Lo scorso 12 novembre la Commissione europea ha pubblicato i risultati dell’edizione 2021 dell’Indice di Digitalizzazione dell’Economia e della Società Digital Economy and Society Index – Desi. L’indice misura, su una scala da 0 a 100, lo stato di avanzamento dell’Unione europea e dei Singoli Stati membri rispetto alle principali aree tematiche della politica digitale. Ma è possibile usare un sistema analogo per misurare la digitalizzazione delle regioni italiane?
Sì, e l’ha fatto l’Osservatorio Agenda Digitale con il Desi regionale, fotografando il grado di attuazione dell’Agenda Digitale e approfondendo il posizionamento delle regioni nel contesto nazionale ed europeo. A spiegare come, sono Francesco Olivanti, ricercatore presso l’Osservatorio Agenda Digitale del Politecnico di Milano, e Chiara Sgarbossa, direttrice dell’Osservatorio Sanità Digitale dello stesso Ateneo.
“Abbiamo mutuato l’approccio del Desi europeo e anzi riusciamo ad apportare dei correttivi rispetto alle variabili convenzionalmente adottate dalla Commissione europea che, ad esempio, dall’inizio della pandemia ha scelto di non pubblicare più i dati relativi all’e-health – afferma Olivanti -. Grazie al confronto costante con le Regioni, abbiamo infatti la possibilità di mettere insieme un set di indicatori bilanciato, che guarda a tutte le dimensioni del digitale in modo corretto e completo, includendo anche variabili che la Commissione europea non ha mai osservato oppure ha sospeso, come appunto la salute digitale, vista in particolare la competenza regionale in materia, e la scuola”.
Focus sul Fascicolo sanitario elettronico
In ambito di sanità digitale, i ricercatori si sono concentrati sulla disponibilità e sui livelli di implementazione del Fascicolo sanitario elettronico (Fse): “L’abbiamo individuato come metro di misura, ma va comunque tenuto presente che il numero può essere distorto e che i dati sul livello di penetrazione non sono sempre ben aggiornati – precisa il ricercatore -. Ci sono regioni su cui i numeri sono pochi o addirittura mancanti, e più in generale, il Fascicolo è un mattoncino nel panorama della sanità digitale, in cui rientrano anche aspetti come la telemedicina e l’attitudine innovativa in sistema sanitario regionale”.
L’obiettivo della ricerca è vedere limiti e margini miglioramento e di spingere i territori a rendere disponibili dati utili per produrre per creare delle evidenze
Il Fascicolo sanitario elettronico va quindi considerato, nell’ambito di questa indagine, l’indicatore individuato come rappresentativo nel più ampio e complesso quadro della sanità digitale e gli autori del documento invitano a non usarlo per stilare una “classifica” delle Regioni. “Il Desi regionale serve a tanti scopi: anche per provare a scatenare un minimo di sana competizione tra le Regioni, che, magari, trovandosi indietro rispetto ad altre, possono decidere di accelerare processi. Ma questo obiettivo è uno dei tanti e non la prima finalità – dice Olivanti -. Si tratta soprattutto di vedere limiti e margini di miglioramento e di spingere sulla disponibilità dei dati che vogliamo misurare e che i territori devono produrre per permetterci di creare delle evidenze. L’anno scorso da questo punto di vista sono stati fatti dei passi in avanti significativi su aspetti come la scuola e la sanità e anche in prospettiva andremo avanti così”.
Il punto debole del capitale umano
“La prima e principale osservazione è il digital gap per ripartizioni territoriali nel nostro Paese, con le regioni del Mezzogiorno ancora staccate – sostiene il ricercatore -. In quest’ultima edizione sono invece le regioni del Nord Est ad aver fatto particolarmente bene e dominare il ranking. Un altro aspetto particolarmente evidente è che la disuguaglianza è più elevata nell’area del capitale umano, dove, anche ampliando lo sguardo alla dimensione europea, le stesse Regioni migliori non performano come la media europea”.
