Dispositivi medici e innovazione: come definire il valore per il SSN?

Per la sanità pubblica, l’accesso all’innovazione è un tema delicato, in particolare per i dispositivi medici e nelle procedure di gara. Ne parliamo con Erminia Caccese, Adriano Cristinziano, Paolo De Zen, Pietro Leone, Alessandro Roman, Andrea Sabbadini, Claudio Amoroso, Roberto Bonatti e Pierluigi Stefano.

Per la sanità pubblica, l’accesso all’innovazione è un tema cruciale e delicato, e non solo in Italia. Lo sviluppo di nuove tecnologie e farmaci, spesso molto costosi, può rappresentare una svolta davvero significativa nella cura dei pazienti. Questo però genera una pressione sempre crescente sul Servizio sanitario nazionale in termini di sostenibilità e di garanzia di accesso uniforme alle cure, nelle diverse strutture e Regioni. Inoltre il divario tra sanità pubblica ed enti privati rischia di ampliarsi, penalizzando i centri di eccellenza pubblici per le possibili difficoltà di accesso all’innovazione dovute a ragioni di minore disponibilità economica e maggiore complessità delle procedure di acquisto per le strutture della PA rispetto ai privati.

Quali soluzioni adottare per valorizzare l’innovazione nella sanità pubblica, in particolare nell’ambito dei dispositivi medici e nelle procedure di gara?

Quali soluzioni si possono adottare per valorizzare l’innovazione nella sanità pubblica, in particolare nell’ambito dei dispositivi medici e in relazione alle procedure di gara? Questo tema è stato al centro di una serie di incontri che hanno visto coinvolti diversi attori della sanità pubblica, per la condivisione delle reciproche esigenze, difficoltà e soluzioni. Protagonisti delle tavole rotonde, a carattere multidisciplinare, sono stati i seguenti esperti: Erminia Caccese (Dirigente farmacista, UOC Attività farmaceutiche, ESTAR Toscana), Adriano Cristinziano (Direttore Farmacia ospedaliera Delli Colli Monaldi, Napoli), Paolo De Zen (UOC CRAV – Azienda Zero, Padova), Pietro Leone (Dirigente Direzione Centrale Acquisti, Regione Lazio), Alessandro Roman (CORIS – Consorzio per la Ricerca Sanitaria, Padova), Andrea Sabbadini (Direttore Direzione Regionale Centrale Acquisti, Regione Lazio), con la moderazione di Claudio Amoroso (Direttivo Fare – Federazione delle Associazioni Nazionali degli Economi e dei Provveditori), Roberto Bonatti (Studio Legale Russo Valentini, Bologna) e Pierluigi Stefano (Direttore Cardiochirurgia Azienda Ospedaliero Universitaria Careggi, Firenze).

 

Dalla discussione è emerso innanzitutto il forte interesse dei partecipanti verso i concetti di Value based healthcare e Value based procurement come possibili soluzioni per incorporare nella sanità pubblica il valore dell’innovazione anche nel processo di acquisizione di beni e servizi. Condivise rimangono però anche la difficoltà e alcune resistenze nella conseguente applicazione pratica.

Innovazione nel public procurement: come valorizzare la qualità?

“L’innovazione nel public procurement è già presente nella Strategia Europa 2020, per favorire una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva. E l’evoluzione del pensiero in tema di innovazione e di acquisti pubblici è evidente nella normativa europea, che già con la direttiva 2014/24 ha introdotto, ad esempio, una procedura ad hoc, il partenariato per l’innovazione” – ha ricordato Amoroso.

Ma che cosa si deve intendere per “innovazione”? Per il Codice dei contratti è definita come «l’attuazione di un prodotto, servizio o processo nuovo o che ha subito significativi miglioramenti tra cui quelli relativi ai processi di produzione, di edificazione o di costruzione o quelli che riguardano un nuovo metodo di commercializzazione o organizzativo nelle prassi commerciali, nell’organizzazione del posto di lavoro o nelle relazioni esterne».

Comunemente si ritiene che una tecnologia sia innovativa se è in grado di migliorare, rispetto all’esistente, l’efficacia e la sicurezza della cura di una determinata malattia, dove nella valutazione dell’efficacia va considerata anche la qualità della vita del paziente. Esiste però un concetto più ampio di innovazione che fa riferimento ad altre dimensioni, tra le quali, ad esempio, il livello di accettabilità.

