Come saranno le nuove gare per dispositivi medici e farmaci nel nuovo codice degli appalti?
L’attenzione di tutti i commentatori è giustamente concentrata sullo studio delle numerose novità che il nuovo codice contiene, rispetto a quello del 2016, pur attuando le medesime direttive europee del 2014: segno che effettivamente la gestione complessiva di un progetto di acquisto cambierà significativamente rispetto al passato. Pochi o nulli sono invece al momento i commenti specialistici, su come impatteranno le nuove norme in settori ben determinati e comunque strategici negli acquisti pubblici.
Uno di essi è certamente quello degli acquisti in sanità, di dispositivi medici e di farmaci, che rappresenta un settore di rilevanza strategica nell’ambito della spesa pubblica ed anche, più nello specifico, per la realizzazione degli obiettivi del PNRR.
Vediamo allora qualche scenario per questo tipo di gare.
Intanto sul criterio di aggiudicazione: rimane la possibilità di aggiudicare al prezzo più basso i servizi e le forniture con caratteristiche standardizzate o le cui condizioni sono definite dal mercato e tradizionalmente vengono ritenuti appartenere a questa categoria i farmaci. Sotto questo aspetto, però, recentemente Palazzo Spada ha chiarito che non tutte le gare farmaci possono essere aggiudicate secondo il criterio del prezzo più basso, dal momento che ciò è possibile a condizione che il confronto tra le caratteristiche tecniche dei due (o più) farmaci siano oggettivamente confrontabili senza ricorrere ad alcun tipo di discrezionalità (Cons. Stato, V, n. 7000/2020). Ciò che è stato escluso nel caso di farmaci posti in concorrenza sulla base del criterio dell’equivalenza terapeutica (Cons. Stato, III, n. 2797/2023). Ciò pone effettivamente le basi per l’obbligo di valutare le offerte con il criterio qualità-prezzo.
In questo senso, il principale ostacolo nelle gare farmaci svolte sotto il codice del 2016 è stato rappresentato dalla necessità che alla valutazione qualitativa venissero assegnati almeno il 70% dei punti totali per la valutazione delle offerte, relegando quindi il prezzo ad un ruolo secondario. Ciò che, almeno per i farmaci, appare oggettivamente comunque improbabile.
Spetta ora alle singole amministrazioni stabilire quanto pesa il prezzo e quanto la qualità
Perciò spetta ora alle singole amministrazioni stabilire quanto pesa il prezzo e quanto la qualità. Ci dovremo quindi attendere una rapida riapertura dei dossier di studi che avevano approfondito questa possibilità e gli scenari conseguenti, tanto dal lato del mercato quanto sul versante dell’acquirente pubblico, e che si erano bruscamente interrotti proprio per l’introduzione di questa soglia minima di valutazione qualitativa, non compatibile con il prodotto farmaceutico. Il tema principale sarà quindi non soltanto quanto peserà la qualità (magari anche soltanto pochi punti) ma soprattutto quali aspetti qualitativi valutare, in termini di caratteristiche intrinseche del prodotto, del suo “ciclo vita”, di servizi accessori o di risultati terapeutici.
Anzi, il nuovo codice conferma allo stesso tempo (con incremento della soglia minima a 140.000) l’obbligo di aggiudicare alla qualità-prezzo se la fornitura o il servizio abbiano notevole contenuto tecnologico o carattere innovativo. Se volessimo traslare questi concetti ai dispositivi medici, attrezzature, apparecchiature e dispositivi stessi di carattere innovativo e tecnologicamente avanzati non potranno essere aggiudicati al solo criterio del prezzo. Quando siano poche le imprese che fabbricano questi dispositivi si deve presumere che si tratti di prodotti innovativi, con obbligo di valorizzare il confronto qualitativo di soluzioni tecniche diverse adottate.
Quanto ai farmaci, la definizione di farmaco innovativo presenta caratteristiche peculiari, che non sempre possono essere assimilate al significato comune del termine “innovativo”: essi sono specificamente quelli (art. 10, comma 2, l. n. 189/2012) che possiedono tre elementi basilari (determina AIFA n. 1535/2017): bisogno terapeutico, valore terapeutico aggiunto e robustezza delle prove scientifiche. Nonostante questa normativa speciale, certamente tali caratteristiche – ed in particolare la seconda di esse – ben può far rientrare tali farmaci nel concetto di innovatività previsto dall’art. 108, comma 2, lett. c) del codice degli appalti.
