Design e salute: non è certo questione solo di aspetto. Dietro ci sono i grandi temi dell’usabilità e della sicurezza. Abbiamo approfondito l’argomento con Mattia Pistolesi, Ph.D in Design e designer, professore a contratto di Laboratorio di ergonomia e design – Applicazioni, del Corso di Laurea Triennale in Disegno Industriale, Dipartimento di Architettura (Dida) dell’Università di Firenze.
Che rapporto c’è fra design e salute e soprattutto fra design e sanità?
Prima di rispondere a questa domanda, vorrei soffermarmi brevemente sul concetto di design, o meglio, su ciò che noi addetti ai lavori intendiamo per design, perché molto spesso il termine viene associato alla sola estetica degli artefatti, ma non è così. Il design nasce per rispondere tramite il progetto di prodotti, ambienti e servizi ai bisogni e alle necessità delle persone. Il design quindi si può avvalere di metodi che, se opportunatamente usati, possono aiutare a immaginare nuove forme e nuove modalità d’uso degli artefatti.
Mi piace usare le esatte parole del mio mentore, la professoressa Francesca Tosi, la quale sostiene che il ruolo del design risiede nella sua capacità progettuale, ossia di intervento propositivo sull’esistente, basato sulla capacità di interpretare la complessità dei fattori di innovazione e di mutamento che ci circondano, e di elaborare soluzioni di intervento capaci di rispondere ai bisogni alle aspettative e ai desideri delle persone, ma anche di proporre nuovi comportamenti e suggerire nuovi stili di vita.
Il design nasce per rispondere tramite il progetto di prodotti, ambienti e servizi ai bisogni e alle necessità delle persone
Questa definizione mi aiuta a motivare il rapporto tra design e sanità perché il design può operare all’interno di un sistema di competenze e specificità disciplinari e professionali anche molto distanti tra loro. L’interesse del design verso la sanità, e viceversa, si è rafforzato nel tempo in relazione all’aumentata complessità delle cure ospedaliere, alla maggiore sensibilità dei diversi attori coinvolti nel percorso di cura (staff sanitario-cittadino), all’innovazione tecnologica, all’usabilità dei dispositivi medici e, non per ultimo, alle aspettative della popolazione circa gli outcome terapeutici.
Questo interesse si rafforza ancora di più in relazione all’ormai noto fenomeno dell’invecchiamento della popolazione, che colloca l’Italia fra i paesi con più anziani al mondo, e il conseguente aumento delle patologie croniche. Per fronteggiare le attuali difficoltà economiche del nostro sistema sanitario, trattare il paziente a domicilio (deospedalizzazione) può essere una soluzione. In questo senso, il Covid-19, ha accelerato l’uso dei servizi di telemedicina e teleconsulto.
La deospedalizzazione permette un miglioramento della qualità assistenziale perché il medico ha una “immagine” aggiornata dello stato del paziente e delle azioni già effettuate, riduce i disagi dovuti agli spostamenti delle persone malate e disabili, riduce il costo sociale sia per il paziente che per i familiari che lo accompagnano e riduce il costo pubblico e privato dell’assistenza sanitaria.
L’innovazione tecnologica può produrre un cambiamento di scenario o introdurre elementi che creano strade percorribili in grado di dare risposte diverse e migliori
Ma per far ciò, occorre progettare dispositivi medici in grado di essere gestiti e capiti anche dall’utente privo di qualsiasi formazione sanitaria. L’innovazione tecnologica può produrre un cambiamento di scenario o può introdurre elementi che creano strade percorribili in grado di dare risposte diverse e migliori. La strada da percorrere è ancora lunga.
Credo vivamente che occorra pensare prodotti, servizi e sistemi che non mettano da parte l’uomo, ma che lo coinvolgano. Non devono solo essere efficaci, ma comprensibili e trasparenti nel loro processo decisionale, affinché l’individuo sia consapevole di cosa sta succedendo o cosa potrebbe succedere, prevedendone le conseguenze.
Quindi, il design è chiamato a dare il suo contributo, utilizzando strategie e metodi di innovazione propri, al fine di individuare e scorgere scenari possibili futuri e possibili soluzioni di prodotti, servizi e sistemi innovativi, con la finalità di trovare soluzioni che facilitino e migliorino l’assistenza sanitaria e l’Home Care.
Quali sono gli obiettivi che il designer si deve porre nel progettare dispositivi medici?