Riprende Amoroso: “Occorre tradurre il concetto di qualità, espressione adottata dal Codice degli appalti, in quello di valore e declinare il valore sottostante ad ogni tecnologia in criteri esplicitati in gara. Questi criteri rappresentano il value framework che permette di allineare la fase di HTA alla successiva fase di acquisto”.

Occorre tradurre il concetto di qualità in quello di valore e declinare il valore delle tecnologie in criteri esplicitati in gara

Sia in ambito clinico sia in ambito amministrativo, per la PA i tempi sembrano ormai maturi per spostare il focus sulle attività che generano risultati attraverso la misurazione del rapporto fra l’organizzazione di un certo percorso di cura, i costi sostenuti e gli esiti. In questo senso, la sanità che si fonda sul valore deve essere supportata da soluzioni innovative di acquisto.

Dalle esperienze dei partecipanti è apparso che il Value Based Healthcare & Procurement incontra difficoltà nella sua implementazione perché, tra l’altro, necessita di forti competenze gestionali e tecnologiche e mette in discussione pratiche consolidate nel tempo.

Nonostante ciò, c’è un forte interesse verso i capitolati dedicati all’innovazione, per favorire un accesso più rapido all’innovazione per la sanità pubblica e la ricerca, con l’obiettivo finale di migliorare la gestione del paziente.

Strumenti gestionali avanzati applicabili nelle procedure sanitarie

Ma quali sono gli strumenti normativi attualmente a disposizione e che cosa consentono di fare?

Risponde l’avvocato Bonatti: “Nella fase di preparazione dei capitolati, la PA deve innanzitutto chiedersi che cosa vuole comprare: un prodotto, un servizio o un risultato? Per l’acquisto di un prodotto, è sufficiente una gara tradizionale, con la PA che determina quali sono le caratteristiche necessarie, e lo spazio per l’innovatività è ridotto al minimo. Per comprare un servizio, la PA deve invece essere disposta a inserire nel processo di acquisto non solo il prodotto ma un insieme di prestazioni collegate al prodotto ed essere in grado di valutare le caratteristiche tecniche non solo intrinseche ma anche estrinseche, cioè come il prodotto impatta sul servizio e sulla procedura terapeutica. Per comprare un risultato, la PA deve essere consapevole della necessità di sensibilizzare la parte fornitrice affinché fornisca non solo un prodotto con le caratteristiche adeguate ma anche che sia disposta ad assumersi un rischio nella gestione del paziente, rischio che deve essere tradotto in norme relative del capitolato di gara”.

Nella fase di preparazione dei capitolati, la PA deve innanzitutto chiedersi se vuole comprare un prodotto, un servizio o un risultato

In concreto, in base al diverso grado di interazione tra PA e imprese private che si vuole ottenere, è possibile fare ricorso ad almeno quattro procedure d’acquisto differenti:

  • la consultazione preliminare di mercato; la procedura più semplice e tradizionale, rappresenta una buona prassi in tutti gli ambiti e vale per i prodotti innovativi e non. Deve essere esaustiva e idonea a fornire indicazioni non solo sul piano delle caratteristiche tecniche, ma anche sullo stato del mercato, per permettere alla PA di avere chiara la situazione al momento dell’attivazione della procedura;
  • il capitolato tradizionale con elementi di innovatività, ad esempio sotto forma di definizione di criteri di valutazione delle pubblicazioni scientifiche a supporto dei device innovativi;
  • il dialogo competitivo o la procedura competitiva con negoziazione; a fronte di un nucleo iniziale di prestazioni, queste procedure consentono di arricchirne il contenuto con elementi ulteriori non previsti nel capitolato. Il privato non offre solo una miglioria rispetto alla richiesta della PA, ma partecipa alla formazione del contenuto della prestazione; questi strumenti, ancora poco utilizzati, potrebbero presentare interessanti vantaggi nel caso dei dispositivi medici ad alta innovazione o ad alta tecnologia;
  • il partenariato pubblico privato (PPP); anche questo strumento è utilizzato pochissimo e soprattutto per appalti di lavori ma potrebbe essere utile anche nelle forniture di DM innovativi perché il privato può essere chiamato ad assicurare un risultato in termini terapeutici di miglioramento dell’offerta sanitaria al paziente.

Ricorda ancora l’avvocato Bonatti: “Esistono già alcuni casi sviluppati sia in Italia sia all’estero in cui il PPP ha funzionato e ha migliorato la modalità di uso di un DM innovativo anche perché il privato non ha interesse solo a vendere il DM, ma anche a farlo conoscere (l’innovatività si traduce anche in questa esigenza), e di conseguenza la PA, che può conoscere ancora poco il DM innovativo, riesce a trarre il massimo risultato per la salute dei pazienti”.