Un secondo aspetto sembra specificamente destinato a mutare gli scenari nelle gare per l’acquisto di dispositivi medici. Il nuovo codice, ponendo fine ad una diatriba giurisprudenziale piuttosto articolata e non sempre lineare nelle soluzioni proposte, consente senza condizioni al Responsabile Unico del Procedimento (RUP) di prendere parte alla commissione di valutazione tecnica delle offerte. Ciò, sia chiaro, anche nelle gare aggiudicate al prezzo più basso, perché comunque si deve verificare la conformità tecnica del prodotto offerto alle caratteristiche richieste.
Nonostante la generale liberalizzazione, il RUP non potrà far parte della commissione tecnica se non abbia quelle “comprovate” competenze tecniche richieste da regolamenti interni all’Amministrazione stessa
L’art. 5 dell’allegato I.2. al codice prevede, però, che quando il RUP è membro della commissione tecnica e l’appalto riguarda forniture o servizi connotati da particolari caratteristiche tecniche, la stazione appaltante può richiedere specifiche comprovate competenze nel settore in questione. Tra l’elenco, non tassativo, degli esempi di questo tipo di appalti vi è proprio, al primo posto, la fornitura di dispositivi medici. Di conseguenza, nonostante la generale liberalizzazione, il RUP non potrà far parte della commissione tecnica se non abbia quelle “comprovate” competenze tecniche richieste da regolamenti interni all’Amministrazione stessa. Naturalmente, in questo tipo di appalti, se il RUP intende nominarsi membro della commissione dovrà attestare e comprovare il possesso delle competenze richieste nell’atto di nomina.
Benché nell’elenco non compaiano le gare per l’acquisto di farmaci, sembra che la tecnicità, la complessità normativa, scientifica e clinica di taluni prodotti farmaceutici faccia propendere per la stessa soluzione.
Un terzo aspetto riguarda infine le procedure per accordo quadro. Già nell’ultima parte della vigenza del codice del 2016 si era fatta avanti una certa interpretazione della funzione di queste procedure, nell’ambito dell’acquisto di farmaci e dispositivi medici, non più esclusivamente finalizzata alla formazione di una graduatoria da utilizzare nello stretto e rigido ordine di classifica, ma che invece consentisse al medico la scelta, tra i prodotti utilmente classificati, di quello più idoneo sotto il piano tecnico-terapeutico alla cura del paziente. Va ricordato, ad esempio, che già il T.A.R. per la Lombardia affermò, con riferimento ai dispositivi medici, che nell’ambito di un accordo quadro per la fornitura di apparecchi medici, è possibile derogare all’ordine fra imprese come risultante dalla classifica finale di gara per rispettare la prescrizione del medico e garantire così la continuità dell’assistenza a pazienti già in cura.
Queste indicazioni paiono ora fortemente rafforzate da una recente presa di posizione del Consiglio di Stato: secondo Palazzo Spada, è legittimo che l’Amministrazione assegni al medico prescrittore la possibilità di scegliere tra i prodotti inclusi nella graduatoria formatasi con una procedura per accordo quadro (in quel caso, secondo il criterio qualità-prezzo), prescrivendo quello ritenuto più idoneo al paziente in funzione delle specifiche esigenze cliniche e di usabilità.
Questa opportunità è confermata nel nuovo codice nella disciplina generale dell’accordo quadro (art. 59), che infatti pone come unica condizione che l’individuazione dell’operatore economico che effettuerà la prestazione avvenga “con decisione motivata in relazione alle specifiche esigenze dell’amministrazione”, esigenze in questo caso espresse dal medico prescrittore che impegna il SSN.
La soluzione offerta dal Consiglio di Stato è anche compatibile con la normativa speciale applicabile alle gare per l’acquisto di farmaci biologici e biosimilari, di cui all’art. 15, comma 11 quater, d.l. n. 95/12 e s.m.i., che infatti ammette, da un lato, che la graduatoria per accordo quadro sia formata non solo per prezzo, ma anche secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa; dall’altro, che i pazienti devono essere trattati con uno dei primi tre farmaci in graduatoria (lett. b). È vero che su questa specifica norma in passato la giurisprudenza ha avuto posizioni orientate a privilegiare le esigenze di risparmio, così affermando una generalizzata preferenza del farmaco a prezzo più basso.
Al contempo, il nuovo codice potrebbe rappresentare il terreno fertile su cui ritornare a valorizzare la qualità negli acquisti in sanità.