Ingegneri clinici, uno sguardo al futuro della sanità fra innovazione e PNRR

Il futuro della sanità passa dall'innovazione: come tradurre l'assunto in azioni concrete, sfruttando al meglio le risorse del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr), è il tema in discussione al XXI Convegno Nazionale dell'Associazione italiana ingegneri clinici (Aiic).

Il futuro della sanità passa dall’innovazione: come tradurre l’assunto in azioni concrete, sfruttando al meglio le risorse del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, è il tema in discussione al XXI Convegno Nazionale dell’Associazione italiana ingegneri clinici (Aiic) “Verso un nuovo SSN. Professionisti, innovazione e PNRR”, incentrato sulla necessità di offrire basi robuste e affidabili al rinnovamento qualitativo e tecnologico del Servizio Sanitario Nazionale.

“Il PNRR esprime concetti molto chiari parlando di sanità – ha dichiarato Umberto Nocco, presidente Aiic -. Si sofferma infatti su reti di prossimità, innovazione e ricerca, digitalizzazione e telemedicina. Sappiamo tutti che proprio su questi pilastri si basa il rinnovamento del Servizio Sanitario Nazionale che ha bisogno di rilanciare la qualità delle cure, l’innovazione reale, la sanità interconnessa e paziente-centrica, la nuova organizzazione”. Ecco gli argomenti al centro del convegno, ma, sottolinea l’ingegnere, “noi desideriamo affrontarli con quell’approccio pragmatico che è specifico della nostra professione. Ci chiediamo infatti: come il PNRR si tradurrà in progetti esecutivi? Cosa serve al SSN ed ai vari servizi regionali per rinnovarsi? Come i progetti del Piano si connetteranno all’ecosistema digitale del nostro Paese? Come dialogheranno le professioni per realizzare questo cambiamento? Abbiamo creato differenti momenti di discussione multidisciplinare proprio perché riteniamo che siano molteplici i punti di vista con cui osservare e giudicare il PNRR, che è una grande opportunità che va colta in tutta la sua portata”.

Ma non è tutto. Perché, soprattutto, precisa Nocco, l’evento è un’occasione per tornare a confrontarsi in presenza sulle priorità per la professione per la prima volta dallo scoppio della pandemia.

 

Tra le sessioni di maggiore interesse, uno dei panel inaugurali del congresso, dedicato alle domande e risposte sul Regolamento UE 2017/745 sui dispositivi medici, coordinato dal direttore del Centro Studi dell’Aiic Stefano Bergamasco.

Nel suo intervento, Carla Cambiano, ingegnere biomedico del Ministero della Salute, ha fatto il punto su Eudamed: “I mesi di buffer inizieranno dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale dell’avviso di piena funzionalità della banca dati europea, probabilmente nel giugno del 2023. Qualora l’equivalente dispositivo MDR/IVDR non sia già stato registrato, da quel momento resteranno per la registrazione dei legacy device la scadenza di 18+6 mesi”.

È invece toccato a Giada Necci, new solutions specialist di GS1 Italy, rispondere agli stimoli sull’attribuzione della codifica UDI: “Il punto non sarà tanto acquistare un lettore di barcode, perché sul mercato ce ne sono infiniti, ma trovare una soluzione in grado di decodificare e registrare le informazioni descritte sui codici a barre secondo gli standard delle agenzie di emissione”.

Il tema dell’immissione sul mercato di dispositivi e periodo transitorio è stato affrontato dall’avvocato Silvia Stefanelli dello Studio legale Stefanelli&Stefanelli di Bologna. “Il regolamento è diventato pianamente efficace a maggio di quest’anno – ha spiegato -. Ma fino al 2024 non tutti i prodotti vanno certificati in base ad esso: c’è la possibilità di un doppio binario, che consente che i dispositivi medici possano ancora legittimamente essere messi sul mercato come in precedenza”.