 

Sul tema delle consultazioni di mercato, il dottor De Zen sottolinea un aspetto interessante, emerso soprattutto a seguito della situazione pandemica da Covid-19: “Questo strumento può essere molto utile non tanto come mero adempimento da eseguire, ma come vero e proprio momento di confronto con gli operatori economici, da replicare anche a distanza di tempo. Come è successo con alcune consultazioni interrotte dalla pandemia, che sono riprese mediante ricezione di osservazioni e successivamente in presenza, dopo qualche tempo. È un processo che si allunga nei tempi, ma nei casi di prodotti innovativi, dove siamo chiamati anche ad essere innovatori perché di consolidato non c’è molto, potrebbe essere vantaggioso tornare a confrontarsi periodicamente con gli operatori economici man mano che si intravedono nuove soluzioni possibili”.

Per l’accesso all’innovazione il tempo è un fattore fondamentale

Chiarissime le parole del professor Stefano sull’importanza di un accesso rapido all’innovazione per le strutture pubbliche che fanno ricerca: “Le procedure di gara e di acquisto dei DM prevedono tempistiche molto lunghe, incompatibili con la velocità dello sviluppo di alcune branche ad elevatissima evoluzione tecnologica, come ad esempio la cardiochirurgia o la chirurgia interventistica. Qualsiasi capitolato, anche il più moderno e aggiornato, redatto nel 2021, nel 2024 risulta superato”.

Le procedure di gara e di acquisto dei DM prevedono tempi incompatibili con la velocità di sviluppo di alcune aree ad elevatissima evoluzione tecnologica

E anche per l’amministrazione pubblica il fattore tempo è cruciale. Lo ribadisce il dottor Leone: “L’esigenza di un maggiore e più rapido accesso all’innovazione da parte della sanità pubblica deve essere la leva per sviluppare un cambiamento sano, rappresentando nelle giuste sedi le modifiche che potrebbero rendere nuovamente competitivo anche l’ambito pubblico attraverso processi di approvvigionamento più snelli. Esistono già delle proposte per semplificare il procedimento di acquisto che, anche se non risolutive, potrebbero semplificare molto il processo di approvvigionamento. Ad esempio, potrebbe essere utile introdurre la selezione a monte dei fornitori per verificare, a livello centrale e una volta per tutte, se un operatore economico è compliante o meno ad una procedura di gara con la PA. Grazie alle modalità telematiche ormai ampiamente utilizzate, questa verifica potrebbe essere molto semplice da attuare e limiterebbe la discrezionalità delle singole centrali di committenza e anche il ricorso al contenzioso”.

 

Un altro problema molto sentito sia dalla componente clinica, rappresentata dal professor Stefano, sia da quella amministrativa, e in particolare da Caccese e Leone, riguarda i limiti molto restrittivi in tema di conflitto di interesse per la partecipazione dei clinici alla stesura dei capitolati di gara: una norma comprensibile per certi versi ma che rappresenta un ostacolo forte, anche in relazione alle tempistiche di gara, quando non consente alle figure apicali delle strutture di ricerca pubblica, che sono i maggiori conoscitori dei prodotti che si devono aggiudicare, di dare il loro apporto per definire concretamente che cosa acquistare e quali vantaggi possono comportare i prodotti innovativi. Una possibile soluzione, delineata dall’avvocato Bonatti, potrebbe essere quella di coinvolgere gli esperti nella fase di indagine di mercato, che non è finalizzata alla gara ma ad acquisire le informazioni utili alla gara, prima che sussista una procedura vera e propria.

Esperienze innovative di procurement: luci e ombre

Come anticipato, alcune esperienze di soluzioni innovative di acquisto sono già state condotte anche in Italia. È il caso, ad esempio, di Estar Toscana che ha realizzato due gare per l’acquisto di DM con approccio value-based procurement, come racconta la dottoressa Caccese: “L’obiettivo era quello di costruire una procedura di gara innovativa per valutare non solo la qualità intrinseca del DM (caratteristiche costruttive) ma anche il beneficio clinico che il DM produce, mediante l’incorporazione degli end-point nel capitolato di gara. In altre parole, ci siamo posti come obiettivo la valorizzazione del beneficio clinico che richiede a monte una solida revisione della letteratura riguardante l’efficacia. Per realizzare il suddetto obiettivo è stato utilizzato il metodo del Net Monetary Benefit (NMB) applicato ai capitolati di gara secondo il Nuovo Codice degli Appalti (D. L.vo 50/2016). Tale metodo permette di calcolare il beneficio monetario netto del DM incorporando nel calcolo tre componenti: il beneficio clinico degli esiti espresso in QALYs (quality-adjusted life years), il prezzo del DM, i costi degli insuccessi correlati al trattamento”.

