Disability Pride, a Torino la sfilata dell’orgoglio disabile con le sue rivendicazioni

Applicazione leggi per i caregiver, diritto alla sessualità e all’affettività e accessibilità fisica e digitale: sono queste alcune delle richieste del primo Disability Pride di Torino

Sabato 15 aprile si è tenuto il primo Disability Pride a Torino, un pomeriggio all’insegna dell’orgoglio disabile e delle rivendicazioni delle varie associazioni. Promosso dalla cellula di Torino dell’Associazione Luca Coscioni in collaborazione con altre 17 realtà del territorio tra organizzazioni del terzo settore e startup, il Disability Pride vuole infatti promuovere una rivoluzione culturale per cambiare le percezioni collettive sulla disabilità attraverso la sensibilizzazione di istituzioni, imprese e cittadini.

Le barriere da abbattere, infatti, non sono solo quelle architettoniche, ma anche quelle digitali e, soprattutto, culturali.

Le organizzazioni promotrici hanno redatto un manifesto, una base di partenza per “proseguire il dialogo con le istituzioni, al fine di cominciare un lavoro che possa portare a dei reali cambiamenti”, come ha sottolineato Miriam Abate, coordinatrice del Pride.

I caregiver

Tra i punti rivendicati al Pride, c’è quello che riguarda chi si prende cura delle persone con disabilità: il 3 ottobre 2022 il Comitato Onu sui diritti delle persone con disabilità ha condannato l’Italia per la mancanza di tutela giuridica dei caregiver, accertando la violazione degli obblighi internazionali assunti con la ratifica della Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità del 2006

Ora il nostro Paese deve adeguarsi e adottare una normativa garantista e tutelante. Tra i punti più importanti per i promotori del Pride:

  • l’istituzione di un reddito di assistenza familiare complementare alle pensioni di invalidità e di accompagnamento;
  • la previsione di pensionamenti anticipati;
  • una maggiore flessibilità nei permessi (anche oltre i limiti della legge 104/1992);
  • la valorizzazione dello smart working e la promozione di spazi di co-working con aree di assistenza per le persone in necessità (con una logica analoga agli asili nido presso le scuole con ragazze madri);
  • l’aumento del monte ore per l’assistenza domiciliare integrata

Inoltre, è stata chiesta l’applicazione uniforme sul territorio nazionale della legge 112/2016 (conosciuta anche come legge del “dopo di noi”), per il superamento delle discriminazioni legate all’abitazione singola e indipendente rispetto alla sola previsione di co-housing di alcune regioni e interventi integrati per alleggerire il carico di cura dei cari, sostenendo l’accompagnamento a uno spazio terzo che dia respiro a relazioni molto spesso simbiotiche e di reciproca dipendenza nella coppia accudito-accudente.

La mancanza di consapevolezza

Non è soltanto una rampa a rendere accessibili luoghi e contenuti della cultura. Non sono soltanto omaggi e riduzioni sui biglietti a rendere accessibili gli spettacoli. Non sono soltanto le aree disabili a rendere fruibile da tutti un contenuto. Dai piccoli ai grandi eventi, mancano consapevolezza, confronto e progettazione.

Dal palco del Pride è stato rivendicato il diritto alla partecipazione alla vita sociale e culturale. Esiste una figura professionale con il compito di prevedere e provvedere a tutte le esigenze strutturali per far sì che una persona partecipi a un evento: il Disability Manager.

Le associazioni coinvolte hanno chiesto al mondo della cultura e dello spettacolo a tutti i livelli di prevedere nei loro gruppi di lavoro questa figura, di attivare corsi di formazione per operatori e volontari, di aprire i palchi a spettacoli ideati e messi in scena da persone con disabilità, di semplificare l’acquisto dei biglietti, di mediare tra le norme di sicurezza e il bisogno di poter godere di uno spettacolo come tutti.

