I medici di famiglia della Fimmg (Federazione italiana medici di medicina generale) promuovono a caldo le scelte della Lombardia sui malati cronici. «A poche ore dalla pubblicazione della delibera regionale sulla presa in carico dei pazienti cronici, dopo una prima lettura che avrà bisogno degli approfondimenti necessari, non possiamo esimerci dall’attribuirne un giudizio chiaramente positivo, anche dal nostro osservatorio nazionale», commenta Fiorenzo Corti, vice segretario nazionale della Fimmg. In primo luogo, analizza, «viene sostanzialmente affidato al medico di famiglia, medico di fiducia della persona, il compito di redigere un Piano assistenziale individuale (Pai) e pubblicarlo sul Fascicolo sanitario elettronico. Compito prima affidato anche alle strutture erogatrici (ospedali) sia pubbliche che private: si ritorna quindi correttamente a chi prescrive il percorso di cura e non a chi ha il compito di erogare una prestazione».
«Tutti i medici di famiglia potranno prendere in carico i pazienti cronici – riepiloga Corti – ma per il momento potranno farlo solamente i medici che aderiscono a una cooperativa che mette loro a disposizione un centro servizi e una struttura informatica già operativa. I centri servizi delle cooperative dei medici di famiglia aiuteranno i pazienti a prendere gli appuntamenti per le visite e gli esami prescritti dal medico, grazie a un percorso dedicato proprio ai pazienti cronici e fragili. Dovranno poi verificare che i pazienti abbiano seguito il percorso (farmaci, visite specialistiche ed esami) prescritto dal medico, liberandolo da funzioni burocratico amministrative che già riducono il suo tempo da dedicare ai pazienti».
In Lombardia, continua l’esponente della Fimmg, «sono già stati pubblicati almeno 300mila Pai sul Fascicolo sanitario elettronico. Sono solo il 10% dei 3 milioni di pazienti cronici, ma non esiste nel nostro Paese alcuna realtà sanitaria territoriale che dispone di questi numeri – osserva – e numerosi studi hanno dimostrato che i pazienti presi in carico con questa modalità hanno subito un minor numero di ricoveri e accessi al pronto soccorso». Poi, prosegue, «non appena operativi i centri servizi delle Asst e la piattaforma informatica regionale, sarà possibile aderire al progetto anche per i medici non aderenti alle cooperative. Deve essere chiaro che le cooperative non svolgono alcun ruolo clinico, che resta completamente affidato al medico di famiglia – precisa, infine, Corti – Il ruolo delle cooperative è di supporto all’organizzazione delle attività informatiche e amministrative necessarie alla presa in carico dei pazienti, sollevando il medico da compiti che gli toglierebbero tempo da dedicare alla cura delle persone».