Nella dimensione del capitale umano sono compresi:
- Livello di competenze digitali dei cittadini
- Numerosità dei laureati e degli specialisti in ambito Ict, con un focus anche sulle dinamiche di genere
- Formazione in ambito Ict offerta dalle imprese
Sul fronte dei servizi pubblici digitali, le Regioni migliori stanno al passo con il livello europeo, ma la disuguaglianza tra le diverse Regioni è abbastanza marcata.
Si riscontrano delle differenze a seconda che si guardi ai fattori abilitanti della digitalizzazione, come infrastrutture, competenze e disponibilità dei servizi, e risultati ottenuti
“Sul tema della connettività e delle imprese, il gap è meno marcato, e alcune Regioni del Sud che chiudono la classifica generale hanno anche molte eccellenze nell’ambito della penetrazione della tecnologia digitale – conclude Olivanti -. Infine ci sono delle differenze a seconda che si guardi ai fattori abilitanti della digitalizzazione, come infrastrutture, competenze e disponibilità dei servizi, e risultati ottenuti: alcune Regioni del Mezzogiorno fanno meglio sui fattori abilitanti che per risultati e questo lascia supporre che ci sia un tema di attuazione e finalizzazione degli investimenti”.
Le opportunità del PNRR per la sanità digitale
“L’anno scorso era emersa ancora una scarsa conoscenza e dell’uso del Fascicolo sanitario elettronico da parte dei cittadini (solo il 38% ne aveva mai sentito parlare), ma quest’anno ci aspettiamo che i numeri aumentino perché molti se ne sono serviti per scaricare i referti dei tamponi o per accedere al Green Pass – spiega Sgarbossa, che con il suo gruppo di ricerca proprio in queste settimane sta lavorando alla prossima edizione -. Un altro tema fondamentale è la scarsa alimentazione del Fascicolo da parte delle aziende sanitarie, che di fatto ne limita l’utilità: se il cittadino accede e non trova i propri documenti clinici, il Fascicolo perde la propria ragion d’essere”.
I dati sul Fascicolo sanitario elettronico vengono analizzati dall’Osservatorio Sanità Digitale usando il sito dell’Agenzia per l’Italia Digitale. Ad alimentarli sono però le singole Regioni e anche qui si pongono alcuni problemi: non tutte le informazioni sono perfettamente aggiornate.
Proprio in questi mesi con il PNRR è in atto un ripensamento complessivo della Sanità digitale sia a livello nazionale che regionale: nel giro di qualche mese ci saranno molte novità
“Inoltre il livello di diffusione del Fascicolo Sanitario Elettronico non è il solo indicatore per poter dire quanto una Regione sia ‘digitale’, perché rappresenta la punta dell’iceberg di un processo di digitalizzazione che parte dalle aziende sanitarie e che vede, ad esempio, lo sviluppo della Cartella Clinica Elettronica, di sistemi dipartimentali per la gestione digitale di referti e immagini ecc. – precisa l’esperta -. Proprio in questi mesi è in corso la programmazione degli investimenti del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza per la Missione 6 componenti 1, dove troviamo 1 miliardo di euro per la Telemedicina, e 2, dove sono presenti le risorse per lo sviluppo del Fse 2.0″.
Proprio negli ultimi giorni sono arrivati sul tavolo della Conferenza Stato-Regioni lo schema di decreto e le linee guida per il potenziamento del Fse, redatti dal Ministro della salute di concerto con il Ministero per l’innovazione tecnologica e la transizione digitale e il Ministro dell’economia e delle finanze. “Le quattro direttrici di azione su questo fronte saranno: garantire servizi di sanità digitale omogenei e uniformi, uniformare i contenuti in termini di dati e codifiche adottate, rafforzare l’architettura per migliorare l’interoperabilità del Fse e potenziare la governance delle regole di attuazione del nuovo Fse. In sostanza – conclude Sgarbossa – è in atto un ripensamento complessivo della Sanità digitale sia a livello nazionale che regionale: nel giro di qualche mese ci saranno molte novità”.