Il designer ha due obiettivi: progettare dispositivi medici che rispondano alle prescrizioni normative e dispositivi medici che soddisfino le esigenze degli utenti, sia dal punto di vista dell’usabilità che della sicurezza d’uso. Mi vorrei soffermare su questo secondo punto.
Quando si progetta un dispositivo medico, semplice o complesso che sia, il designer si deve porre delle domande: chi sono gli utenti finali, per quali motivazioni viene utilizzato il dispositivo medico, in quale ambiente e per quanto tempo viene usato il dispositivo medico. Queste domande consentono al progettista di studiare il contesto in cui un dispositivo medico sarà utilizzato.
Quando progetta un dispositivo medico, il designer si deve porre delle domande: chi sono gli utenti finali, per quali motivazioni si usa il dispositivo medico, in quale ambiente e per quanto tempo
Come riportato nel libro Design & Usabilità in ambito sanitario. Il progetto dei dispositivi medici, l’obiettivo del designer è infatti non solo la capacità di saper cogliere le esigenze dell’utilizzatore finale, ma anche saperle concretizzare in un prodotto innovativo, che risponda alle sue reali necessità psico-fisiche.
Come si procede in concreto?
Per procedere nel concreto a quanto espresso alla domanda precedente occorre utilizzare un approccio, conosciuto come Human-Centred Design (HCD), tradotto letteralmente come progettazione centrata sugli utenti.
I principi operativi di questo approccio possono essere riassunti in:
- il progetto del dispositivo medico si basa su una comprensione esplicita di utenti, compiti e ambienti di utilizzo;
- gli utenti sono coinvolti durante la progettazione e lo sviluppo;
- la progettazione è guidata da una valutazione centrata sull’utente;
- il processo è iterativo, ossia l’atto di ripetere ciclicamente una fase fino a che questa non ha generato dati soddisfacenti;
- il progetto del dispositivo medico risponde all’intera esperienza dell’utente finale;
- il team di progettazione include soggetti con competenze e prospettive multidisciplinari (ad esempio medico, infermiere, cittadino, designer).
Per soddisfare i principi operativi dell’approccio HCD è necessario applicare dei metodi, che si differenziano per il coinvolgimento diretto o indiretto degli utenti, per la tipologia di informazione che voglio ottenere (dati qualitativi o quantitativi) e infine per il tempo di impiego. Per fare un esempio mi riferisco ai test di usabilità, alla progettazione partecipata (co-progettazione), interviste, questionari, valutazione empiriche, focus group, osservazione diretta/indiretta.
Nella letteratura di settore si possono trovare moltissimi metodi, circa 250, e qualunque metodo si usi, l’importante è che gli utenti siano coinvolti in un modo o in un altro. Coinvolgere gli utenti significa acquisire dati, considerazioni sulla progettazione che rappresentano gli elementi che forniscono gli input che poi di conseguenza influenzeranno il processo di progettazione, dallo sviluppo del concetto fino alla risoluzione dei problemi.
Questo coinvolgimento però ha un prezzo da pagare, sia in termini di capitale umano che in termini di risorse economiche e temporali che un’azienda deve considerare.
Quali sono le possibili criticità?
Una scarsa usabilità di un prodotto medico può essere causa di fastidio, frustrazione ma anche pericolo per la sicurezza e addirittura per la vita dell’utente.
Come ampiamente descritto nel mio libro, l’usabilità di un dispositivo medico ha quattro ricadute fondamentali:
- può influire sullo stato d’animo dell’utilizzatore finale in termini di soddisfazione, fastidio e frustrazione;
- sulla vendita; l’usabilità è una delle aree in cui i produttori possono ottenere vantaggi, in termini economici, nei confronti dei loro competitors;
- sulla produttività; l’usabilità ha un effetto diretto sul livello di soddisfazione del lavoro, perché i prodotti che sono difficili da utilizzare nel contesto lavorativo possono far perder tempo agli operatori e denaro all’azienda oltre ad avere ricadute negative come ridotta motivazione del personale, assenteismo e procedure rischiose;
- e infine sulla sicurezza; l’usabilità può influire sulla sicurezza di chi utilizza il prodotto, nonché sulla sicurezza degli altri, ad esempio nei casi in cui i dispositivi medici presentano un’interfaccia utente mal progettata, difficile da utilizzare e che porta gli utenti molto spesso a commettere errori.
