Tradurre le evidenze della ricerca scientifica perché siano applicate per migliorare la società. È questa l’idea che all’inizio degli anni duemila ha portato all’introduzione in alcuni Paesi di una figura innovativa definita knowledge mobilizer – cioè “mobilizzatore di conoscenza” – capace di colmare il divario tra accademia scientifica e applicazione pratica dell’evidenza nella società. A poche settimane dal Canadian Knowledge Mobilization Forum (CKF) di Montreal, Rossana Coriandoli, knowledge mobilizer per il Centre for Addiction and Mental Health (CAMH) di Toronto, spiega a TrendSanità il ruolo di questa figura all’interno della struttura ospedaliera.
In cosa consiste l’attività del knowledge mobilizer
«Il lavoro del knowledge mobilizer consiste nell’acquisire l’evidenza della ricerca scientifica e tradurla in un linguaggio più comprensibile, rendendola accessibile per chi ne vuol fare uso per migliorare gli aspetti della società» spiega Coriandoli, e continua: «In questo modo valorizziamo il lavoro della ricerca scientifica, la conoscenza non resta come “congelata” all’interno dell’accademia, e non si sprecano i finanziamenti usati per la ricerca e la produzione di articoli».
Tradurre le evidenze della ricerca scientifica perché siano applicate per migliorare la società
Per questo il CAMH di Toronto ha predisposto – all’interno dell’ospedale fiore all’occhiello della ricerca per la salute mentale canadese – un team di knowledge mobilizer impegnato nella condivisione e nel trasferimento della conoscenza: «I decisori politici si rivolgono a noi quando c’è l’intenzione di impattare a livello pratico in specifici ambiti della salute mentale – spiega Coriandoli – noi aiutiamo i decisori redigendo report e documenti con un linguaggio adatto al target di riferimento, per metterli nelle condizioni ideali di comprendere, intervenire e modificare i programmi di area».
La conoscenza tra obiettivi pratici e sfide concrete
L’obiettivo del knowledge mobilizer è quello di supportare decisori nelle scelte offrendo informazioni sulle ultime novità dell’evidenza scientifica in un determinato ambito, perché possano progettare interventi per impattare positivamente nella società. Coriandoli aggiunge: «Il knowledge mobilizer deve garantire l’equità delle informazioni offerte al decisore in modo che abbia il quadro completo della situazione su un certo argomento».
Per questo motivo: «Quando il decisore valuta di attuare cure nell’ambito della salute mentale, il knowledge mobilizer ha il compito ad esempio di evidenziare l’importanza delle determinanti sociali che incidono sul benessere psichico del paziente». E continua: «Nel caso della schizofrenia, per esempio, se le ultime ricerche scientifiche dicono che l’azione più efficace è intervenire nei giovani dai 15 ai 18 anni al primo episodio psicotico, il nostro gruppo aiuta l’apparato dei decisori informandoli sulle azioni che l’evidenza ha confermato incisive per aiutarli a creare dei programmi di impatto per la cura della patologia in questa fascia d’età».
Una figura per migliorare il dialogo tra i professionisti della salute
In Canada, secondo i dati del 2022, a oltre cinque milioni di persone dai quindici anni in su è stato diagnosticato con un disturbo di ansia, dell’umore o di uso di sostanze. Il knowledge mobilizer ha il compito di supportare i professionisti e gli operatori della salute mentale nel migliorare il percorso di cura dei pazienti, l’obiettivo è riempire il vuoto dell’informazione che circonda il professionista della salute, a volte troppo isolato, andando a colmare le lacune con un dialogo tra ricerca scientifica e professionista, ma anche tra professionista e professionista.
«Per i professionisti della salute mentale, psichiatri, psicologi e operatori sanitari, traduciamo la ricerca scientifica in un linguaggio più comprensibile adatto a loro, indicando quali sono le evidenze che possono suggerire modalità d’intervento più efficaci nell’ambito dell’intervento diretto con i pazienti». Altre volte il lavoro di knowledge mobilizer si concretizza nel favorire il dialogo e l’incontro tra professionisti desiderosi di una situazione di confronto. Coriandoli spiega: «In alcuni casi il lavoro consiste nel creare le condizioni per la condivisione di informazioni all’interno di una comunità di pratica. Noi organizziamo incontri e incentiviamo il dialogo su apposite piattaforme tra professionisti».
Knowledge mobilizer: l’“evidenza” non è sempre scientifica
Nell’ambito del knowledge mobilizer, la condivisione della conoscenza è compiuta su diversi fronti, a volte arrivando lontano rispetto alla ricerca scientifica. Infatti, la parola “evidenza” in questo caso non si declina solo all’ambito scientifico, ma riveste un concetto più ampio che tocca in diversi modi il mondo dei professionisti. «“Evidenza” per noi è anche la conoscenza acquisita da chi lavora ogni giorno sul campo con chi ha problemi di salute mentale: cioè l’esperienza degli psichiatri, psicologi e operatori sanitari che ogni giorno si impegnano nella cura dei pazienti».
L’obiettivo è riempire il vuoto di informazione che spesso circonda il professionista della salute
E a proposito di questi ultimi:«L’esperienza dei pazienti e delle famiglie delle persone con problemi di salute mentale ha grande rilevanza nel nostro settore» e, aggiunge: «Deve essere utile per influenzare il modo in cui offriamo i servizi del sistema sanitario, con l’obiettivo di correggerne i funzionamenti e migliorarlo ancora». Conclude: «Il knowledge mobilizer è anche questo».