L’esigenza di più rapido accesso all’innovazione per la sanità pubblica deve essere la leva per sviluppare un cambiamento sano e rendere nuovamente competitivo l’ambito pubblico

Non sono mancate criticità, come la messa a punto di un calcolo complesso come il NMB, che hanno indotto alcune resistenze sia nella PA sia negli operatori economici (nella prima gara pilota, su 2 lotti di reti biologiche, un lotto è andato deserto), ma sono stati introdotti elementi rilevanti di innovatività utili anche come spunto per le altre realtà.

In particolare è stata prevista la valutazione degli outcomes in due fasi: nella fase di stesura del capitolato tecnico attraverso la scelta degli end-point da valutare con il NMB basata anche su documenti evidenziali di indirizzo a supporto della gara; e nella fase di monitoraggio a seguito dell’esecuzione del contratto tramite la misurazione degli esiti clinici nel mondo reale con registri ad hoc.

 

Su questo secondo aspetto, in generale, si è concentrato anche il dottor De Zen, sottolineando alcune possibili criticità: “Il processo di analisi e verifica degli esiti è il punto cruciale. Un quesito fondamentale è: come interagire con il fornitore nel momento in cui i risultati non sono quelli attesi o prospettati in fase di valutazione e aggiudicazione? Il tema è delicato perché il mancato raggiungimento dei risultati prefissati può dipendere dalla caratteristica del device ma anche da fattori esterni (es. performance clinica). Quali strumenti potrebbero essere individuati per chiarire a chi imputare il mancato raggiungimento dei risultati e come? Questo aspetto potrebbe rappresentare un ulteriore motivo di contenzioso”.

Se la remunerazione dell’operatore economico si basa sul valore, è necessario misurare quel valore con dati attendibili e affidabili, e questo rappresenta una criticità

Un tema delicato, come confermano le parole del dottor Sabbadini: “Nel momento in cui si remunera un soggetto in base al valore, dobbiamo essere in grado di valutare in maniera appropriata e corretta come viene misurato quel valore e quindi abbiamo bisogno di dati attendibili e affidabili. E ad oggi questo rappresenta ancora una grande difficoltà. Nel caso in cui si disponesse una procedura di gara che commisura la remunerazione di un intervento di installazione di un device di natura innovativa orientando i criteri di misurazione con alcuni parametri di outcome come l’aspettativa o la qualità di vita, questo inevitabilmente implicherebbe lo sviluppo di un set di dati che devono essere correlati alla lettura della scheda di dimissione ospedaliera o alla qualità di vita del paziente, e questi dati oggi non sono acquisibili in maniera sistematica”.

Le peculiarità dei device innovativi

Che nell’ambito dei dispositivi medici sia necessario operare una distinzione, anche a livello di capitolati ed acquisti, tra la reale innovazione e la semplice novità è apparsa un’esigenza condivisa. Le riflessioni in questo senso si rifanno a quanto previsto nel settore del farmaco, dove l’innovatività è regolata dalla Legge 232/2016 e dalla determina AIFA 519/2017, che definiscono i criteri per la classificazione dei medicinali innovativi mediante un framework che prevede un approccio multidimensionale basato su bisogno terapeutico, valore terapeutico aggiunto e qualità delle prove. Questo approccio, e la relativa definizione a livello unico nazionale, potrebbe essere applicato con favore anche nel campo dei dispositivi medici?

Una prima risposta affermativa è giunta dal dottor Cristinziano: “Da farmacista penso che si potrebbe prendere spunto dai criteri per il riconoscimento dell’innovatività messi a punto da AIFA per i medicinali per dare un accesso più rapido ai dispositivi realmente innovativi. Sicuramente, anche un prodotto nuovo presenta dei vantaggi rispetto all’esistente ma non copre un bisogno insoddisfatto, per cui l’urgenza di averlo subito disponibile viene a mancare. In caso di reale innovazione, la scelta non dovrebbe essere lasciata a livello locale o regionale ma sarebbe necessario coinvolgere AIFA, e anche il nuovo regolamento UE sui DM ci può venire in soccorso in quanto introduce un iter di sperimentazione e monitoraggio dei DM molto più in linea con quello dei farmaci”.