Per concretizzare il diritto alla partecipazione culturale serve rendere accessibili i luoghi di cultura e i palchi sia al pubblico che ai performer

Questo vale anche quando le persone con disabilità sono gli artisti, spesso costrette a salire su palchi poco accessibili, anche all’interno di strutture recentemente ristrutturate. “Vogliamo scardinare la mentalità e i pregiudizi che vivono le persone con disabilità solo come soggetti da studiare e da curare, chiusi in casa e senza interessi – si legge nel Manifesto del Pride –. Vogliamo che gli artisti con disabilità possano essere riconosciuti come protagonisti delle arti performative, che possano esibirsi su qualunque palco insieme ad artisti senza disabilità e che possano intraprendere delle carriere professionali come lavoratori dello spettacolo. Chiediamo di rendere i teatri, ma anche gli edifici storici e culturali, accessibili al pubblico e ai performer, attuando le opere di adeguamento necessarie, anche se l’edificio non è oggetto di ristrutturazione”.

L’accessibilità digitale

Con questo termine si intende la capacità di un sito web o di un’applicazione di essere fruiti efficacemente da utenti diversi in differenti contesti. Rendere un sito web accessibile significa permettere l’accesso all’informazione contenuta nel sito anche a persone con disabilità fisiche di diverso tipo e a chi dispone di strumenti hardware e software limitati.

Le Web Content Accessibility Guidelines (Wcag) 2.0 contengono un’ampia gamma di recommendation studiate per rendere i contenuti del Web maggiormente accessibili. Seguendo queste linee guida è possibile creare contenuti accessibili alla più ampia gamma di persone con disabilità, tra cui la cecità e l’ipovisione, la sordità e l’ipoacusia, limitazioni cognitive e dell’apprendimento, ridotte capacità di movimento, disabilità della parola, fotosensibilità e combinazioni di queste.

Nonostante questo, la maggior parte dei siti web della pubblica amministrazione nazionale risulta completamente o parzialmente inaccessibile a moltissimi utenti.

Chiediamo un adeguamento a questi criteri da parte di siti delle Pubbliche Amministrazioni, per permettere ai cittadini di informarsi adeguatamente e di poter eseguire prenotazioni e altri servizi annessi – ha sottolineato Sara Lanzone, del Coordinamento Torino Disability Pride –. Chiediamo che i siti web e le applicazioni di aziende private vengano rese accessibili per clienti e utenti con disabilità. Infine, chiediamo un’applicazione più stringente della legge 4/2004, conosciuta anche come Legge Stanca, da parte degli organi di supervisione preposti. Nonostante abbia più di 20 anni, infatti, questa non viene rispettata da buona parte dei soggetti coinvolti”.

La legge contiene una serie di disposizioni per favorire l’accesso delle persone con disabilità agli strumenti informatici.

Accessiway, uno degli sponsor del Pride, si occupa proprio di accessibilità digitale: “Sostenere eventi come questi è una priorità per la nostra azienda – ha dichiarato il Ceo di AccessiWay Edoardo Arnello – mettere al centro la persona, indipendentemente dalla propria condizione, fa parte della nostra mission. Noi ci occupiamo di accessibilità online, e come il Disability Pride vogliamo concorrere ad abbattere tutte le barriere che impediscono alle persone con disabilità di fruire di ogni aspetto della vita quotidiana: il web è uno questi”.

La sfera sessuale e affettiva

Quando si parla di affettività e sessualità, le persone con disabilità scompaiono: “Si tende a vedere sessualità e affettività come qualcosa che non incontrerà mai la vita di una persona con disabilità – ha affermato Mara La Verde, consigliera dell’Unione italiana ciechi e ipovedenti di Torino –. Oggi vogliamo ribadire che anche noi abbiamo la capacità e il diritto di amare e anche di rappresentare le varie sfumature che esistono all’interno dell’amore”.

Spesso, infatti, quando si cerca di affrontare l’argomento si cade nello stereotipo per cui la disabilità è un deterrente troppo forte per permettere l’instaurazione di legami affettivi. La proposta degli organizzatori del Pride è di organizzare incontri e progetti di divulgazione per abbattere i preconcetti che impediscono alle persone con disabilità di poter esplorare liberamente le sfumature dell’affettività e della sessualità.

Identità di genere e orientamento sessuale sono solo la punta di un iceberg enorme di discriminazioni che affliggono le persone disabili che ad oggi non sono solo sottorappresentate, ma spesso anche emarginate dalla società che impedisce loro di integrarsi appieno con gli altri.

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Michela Perrone
Giornalista pubblicista