Una scarsa usabilità di un prodotto medico può essere causa di fastidio, frustrazione ma anche diventare un pericolo per la sicurezza o addirittura per la vita del paziente
La situazione odierna mette in luce che i prodotti medicali tendono a essere tecnologicamente avanzati, ma molto spesso non soddisfano le esigenze degli utenti finali, questo perché la cultura umanocentrica è ancora poco assimilata nella mentalità industriale italiana. La situazione odierna ci mostra quanto ancora dobbiamo lavorare per raggiungere, per quanto possibile, una maggiore performance e un miglior benessere degli operatori all’interno dei contesti dei luoghi di lavoro e in ambito domestico. È necessario quindi un immediato cambio di mentalità a favore di una cultura in cui l’essere umano assuma la sua centralità.
Per concludere, se da un lato, la deospedalizzazione, e di conseguenza l’utilizzo di dispositivi medici a domicilio sembra offrire benefici sia dal punto di vista del sistema sanitario che dei pazienti, dall’altro lato, pone preoccupazioni riguardo l’utilizzo dei prodotti medicali da parte di utenti laici (privi di formazione medico-sanitaria), e di conseguenza l’errore che questi utenti possono commettere durante la fase di utilizzo. Difatti, uno studio condotto da due ricercatori della Johns Hopkins University School of Medicine di Baltimora nel 2013 dimostra che gli errori medici rappresentano la terza causa di mortalità negli Stati Uniti, con un indice di accadimento pari a 251mila errori annui.
Come si passa dal progetto all’uso di un oggetto?
Sia che si tratti di progettare un dispositivo chirurgico avanzato per la sala operatoria o che si tratti di un dispositivo per l’assistenza domiciliare, il buon design dei dispositivi medici inizia con la comprensione degli utenti finali.
Il processo di sviluppo di un dispositivo medico si articola in cinque fasi:
- fase 1: il processo inizia con una prima fase di definizione dei bisogni che il nuovo prodotto dovrà soddisfare. Questa fase di esplorazione è anche conosciuta come ricerca. La ricerca permette alle aziende produttrici, e alle agenzie di design, di entrare nelle menti degli utenti e di comprendere i loro desideri, le necessità, le aspirazioni e capire cosa li farà desiderare di utilizzare un prodotto. Questa fase è aperta; questo significa che il progettista deve essere aperto a tutto: non ci sono blocchi, nulla è considerato stupido.
- fase 2: a seconda del problema che si intende risolvere, indipendentemente dalla forma che assumerà il prodotto, l’approccio HCD è utile per raccogliere preziose informazioni sugli utenti. Questa attività è necessaria per sviluppare una specifica completa prima di passare alla fase di progettazione concettuale o preliminare. Nella seconda fase, il progettista o il team di progetto si occuperanno di sviluppare le idee iniziali, da cui selezionare un singolo progetto, quello ritenuto più idoneo;
- fase 3: fase della realizzazione, in cui viene sviluppato un prototipo finale e testato con gli utenti finali. È necessario produrre un prototipo per mettere alla prova quanto ideato. Lo sviluppo di un prototipo durante la fase di specificazione del problema serve a capire se il problema reale è stato opportunamente capito e affrontato. Infine, la verifica viene eseguita con il prototipo precedentemente realizzato e fatto utilizzare ad un campione di utenti reali o potenziali. Come la costruzione di prototipi, anche la verifica si esegue nella fase di specificazione del problema per accertarsi di averlo definito esattamente, poi di nuovo nella fase della soluzione per vedere se il design corrisponde davvero alle esigenze e capacità degli utenti.
- fase 4: messa in produzione;
- fese 5: realizzazione della documentazione finale.
Quali invece le prospettive e potenzialità del settore?
Grazie al progresso ingegneristico dell’hardware e software, le tecnologie digitali, inclusi i dispositivi indossabili e i prodotti interconnessi secondo il paradigma dell’Internet of Things (IoT), possono supportare l’invecchiamento in casa e il mantenimento dell’indipendenza delle persone il più a lungo possibile, garantendo una valida e meno costosa alternativa alle cure istituzionalizzate.
Negli ultimi anni, lo sviluppo e la rapida diffusione di dispositivi interattivi (come computer, smartphone e dispositivi indossabili) ha generato una vera e propria rivoluzione digitale.
L’IoT indica la connessione di dispositivi e prodotti ad internet, inclusi elettrodomestici, apparecchi sanitari, autoveicoli, ecc. Una volta connesso, ogni prodotto può archiviare ed elaborare informazioni in rete in modo indipendente ma anche comunicare con altri dispositivi appartenenti alla rete. Appare evidente, dunque, che le tecnologie IoT possono rappresentare un valido strumento a supporto dell’Ageing in Place, sia nell’ambito della casa intelligente che nella telemedicina e nel monitoraggio a distanza.