Distinguere i DM di uso consolidato da quelli innovativi può consentire la definizione di procedure di gara diversificate in base alle caratteristiche di innovatività

La linea delineata da AIFA potrebbe quindi prevedere, ad esempio, una valutazione HTA del dispositivo in studio, il giudizio sul grado di innovatività e una successiva contrattazione a livello nazionale, in base all’epidemiologia, all’impatto del device e al DRG (considerando, eventualmente, anche la necessità di aggiornare la tariffa del DRG).

Anche la dottoressa Caccese sottolinea l’importanza di poter distinguere tra DM di uso già consolidato e DM innovativi, con procedure di gara diversificate in base alle caratteristiche di innovatività.

Appare un’esigenza condivisa quella di prevedere una sorta di capitolato “speciale” per fornire un canale preferenziale all’innovazione, anche se permangono forti dubbi sui vincoli della normativa attuale e sulla necessità di introdurre cospicue modifiche. L’approccio ad una soluzione di questo genere non è semplice da studiare, ma potrebbe rappresentare il primo passo di un cammino complesso. Ad esempio, suggeriscono gli esperti, si potrebbe partire dalla dimostrazione di un bisogno clinico insoddisfatto che giustifichi, anche ai sensi del nuovo regolamento UE 2017/745, il ricorso ad un capitolato “speciale” per superare le difficoltà correlate alla recente immissione in commercio o al ristretto numero di pazienti per i quali è indicato il DM.

La misurazione degli esiti: come valutare la letteratura scientifica?

Grande interesse ha suscitato la discussione in merito ai criteri da utilizzare per individuare e valorizzare gli esiti da monitorare in una procedura di gara basata sul valore e sugli outcome. Anche in questo caso, si impone una distinzione tra device maturi e device di recente immissione in commercio: la valutazione degli esiti si basa, infatti, sulla letteratura scientifica a supporto di un device ma, nel caso di device innovativi e appena immessi sul mercato, i dati a disposizione potrebbero essere limitati. Come superare questo ostacolo? Afferma Amoroso: “In questi casi, in sede di gara, può essere importante puntare sui risultati, introducendo alcune forme di outcome based agreement”.

L’esigenza delle Centrali di acquisto è di individuare un punteggio oggettivo e riconosciuto per la letteratura, facilmente applicabile e che qualifichi davvero l’offerta

In generale, i criteri di valutazione della letteratura scientifica costituiscono ancora un punto di criticità, che spesso vede le Centrali di acquisto alla ricerca di indicazioni standard di base, per orientarsi in un ambito molto vasto e selezionare le fonti più appropriate alle quali fare riferimento per definire un punteggio oggettivo e riconosciuto, diversificato per categoria merceologica ma facilmente applicabile dalle Commissioni di gara e che qualifichi l’offerta, per evitare che tutti i prodotti in gara ottengano lo stesso punteggio, massimo o minimo, senza possibilità di una concreta differenziazione dell’innovazione.

Ricorda quindi Amoroso: “Consip, nelle nuove procedure di acquisto, ha introdotto il ‘valore totale di acquisto’ nell’intero ciclo di vita introducendo elementi innovativi di valutazione come l’efficacia clinica e l’impatto economico derivante dall’utilizzo dei DM tecnologicamente avanzati. Il fatto che Consip abbia iniziato ad utilizzare value based procurement e procedure innovative di acquisto per valorizzare l’innovazione fa ben sperare nel fatto che anche le altre centrali di acquisto regionali si adegueranno, così come è successo per il sistema dinamico di acquisizione e per l’accordo quadro. Può essere una sorta di ‘best practice’ da riprendere in diversi contesti e Regioni”.

Il riferimento è, in particolare, a due gare indette da Consip, una sulle suture chirurgiche e una per la fornitura di valvole aortiche impiantabili per via trans catetere (TAVI). Gli esperti hanno ritenuto molto interessante soprattutto la procedura di acquisto per le TAVI, condotta tramite accordo quadro, che specificava in modo molto preciso gli elementi di valutazione degli studi presentati:

  • Impact Factor dello studio riferito al momento della presentazione dell’offerta e verificato dalla commissione giudicatrice tramite il sito www.scijournal.org
  • Range dello STS score dei pazienti arruolati (modello utilizzato per calcolare il rischio di mortalità operatoria e morbilità dopo un intervento cardiaco)
  • Il numero di pazienti arruolati e il numero di pazienti alla fine dello studio
  • Il tipo di studio secondo la piramide della Evidence Based Medicine (meta analisi, studi randomizzati e controllati, studi di coorte, serie di casi…)
  • Il valore dell’outcome oggetto del criterio.

