crescita, in quanto uno stesso tipo di lesione del cuore può dare in pazienti diversi una diversa curva di crescita, inizialmente la dieta dovrebbe essere quanto più convenzionale possibile.

«Nei pazienti portatori di cardiopatia congenita che dovranno essere sottoposti nelle prime settimane o nei primi mesi di vita ad intervento cardiochirurgico o procedura di emodinamica interventistica, è di fondamentale importanza una corretta alimentazione per consentire al neonato o lattante di arrivare alla procedura con il maggior peso possibile», afferma Gabriele Rinelli, Presidente SICP. Nei neonati a termine emodinamicamente stabili, ESPNIC – European Society of Paediatric and Neonatal Intensive Care – raccomanda d’iniziare l’alimentazione enterale entro le prime 24 ore dal ricovero. «Numerosi studi hanno dimostrato che il latte materno rappresenta l’opzione ottimale per l’avvio dell’alimentazione di tutti i neonati, in particolare quelli fragili o critici, come quelli affetti da CHD – sostiene Massimo Agosti, Presidente SIN – Questo perché favorisce la tolleranza alimentare, sostiene una corretta funzione gastrointestinale e contribuisce alla maturazione del sistema immunitario e alla composizione del microbiota intestinale; aspetti cruciali per i neonati critici, poiché possono ridurre, ad esempio, il rischio di enterocolite necrotizzante preoperatoria».

Nonostante i vantaggi del latte materno, ci sono diverse difficoltà che possono ostacolare la sua fornitura ai neonati con CHD. Una delle principali è la separazione tra madre e bambino che purtroppo si verifica specialmente in situazioni mediche complesse. Inoltre, l’ambiente stressante del reparto di Terapia Intensiva Neonatale può mettere a dura prova tanto la madre quanto il neonato, rendendo ancora più difficile stabilire una routine di allattamento. In un contesto così delicato le madri, infatti, si sentono più insicure riguardo alla loro capacità di allattare e diventa perciò fondamentale un supporto adeguato a riguardo da parte del personale sanitario. «Quando il latte materno non è disponibile, il latte umano donato rappresenta un’ottima alternativa, offrendo tutti i benefici dell’allattamento al seno e contribuendo a migliorare la tolleranza alimentare -, conclude Daniela Doni, Segretario del Gruppo di Studio di Cardiologia Neonatale della SIN – È importante che le famiglie e i professionisti della salute siano informati e supportati nel percorso di alimentazione dei neonati, al fine di garantire il miglior inizio possibile per questi piccoli pazienti, tenendo sempre presente la priorità di fornire loro nutrienti essenziali per la crescita e lo sviluppo».

Dopo l’intervento cardiochirurgico, l’inizio precoce dell’alimentazione, anche con piccole quantità di latte, aiuta a raggiungere gli obiettivi energetici per la crescita, in un periodo più breve e riduce il rischio di possibili infezioni. La prevenzione della malnutrizione e del deficit di crescita nel bambino cardiopatico congenito può influenzare significativamente la sopravvivenza, la qualità della vita e lo sviluppo a medio e lungo termine.

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