Anche la Lombardia riparte dalla sanità di prossimità. A fine dicembre 2021 nella città di Milano è stata inaugurata la prima casa di comunità, con un punto di accesso unico a tutti i servizi per la salute. Si trova in via Rugabella e fornisce al quartiere un servizio attivo 24 ore su 24. Nel centro lavorano 2 medici di medicina generale, 42 specialisti ambulatoriali, 3 radiologi e 3 tecnici di radiologia, 11 infermieri e 1 assistente sanitario. C’è un Punto Fragilità in cui è sempre presente un altro infermiere e un hub vaccinale con 2 infermieri e 1 medico a disposizione per le vaccinazioni degli adulti. L’amministrazione della struttura invece viene portata avanti da 6 impiegati amministrativi che lavorano agli sportelli polifunzionali e altre 2 unità che lavorano negli uffici, mentre altri 2 impiegati si occupano del primo contatto con l’utenza all’ufficio accoglienza. Dai primi giorni di gennaio sono state eseguite oltre 22.000 prestazioni e accolti al Punto Unico di Accesso (PUA) oltre 600 cittadini. Come sta andando questa prima esperienza di applicazione del PNRR? Lo abbiamo chiesto a Barbara Mangiacavalli, Direttore Socio-Sanitario della Asst Nord Milano.
Le case di comunità in Italia e la figura dell’infermiere di famiglia
In Italia è prevista l’apertura di 1.288 case di comunità grazie ai fondi del PNRR. Le Regioni che ne prevedono un numero più alto sono la Lombardia, il Lazio, la Campania e il Veneto.
Il costo complessivo dell’investimento ammonta a 2 miliardi di euro, con una spesa approssimativa di 1,6 milioni di euro ciascuna per le spese strutturali e tecnologiche.
Promotrici di un modello di intervento multidisciplinare, le case di comunità nascono con una vocazione spiccatamente sociosanitaria. Facilmente raggiungibili dall’utenza, devono offrire servizi di base e prestazioni specialistiche, gestendo la presa in carico del malato cronico.
Promotrici di un modello di intervento multidisciplinare, le case di comunità nascono con una vocazione spiccatamente sociosanitaria
La presenza degli assistenti sociali vuole rafforzare il ruolo dei servizi sociali territoriali nonché una loro maggiore integrazione con la componente sanitaria assistenziale.
La figura chiave nella Casa della Comunità è l’infermiere di famiglia, figura già introdotta dal Decreto-legge n. 34/2020 che, grazie alle sue conoscenze e competenze specialistiche nel settore delle cure primarie e della sanità pubblica, diventa il professionista responsabile dei processi infermieristici per le famiglie.
I numeri degli accessi e i servizi della Casa di via Rugabella
Nella casa di comunità di via Rugabella i servizi offerti sono tanti e partono dalle prestazioni specialistiche più richieste: Cardiologia, Chirurgia generale, Dermatologia, Endocrinologia, Ginecologia e Ostetricia, Ortopedia e Traumatologia, Otorinolaringoiatria, Diabetologia, Radiologia e Medicina Fisica e Riabilitazione.
Si possono però trovare risposte terapeutiche specifiche grazie al Centro Disturbi Cognitivi Demenze, al Punto Prelievi, allo Sportello per la salute mentale e al Consultorio.
La vocazione sociosanitaria assistenziale è la nuova cifra distintiva di questa struttura, la prima delle 218 che verranno aperte in Lombardia. Se si è affetti da malattie croniche, in via Rugabella è possibile attivare il piano di cura o attivare l’assistenza domiciliare o prendere contatti con l’infermiere di famiglia.
“La Casa di Comunità di via Rugabella lavora già a pieno regime per tutti i servizi immediatamente attivabili come il Punto di Accesso Unico, le vaccinazioni, la protesica, la scelta e revoca, la fragilità – ha raccontato Mangiacavalli –. Ovviamente ci sono attività la cui effettiva attivazione richiede la costituzione di reti interistituzionali per le quali sono in corso tavoli di lavoro con il Comune e il terzo settore”.
L’accesso avviene, come per tutte le prestazioni mediche e infermieristiche del Servizio Sanitario Nazionale, tramite il servizio di prenotazione regionale, il CUP oppure direttamente agli sportelli della struttura.
“Dai primi giorni di gennaio sono state eseguite oltre 22.000 prestazioni e accolti al PUA oltre 600 cittadini prevalentemente per problemi legati al green pass e alla registrazione delle vaccinazioni effettuate all’estero – ha affermato il Direttore Socio-Sanitario –. Il bacino d’utenza è di 50 mila abitanti”. Le fasce d’età che più hanno richiesto assistenza e servizi sono gli over65 con patologie croniche.
La realizzazione di un cambiamento: “come a casa”
La novità offerta dalla struttura di via Rugabella è senz’altro visibile. Tanto che chi dirige la casa di comunità afferma di non aver avuto problemi a far capire all’utenza la portata della novità e la nuova filosofia che sta alla base: “Crediamo che il punto non sia comunicare il cambiamento, sia realizzare il cambiamento – hanno detto dalla struttura –. Il cittadino deve accedere alle nostre strutture e, come in una casa, sentirsi accolto e accompagnato nel proprio percorso sanitario, sociosanitario, sociale”.
La novità, oltre che nella vicinanza fisica di tutti i servizi sanitari, sta nella possibilità di creare un percorso terapeutico personalizzato e multidisciplinare
La novità, oltre che nella vicinanza fisica di tutti i servizi sanitari che il cittadino può finalmente trovare in un unico punto, sta proprio nella possibilità di creare un percorso terapeutico personalizzato in cui interdisciplinarità è aiutata dal fatto che tutte le prestazioni si eseguono nello stesso luogo fisico.
“L’obiettivo e quindi la vera sfida delle Case è garantire un luogo fisico, di prossimità e di facile individuazione, al quale il cittadino può accedere per trovare una risposta ai propri bisogni di assistenza sanitaria, sociosanitaria e sociale – conferma la dottoressa Mangiacavalli -. Questo vuol dire realizzare reti di prossimità attraverso il costante dialogo e la condivisione di processi e informazioni tra istituzioni diverse avendo come unico vero obiettivo la risposta ad un bisogno”.