AIIC 2021Stefanelli ha approfondito anche il tema dei diagnostici in vitro: “Se il regolamento presenta delle novità per i dispositivi medici, per i diagnostici in vitro si tratta di una vera rivoluzione copernicana. La disciplina introduce infatti anche per questi le classi di rischio dalla lettera A alla D in modo analogo ai dispositivi medici: a oggi solo l’8% di essi dispone di questo tipo di documentazione, mentre a regime sarà l’80% a dover avere la certificazione da parte degli organismi notificati. Al momento però sono solo sei in tutta Europa, di cui, ad esempio, nessuno in Italia, con possibili criticità a partire dalla lingua. Anche per questa ragione si ipotizza uno slittamento dell’applicazione della disciplina al 2022, con uno scivolamento per l’ottenimento delle certificazioni per le classi B, C e D fino al 2025, 26 e 27”.

Si è collegato a distanza Pietro Calamea, direttore dell’Ufficio Sperimentazioni Cliniche – Direzione Generale Dispositivi Medici e Servizio Farmaceutico del Ministero della Salute: “Innanzitutto bisogna distinguere fra tempi complessivi per l’implementazione di un prodotto, dalla fase degli studi al compimento di tutte le procedure, e tempi di passaggio dalle autorità competenti: è su questo che si focalizza l’attenzione, ma non deve essere considerato un ostacolo allo sviluppo di un prodotto e dell’intero percorso, che dura anni, è una parte sicuramente minoritaria. Il regolamento, comunque, giustamente opera in funzione di una gestione snella del passaggio con i valutatori, con tempi contingentati per le autorità competenti per le valutazioni”.

Alice Ravizza di USE-ME-D è intervenuta sul tema dell’importanza cruciale dell’usabilità nell’intero ciclo di vita di un prodotto: “Quando pensiamo a una nuova interfaccia o manipolabilità di un oggetto biomedicale, le necessità dell’utente devono essere il primo punto, insieme agli attributi tecnici di sicurezza. Una tecnologia più è usabile e più è efficiente – ha affermato -. Un altro tema è l’usabilità nell’attività post market, per la comprensione di cosa si possa essere verificato, un incidente o un malfunzionamento: aiuta il fabbricante e l’autorità competente nelle indagini del caso”.

I risvolti tecnici del regolamento per i servizi di ingegneria clinica, a partire dal nodo delle parti di ricambio, sono stati illustrati da Roberto Belliato, di MedTech Projects, membro del centro studi AIIC: “Si è diffusa la voce che anche i ricambi debbano essere marchiati Ce. Non è così: prima di tutto il ricambio, ad esempio un trasformatore, non è un dispositivo medico, quindi ha la propria marcatura di prodotto – ha spiegato -. Altro aspetto è quello dei ricambi identici o simili: chi li mette sul mercato ha l’onere di dimostrare che sono identici o simili e hanno una precisa destinazione d’uso per quel tipo di componente. In questo ragionamento non rientra la componentistica universale perché non specificamente destinata a un uso particolare: per quanto concerne un interruttore, sei tu con tua competenza a stabilire che è identico o simile a quello che si va a sostituire su un elettrocardiografo”.

Gli spunti sono numerosi e l’attività dell’Aiic non si ferma. “Il regolamento è complesso, ma in certi casi, come ad esempio sull’ipotetica marchiatura Ce, è nata un po’ di mitologia forse legata a interessi: su punti già ben precisati, come quello, è importante cercare di fare chiarezza – ha concluso Bergamasco -. Come Aiic e centro studi continueremo a lavorare sul tema per fare formazione e informazione. Sono tempi interessanti e il nostro auspicio è che quelle che si stanno gettando siano le fondamenta per i prossimi 25 anni di lavoro: è normale uno scossone transitorio. Noi ci impegneremo per applicare la disciplina nel modo più corretto possibile”.

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Adriana Riccomagno
Giornalista professionista in ambito sanitario