Donne che curano le donne. La riforma della sanità secondo la Fondazione Onda

“Criticità emergenti nell’era post Covid. Nuove opportunità della medicina territoriale” è il titolo del nuovo Libro bianco della Fondazione Onda. Le donne hanno subito, rispetto agli uomini, l’impatto maggiore della pandemia da Covid-19, sia in termini di salute sia sul piano sociale

La donna al centro dell’edizione 2022 del Libro Bianco della Fondazione Onda (Osservatorio nazionale sulla salute della donna e di genere), con l’obiettivo di evidenziare come sia proprio la donna uno dei perni attorno al quale ruota la sanità italiana. Perché le donne sono protagoniste come professioniste della salute, ma anche come pazienti e come caregiver.

“Donne che curano le donne”, come ha sottolineato la presidente di Onda Francesca Merzagora, che devono essere al centro della riforma che sta investendo la sanità territoriale. “Anche con la collaborazione delle aziende farmaceutiche. L’imperativo è quello di indirizzare la ricerca verso le differenze di genere”, ha aggiunto la senatrice Maria Cristina Cantù, vicepresidente Commissione Affari Sociali, Sanità, Lavoro pubblico e privato, Previdenza sociale, rivolgendosi a Marco Cattani, presidente di Farmindustria partner di Onda per la realizzazione del Libro Bianco.

Un appello che ha trovato pieno accoglimento dal rappresentante delle aziende farmaceutiche operanti in Italia, che ha spiegato come la medicina di genere sia già una realtà, citando l’esempio delle ricerche sull’Hpv che colpisce soprattutto le donne. Cattani ha poi voluto ricordare come le imprese del farmaco italiane siano “quelle con la diversity di genere più elevata” giacché “il 43% degli addetti delle aziende produttrici è donna con punte dell’80-90% se si guarda ai dipendenti che lavorano nei reparti della ricerca”.

Valorizzare il ruolo della donna in sanità

A parte le isole felici, resta però molto da fare perché il ruolo della donna in sanità sia riconosciuto e valorizzato come merita. E sono i numeri a permettere di capire quale sia la reale condizione della donna che lavora o che ha a che fare con la sanità italiana. Dati che ha messo in luce la vicepresidente del Senato Maria Domenica Castellone: “Il 70% di chi lavora nella sanità è donna, ma solo una minima percentuale di esse occupa posizioni dirigenziali. Senza contare che come Paese siamo molto indietro anche per quanto riguarda l’incentivazione delle carriere scientifiche femminili. Il nostro compito è quello di supportare bambine e ragazze perché non perdano l’entusiasmo nelle discipline Stem (Science, technology, engineering and mathematics)”.

Personale, prevenzione e nuove governance

Quanto alla riforma della sanità secondo la senatrice Castellone, i punti principali su cui si dovrà lavorare anche in virtù delle opportunità offerte dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) sono quattro.

  1. Investire di più sul personale. “Significa assumere figure socio-sanitarie. Oggi mancano all’appello circa 20mila Medici di medicina generale e 70mila infermieri. Numeri che nel tempo andranno aumentando a seguito dell’uscita dal mondo del lavoro di tanti professionisti” per raggiunti limiti di età.
  2. Puntare sulla prevenzione. “Screening precoci possono fare la differenza tra la vita e la morte, soprattutto per le donne. Favorire gli screening anche con il coinvolgimento delle farmacie permetterà di rendere gli orari di accesso a questi esami più compatibili con la vita lavorativa”.
  3. Occorrono poi nuove governance per la sanità. “Quella privata deve essere integrativa e non sostitutiva di quella pubblica. Nuova governance anche in campo farmaceutico nel solco del payment by result applicato alle CarT”.
  4. Infine una relazione nuova tra Stato e Regioni. “Il rapporto deve essere volto alla costruzione. Le leggi non possono essere applicate in modo diverso nelle regioni”, pena l’ampliamento del gap sanitario tra regioni di serie A e di serie B”.

Più che genere, personalizzazione

Parlare di medicina di genere significa parlare di medicina personalizzata

Personalizzazione e sostenibilità è invece l’interpretazione del concetto di medicina di genere offerto da Sanda Zampa, membro della Commissione Affari Sociali, Sanità, Lavoro pubblico e privato, Previdenza sociale. Che ha affermato: “Prioritaria è la presa in carico delle esigenze di salute specifiche di uomini e donne. Parlare di medicina di genere significa parlare di medicina personalizzata, per tutti, nell’ottica di una maggiore efficacia delle cure. E per fare tesoro delle troppo scarse risorse destinate a sanità e welfare”.

Zampa ha poi precisato anche la sua idea in tema di medicina territoriale, che vede nel Mmg “il fulcro del rapporto del cittadino con il Ssn”. Senza risparmiarsi anche riguardo alle Case di Comunità (Cdc): “Sono messe in discussione troppo spesso. Facciamole e poi giudichiamole. Credo possano essere davvero un luogo dove la medicina di genere possa rispondere alle esigenze delle donne. Così come potranno dare risposte anche a coloro che hanno a che fare con la salute mentale. Nelle Cdc può trovare spazio l’approccio olistico socio-sanitario necessario per affrontare queste problematiche”.

La sfida organizzativa

Siamo in una fase di passaggio epocale tra la new public management e la new public governance delle Case di comunità

Particolarmente interessante, in chiusura di evento, la lettura della riforma sanitaria e del ruolo della donna offerta da Angela Genova, sociologa dell’Università di Urbino Carlo Bo.

Ha spiegato l’esperta: “La riforma sanitaria nell’ottica di genere ha un duplice impatto. Lato professionisti, solo per dare alcuni dati, sappiamo che il 70% dei farmacisti è donna così come lo è l’80% degli psicologi. Lato utenti, oltre il 60% è donna over-65. Senza contare l’aspetto del ‘prendersi cura di’. Le donne italiane insieme alle rumene sono coloro che dedicano più tempo al caregiving in Europa”.

Ma perché la riforma sanitaria è un’opportunità per le donne? “Perché pone al centro la domiciliarità delle cure”, che dovrebbe rendere più gestibile sia il curare che l’essere curati che il prendersi cura. Ma attenzione, “la sfida principale è di tipo organizzativo, perché vanno costruite nuove relazioni tra professionisti. Siamo in una fase di passaggio epocale tra la new public management e la new public governance delle Case di comunità”.

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Carlo M. Buonamico
Giornalista professionista esperto di sanità, salute e sostenibilità