Le tecnologie IoT possono rappresentare un valido strumento a supporto dell’Ageing in Place, sia nell’ambito della casa intelligente che nella telemedicina e nel monitoraggio a distanza
In questo senso anche la robotica, l’intelligenza artificiale, la realtà aumentata sono quelle tecnologie che lasciano più spazio all’immaginazione, proponendo le innovazioni più avveniristiche.
Le potenzialità e i vantaggi dell’applicazione dell’approccio HCD nel design di prodotti e sistemi per il settore sanitario è ben esemplificato in alcuni prodotti di recente realizzazione, come ad esempio OcuCheck, un dispositivo medico oculare attualmente prodotto dall’azienda InnSight Technology Inc., la cui progettazione si è basata sull’applicazione di alcune metodologie proprie dello HCD con la finalità di soddisfare le esigenze dell’utente finale, in particolare del medico oculista e del paziente.
Anche i dispositivi medici come ad esempio la Computed Axial Tomography (CAT) possono essere progettati a misura d’utente. Prodotto da General Electrics Healthcare, il nuovo modello di apparecchio di CAT è a misura di bambino, perché è stato progettato per somigliare ad una nave pirata. Invece di limitarsi a dire ai bambini cosa fare, lo staff medico trasforma l’esperienza in una storia. I bambini sono meno spaventati e più disposti a seguire le istruzioni, e una percentuale importante di bambini non ha bisogno dell’anestesia prima di entrare nella macchina, risparmiando così, tempo, denaro e aumentando l’efficacia della procedura medica.
Per concludere, il nuovo Apple Watch monitora il battito cardiaco nell’arco della giornata, così l’utilizzatore può controllarlo quando vuole e verificarne l’andamento. Una frequenza cardiaca troppo alta o troppo bassa può essere la spia di un problema di salute anche grave, ma poiché molte persone non riconoscono i sintomi, capita spesso che le cause profonde non vengano mai diagnosticate. Questo nuovo dispositivo avvisa se ci sono irregolarità oltre a offrire la possibilità di fare chiamate di emergenza.
Quali sono i progetti più interessanti di cui si sta occupando in questo periodo?
In particolar modo due progetti di ricerca. Il primo è CloudIA, progetto di ricerca regionale che ha visto la partecipazione di due organismi di ricerca universitari, il Laboratorio di ergonomia e design LED dell’Università di Firenze, dove faccio ricerca dal 2014, l’Istituto di Biorobotica della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa e cinque cooperative sociali: Uscita di Sicurezza, Gli Altri, ARCA, C.RE.A e Pane e Rose.
L’obiettivo è stato quello di sviluppare, integrare e testare soluzioni innovative in Cloud, che includono un robot, un dispositivo indossabile e un sistema di sensori, finalizzati a migliorare la qualità della vita e l’indipendenza delle persone anziane e supportare l’attività dei relativi caregiver in tre diversi contesti: Residenza Sanitaria Assistenziale, Residenza Sanitario-Assistenziale per persone con Disabilità e assistenza domiciliare.
Il sistema di prodotto-servizio ha la funzione di supportare gli operatori socio-sanitari nell’erogazione dei principali servizi, quali somministrazione di terapie, attività riabilitative sia cognitive che fisiche, attività ludico/ricreative, monitoraggio dello stato di salute, deambulazione all’interno delle residenze e presso il domicilio.
Nello specifico, CloudIA ha visto la progettazione, lo sviluppo e l’integrazione di un robot, di un dispositivo indossabile e di sensori integrati per l’assistenza a persone fragili anche attraverso la sperimentazione delle soluzioni Cloud proposte con gli stakeholders coinvolti e la validazione dei suddetti servizi, per migliorare la qualità della vita delle persone anziane e dei caregiver.
Infine l’ultimo caso studio, ancora in corso di svolgimento, promosso dalla Società Italiana di Ergonomia e Fattori Umani (SIE) e da World Usability Day WUD SIE, ha l’obiettivo di provare a rispondere alla domanda su come la tecnologia potrà migliorare le cure domiciliari nei prossimi vent’anni attraverso la definizione di uno scenario preferibile considerando cinque driver: tecnologia, società, politica, economia e ambiente.
Il team è composto da sette ricercatori oltre al sottoscritto, provenienti da tutta Italia e da varie discipline, tra cui architettura, design, psicologia, ambiente, sanità e scienze geologiche.