«Ci sarà un nuovo lockdown?». Nelle periodiche analisi che Google fornisce sulle domande che in tutto il mondo vengono poste al suo motore di ricerca, quella relativa a nuove misure di contenimento è schizzata in alto ad agosto 2024 all’indomani della dichiarazione dell’OMS di Mpox come emergenza sanitaria pubblica di rilevanza internazionale (PHEIC – Public Health Emergency of International Concern).
Un dubbio legittimo da parte dei cittadini che, alla luce di quello che abbiamo vissuto durante la pandemia da Covid-19, è pronto a trasformarsi in una preoccupazione che può generare ansia e panico. È qui che subentra l’importanza per la sanità pubblica di una corretta comunicazione del rischio in emergenza, di un’attività di monitoraggio costante su misinformazione e disinformazione e di una gestione attenta del potenziale sviluppo dell’infodemia.
D’altronde, ci siamo già passati. Non solo con il Covid-19, ma, tra alti e bassi, anche con Dengue, Febbre suina, Poliomielite, Zika, ecc… E la stessa Mpox, precedentemente nota come vaiolo delle scimmie o monkeypox, nomi fuorvianti e troppo inclini a generare stigma verso i Paesi e i soggetti più colpiti dal virus, ha fornito esempi chiari di quello che va fatto, e di quello che non va fatto, nella comunicazione di una emergenza nella sua precedente ondata dichiarata PHEIC tra luglio 2022 e maggio 2023.
Trovare un giusto equilibrio nella comunicazione dell’incertezza, niente allarmismi e niente superficialità; dare risposte chiare e tempestive a quei dubbi legittimi della popolazione che citavamo in precedenza; coinvolgere le comunità nella pianificazione e diffusione delle informazioni corrette; rafforzare formazione e simulazioni, sono solo le prime e indispensabili attività richieste da manuali e linee guida di ERC (Emergency Risk Communication). Va anche sottolineato che, per la prima volta, nel nostro Paese abbiamo un “Piano nazionale di comunicazione del rischio pandemico” nato dall’attività e dai confronti del NUCE (Nucleo permanente di coordinamento della comunicazione del rischio sanitario nelle emergenze del Ministero della Salute) ora ribattezzato RICC (Rete interistituzionale per il coordinamento della comunicazione del rischio). Sappiamo come gestire la temibile infodemia e, cosa ancora più importante, sappiamo che prima che si alimentino stigma (tema molto attuale viste le modalità di trasmissione più frequenti dell’Mpox e il luogo degli attuali focolai principali) e disinformazione va messa in piedi un’attenta pianificazione di social listening per raccogliere dubbi e domande dei cittadini prima che si trasformino in preoccupazioni e paure.
Monitorare i media, i social network e raccogliere le opinioni dalla viva voce di persone comuni e operatori sanitari, coinvolgere gruppi sociali e community leader è fondamentale per condividere e orientare la comunicazione istituzionale e per evitare scivoloni linguistici e distorsioni concettuali.
Ad esempio, le recenti polemiche sulla circolare della Regione Piemonte che tendeva a sottolineare come elementi di rischio per Mpox gli orientamenti sessuali (gay, transgender, bisessuali), e non i singoli comportamenti dei cittadini, ricorda le dichiarazioni di alcune autorità internazionali fatte nel 2022 e che generarono altrettante polemiche. Infatti, il contagio da Mpox, pur avendo rilevato un alto numero di infezioni in occasione di incontri sessuali, si trasmette attraverso tutti i contatti stretti: con eruzioni cutanee, fluidi corporei (come liquido, pus o sangue da lesioni cutanee) e croste. Come ricorda correttamente il Ministero della Salute, anche ulcere, lesioni o piaghe della bocca possono essere infettive e il virus può diffondersi attraverso la saliva o attraverso droplet (goccioline respiratorie) in caso di contatto prolungato faccia a faccia. Inoltre, indumenti, lenzuola, asciugamani o stoviglie contaminati dal virus di una persona infetta possono contagiare altre persone.
Questo è il motivo per cui il contagio in alcuni Paesi africani sta riguardando anche tanti bambini o dell’attenzione alla prevenzione che viene sollecitata per i professionisti sanitari (pensiamo a medici, infermieri, fisioterapisti) che si trovano ad entrare in contatto con numerosi pazienti ogni giorno. L’ECDC, ad esempio, nell’estate 2022 diffondeva anche raccomandazioni per grandi eventi, come raduni e concerti, che avrebbero tenuto ravvicinate grandi masse di popolazione.
Tutto questo, come ricordavamo, non deve generare panico, ma il giusto grado di attenzione nella popolazione che non va convinta, ma va coinvolta. Al momento in Italia il numero di casi è monitorato, e la giusta allerta, la prevenzione e la collaborazione attiva dei cittadini può essere decisiva per limitare e ridurre i contagi e per indirizzare diagnosi, terapie e vaccini nel modo corretto.
Minimizzare i rischi o indirizzare troppo l’attenzione solo verso alcuni comportamenti sessuali può portare a sottovalutazioni pericolose (ricordiamo tutti le prime settimane del 2020), a misinformazione e disinformazione. Alcuni errori comunicativi su Mpox nel 2022 contribuirono a generare una massiccia campagna di disinformazione diffusa sui social network in cui il “vaccino” o il “kit per l’immunità” dal virus era rappresentato con quattro raffigurazioni di coppie e famiglie eterosessuali.
Alimentare la paura vedendo nella diffusione di Mpox una conseguenza delle campagne vaccinali contro il Covid-19 o sostenere l’esistenza di complotti internazionali per nascondere cure miracolose ed economiche a beneficio dei colossi farmaceutici, sono l’ennesimo tentativo di speculazione, nemmeno troppo originale, di chi vuole ottenere visibilità e introiti o di chi punta a minare la fiducia e la credibilità delle istituzioni sanitarie per perseguire interessi politici o per andare incontro a interferenze e manipolazioni (FIMI) straniere nei nostri sistemi democratici.
Come contrastare queste derive? Rispondere alla domanda con cui aprivamo questa riflessione, e dare costantemente ascolto e risposte a tutti gli altri dubbi che emergeranno, è il primo passo che le istituzioni sono chiamate a fare.