Inoltre, secondo la procedura, risultavano ammessi alla valutazione solo gli articoli in versione integrale (no solo abstract), pubblicati su rivista peer reviewed e indicizzata con impact factor > 1,0. Non erano considerati idonei “documenti a comprova” le brochure, i depliant, il materiale commerciale/pubblicitario, studi diversi da quelli sopra descritti o documentazione meramente illustrativa.

Anche la questione della lingua riveste una sua rilevanza, come confermato dai partecipanti: nella gara Consip sulle TAVI era specificato che la documentazione da presentarsi deve essere in italiano, con l’eccezione delle eventuali certificazioni rilasciate da enti notificati accreditati e della letteratura scientifica, da presentarsi anche in lingua inglese.

 

Un’altra specifica importante della gara Consip sulle TAVI riguarda il caso in cui un concorrente offra un dispositivo che rappresenta una diretta evoluzione tecnologica di un dispositivo precursore, la cui efficacia terapeutica è stata precedentemente validata mediante letteratura scientifica: la procedura indica che “è possibile inviare la letteratura scientifica comprovante l’efficacia terapeutica del dispositivo precursore, avente la stessa piattaforma tecnologica”.

La valutazione degli indici bibliografici e della letteratura è la frontiera su cui si sta muovendo il procurement innovativo

La valutazione degli indici bibliografici e della letteratura è la frontiera su cui si sta muovendo questo modo di fare gare innovative. In questo senso, interessante è anche l’esperienza di Coris Veneto, riportata da Roman: “Dal maggio 2018 Coris ha svolto attività di value-based procurement con un progetto pilota sulla valutazione della procedura TAVI che ha coinvolto, in un tavolo regionale, le unità di cardiochirurgia della Regione Veneto per individuare, attraverso un’analisi della letteratura internazionale, le variabili cliniche di outcome maggiormente descrittive dello stato di salute, sia in fase pre-procedurale sia in follow-up. Il risultato è stata la strutturazione di un form di raccolta dati contenente tutte le variabili di interesse e la creazione di un database informatico, in collaborazione con il consorzio Arsenal, da collegare al fascicolo sanitario elettronico e ai flussi amministrativi.”

Un progetto ancora in corso di implementazione, che ha l’obiettivo di analizzare l’intero percorso terapeutico e la storia sanitaria del paziente in maniera completa e accurata. L’interoperabilità dei sistemi rappresenta però ancora un ostacolo, come conferma Roman: “Far interagire database amministrativi e clinici nel rispetto della privacy e con maggiore uniformità a livello regionale è la difficoltà maggiore. Ma è anche l’obiettivo per poter contare su valutazioni di esito e follow-up più precise”.

Conclusioni

Dagli incontri è emersa la necessità di un importante cambio di paradigma che consenta di considerare anche il procurement in un’ottica di valore, soprattutto nel campo dei dispositivi medici che, per sua natura, rappresenta un ambito tecnologico in rapidissimo sviluppo. Per fare ciò, la gara non deve essere più considerata solo come un adempimento burocratico ma come un risultato di sistema che riguarda sia la parte amministrativa sia la parte clinica, con ricadute positive sul paziente.

Nonostante alcune criticità, i tempi sembrano maturi per la ricerca di nuove soluzioni per l’acquisto di innovazione

Numerose sono state le difficoltà riportate, dovute sia alla normativa sia alle resistenze dei soggetti coinvolti, non solo dal lato della PA ma anche dal lato degli operatori economici e delle aziende private. Il momento sembra però maturo per la ricerca di nuove soluzioni per l’acquisto di innovazione: è un clima di grande sperimentazione e si stanno cercando informazioni ed esperienze positive da mettere alla prova.

Fondamentale sarà la cooperazione tra tutti gli attori del sistema: ognuno, nei propri tavoli e utilizzando la propria rappresentanza, è chiamato a portare avanti l’esigenza di un accesso più rapido e uniforme all’innovazione nella sanità pubblica.

Il rinnovato slancio verso l’innovatività potrà inoltre essere favorito dall’applicazione delle misure del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), di cui sarà interessante seguire lo sviluppo nei prossimi mesi.

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Rossella Iannone
Direttrice responsabile TrendSanità