Secondo il terzo rapporto Ital Communications – Censis, per tre quarti degli italiani è sempre più difficile riconoscere le fake news, cioè la disinformazione o la misinformazione che circola online e a volte anche sui cosiddetti media tradizionali. In particolare, se il 76,5% ritiene che sia sempre più complicato distinguerle dall’informazione, il 20,2% di questi pensa di non avere le competenze per riconoscere le fake news e il 61,1% di averle solo in parte.
A spaventare è soprattutto l’intelligenza artificiale che, sebbene sia uno strumento prezioso per i professionisti della comunicazione, potrebbe rivelarsi un’arma a doppio taglio perché rende sempre più indistinguibili le fake news dalle normali notizie.
Del rapporto tra informazione e sanità si è parlato anche al Festival del Digitale Popolare che si è tenuto dal 6 all’8 ottobre a Torino.
Nel panel “Digitale per la salute e lotta alle fake news”, moderato dal Ceo di Seed Medical Publishers Simone Eandi, si è discusso di come il digitale possa essere un alleato importante per l’informazione.
La digitalizzazione in sanità
In apertura, Biagio Oppi, responsabile comunicazione esterna di Pfizer, ha presentato dei dati di uno studio condotto dall’Istituto Piepoli riguardanti il rapporto tra informazione e salute.
“I risultati ci dicono che, in generale, il 45% della popolazione italiana non si fida delle informazioni sulla salute che riceve”, ha detto Oppi.
Dai dati presentati emerge come le principali fonti di informazione siano siti internet e tv, che sono ritenuti più affidabili, mentre giornali e riviste non sono considerati tali. I social sono attendibili dal 7% della popolazione.
Il digitale in sanità può fare tantissimo, sia lato paziente sia lato operatore sanitario
E la pandemia non ha contribuito a migliorare la fiducia nell’informazione: per il 17% degli intervistati il Covid non l’ha fatto, per il 40% l’ha fatto poco.
“Questo per noi è un punto di partenza, perché con Fondazione Italia Digitale intendiamo capire il fenomeno e proporre soluzioni che possono essere utili per migliorare la fiducia nei media e nelle istituzioni”.
Per il direttore della comunicazione di Pfizer, “il digitale in sanità può fare tantissimo, sia lato paziente sia lato operatore sanitario: può velocizzare il rapporto, permettere il monitoraggio a distanza, rendere più efficienti certi processi. Il Pnrr in questo rappresenta una grandissima opportunità per digitalizzare il Ssn”.
Il prebunking
“Abbiamo visto tutti quanto possa essere complicato, soprattutto durante un’emergenza, avere un alto livello di disinformazione”, ha esordito Cesare Buquicchio, giornalista e docente di comunicazione che durante la pandemia è stato capo ufficio stampa del Ministero della Salute.
“Secondo me bisogna avere un approccio più disincantato con queste tematiche forti: le dinamiche della disinformazione e della misinformazione sono sempre le stesse e fanno leva sui medesimi argomenti: l’odio, la paura, i complotti… Capire quali sono è uno degli antidoti più potenti per combattere le fake news”, ha affermato Buquicchio, che ha recentemente dato alle stampe il libro “La comunicazione del rischio nelle emergenze sanitarie”.
È stato dimostrato che il cosiddetto debunking, cioè il tentativo di demistificazione e confutazione delle informazioni false è poco efficace: una volta che sono in circolo, questi dati si propagano indipendentemente dai tentativi di contenerli e spiegarne la fallacia.
“Quello che si può fare, piuttosto, è un’operazione di prebunking, cioè cercare di fornire informazioni sulle dinamiche delle fake news, affinché le persone siano più preparate a riconoscerle”.
Il digitale per i cittadini
“Il digitale è in primis un canale di comunicazione con i nostri pazienti, che ridefinisce e ribilancia il rapporto tra l’ospedale, il centro diagnostico e la territorialità – ha affermato Massimiliano D’Elia, direttore operativo di Affidea Italia – Ci avvicina ai pazienti e permette loro un legame più stretto con il clinico visto che la comunicazione è più diretta”.
Tecnologia, comunità e sostenibilità sono i tre pilastri della digitalizzazione per Affidea.
“La prima è alla base del percorso di trasformazione digitale che stiamo portando avanti, la comunità gioca per noi un ruolo fondamentale nell’educazione del paziente e nella diffusione dell’uso consapevole degli strumenti digitali in sanità. Tutto questo processo deve essere sostenibile, sia dal punto di vista economico, sia per quanto riguarda il reperimento delle risorse”.
Affidea ha una rete di centri che si occupano soprattutto delle attività di diagnostica per immagini: “Solo un’integrazione efficace di questi tre pilastri può portare valore aggiunto alla società, garantendo maggiore accesso alle cure ai pazienti, abbattendo le disuguaglianze dell’accesso alle cure e assicurando una maggiore salute e benessere ai cittadini”.