HIV problema di salute pubblica: dall’Istituto Superiore di Sanità lo sforzo congiunto di clinici, istituzioni e terzo settore per nuove proposte. Urgente riformare la Legge 135/90 su prevenzione, ricerca e sorveglianza
“Oggi abbiamo le seguenti priorità: far emergere il sommerso agevolando l’accesso ai test; costruire una rete di servizi multidisciplinari per un’assistenza di lungo periodo; una maggiore precisione nella rilevazione dei dati” sottolinea la Dott.ssa Barbara Suligoi, Centro Operativo AIDS, Dipartimento Malattie Infettive, ISS
Oggi l’infezione da HIV può considerarsi una malattia cronica. Le terapie antiretrovirali, infatti, se regolarmente assunte, rendono la viremia non più rilevabile nel sangue, come sintetizzato anche nell’evidenza scientifica U=U, Undetectable=Untransmittable, Non rilevabile=Non trasmissibile. Tuttavia, restano aperte ancora numerose questioni che rendono l’HIV una questione di Salute Pubblica a livello globale. Vi è poca informazione, soprattutto tra i giovani; l’accesso ai test è limitato; numerose sono le diagnosi tardive, spesso in età avanzata e con altre comorbidità. Serve dunque un maggiore impegno delle istituzioni e dei diversi specialisti.
LA NUOVA SINERGIA CONTRO L’HIV – La necessità di implementare uno sforzo per fronteggiare le nuove sfide poste dall’HIV è stata raccolta dall’Istituto Superiore di Sanità con il meeting “HIV Screening & Linkage to Care: a Public Health problem?”. L’iniziativa si tiene presso l’Aula Marotta dell’ISS, con il patrocinio del Ministero della Salute e dell’Istituto Superiore di Sanità, della Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali (SIMIT), della Società Italiana della medicina di emergenza-urgenza (SIMEU) e del Gruppo Italiano per la Stewardship Antimicrobica (GISA-APS), organizzata con il contributo non condizionante di Gilead Sciences. Con la moderazione del giornalista scientifico Daniel Della Seta, partecipano il Prof. Stefano Vella, Presidente Commissione Nazionale per la lotta contro l’Aids (CTS sezione L); Prof. Massimo Andreoni, Direttore Scientifico SIMIT; Dott.ssa Barbara Suligoi, Centro Operativo AIDS, Dipartimento Malattie Infettive, ISS; On. Mauro D’Attis, XII Commissione Affari Sociali, Camera dei Deputati; Prof. Francesco Saverio Mennini, Presidente SIHTA; Prof.ssa Anna Teresa Palamara, Direttore MIPI ISS; Prof.ssa Loreta Kondili, Responsabile Scientifico piattaforma PITER, Centro per la salute Globale ISS; Prof. Claudio Mastroianni, Presidente SIMIT; Prof. Fabio De Iaco, Presidente SIMEU; Prof. Francesco Menichetti, Presidente GISA-APS.
LO SCENARIO MONDIALE E NAZIONALE: I NUMERI E LE NUOVE SFIDE DELL’HIV – In Italia, l’ultimo report COA dell’ISS attesta nel 2020 1.303 nuove diagnosi, un numero che ha risentito dell’emergenza COVID-19, ma che segue un trend in costante diminuzione dal 2018. Tuttavia, il 60% dei soggetti diagnosticati vi giungono in una condizione di late presenter, cioè in una condizione di sistema immunitario già compromessa.
“Il numero delle persone HIV positive residenti in Italia aumenta ogni anno – sottolinea la dott.ssa Barbara Suligoi – Siamo passati da circa 70mila casi di persone con HIV nel 2000 a più del doppio oggi. Questo aumento avviene nonostante l’incidenza si riduca: il merito è delle nuove terapie, che prolungano l’aspettativa di vita delle persone HIV positive a 71 anni, non lontana da quella della popolazione generale. Affinché si raggiunga questo risultato, però, è necessaria una corretta e regolare assunzione della terapia antiretrovirale, oltre a una diagnosi precoce. Condizioni per le quali occorre maggiore impegno. Oggi abbiamo le seguenti priorità: anzitutto, è indispensabile far emergere il sommerso, visto che si stima che il 10% delle persone HIV positive ancora non ne sia consapevole; ciò significa che non accedono alle terapie e rischiano di trasmettere involontariamente il virus ad altre persone. Si deve pertanto agevolare l’accesso al test per accelerare l’avvio della terapia e interrompere la catena dei contagi. Il secondo punto riguarda la necessità di una rete di servizi multidisciplinari che offra un’assistenza di lungo periodo alle persone con HIV per i diversi problemi sanitari a cui possono andare incontro, specialmente avanzando con l’età. Infine, serve maggiore precisione nella rilevazione dei dati, un sistema di raccolta dei dati moderno e integrato tra HIV e AIDS, includendo anche la conoscenza di eventuali comorbidità al momento della diagnosi”.
L’HIV resta ancora un problema globale. “Si stima che le persone affette da HIV nel mondo siano circa 38 milioni – evidenzia il Prof. Stefano Vella – Si tratta di una pandemia ancora in corso e pertanto di un problema di salute globale. Un’eradicazione del virus dall’organismo o un vaccino preventivo sono ipotesi ancora molto lontane. I farmaci antiretrovirali rappresentano un progresso eccezionale, ma restano le difficoltà di penetrare nelle key population, i ritardi diagnostici, le complicazioni nell’accesso alla terapia, con alcuni Paesi che hanno sistemi sanitari ancora poco sviluppati. In un mondo globalizzato, come dimostrato dal Covid, la diffusione di un virus non si può arrestare ed è difficile da debellare”.
PRONTA UNA RETE DI SPECIALISTI – I servizi di Malattie Infettive hanno sviluppato una particolare sensibilità nei confronti del test HIV, ma non sempre ciò è accaduto anche in altre realtà specialistiche. Eppure, un accesso ai test anche in diversi contesti sarebbe suggerito dai dati di letteratura, che mostrano un’associazione fra la presenza di alcuni sintomi o di particolari patologie (malattie a trasmissione sessuale, co-infezione HCV/HBV, TBC, linfoadenopatie, sindrome simil-mononucleosica, patologia linfomatosa, HZV in giovane età, ecc.) e l’infezione da HIV. “Gli infettivologi stanno avviando diverse collaborazioni con altri specialisti che auspichiamo possano consolidarsi ulteriormente – spiega il Prof. Claudio Mastroianni – Bisogna creare diverse opportunità affinché si possano fare test per l’HIV anche a livello di setting diversi che possono scaturire da sinergie con altre società scientifiche. Una collaborazione particolarmente fruttuosa per incrementare gli screening può essere quella con gli specialisti di medicina d’urgenza, al fine di implementare i test nell’ambito del pronto soccorso, dove si possono identificare gli eventi sentinella come una linfadenopatia, l’Herpes Zoster, l’Epatite A, una polmonite interstiziale sospetta, altre malattie a trasmissione sessuale. Questi segnali possono far sospettare la presenza di HIV e favorire uno screening per anticipare le diagnosi”.
LA PROPOSTA DI AGGIORNAMENTO DELLA LEGGE 135/90 – L’impegno dei clinici e delle autorità sanitarie deve collocarsi entro un perimetro normativo adeguato. In questo senso è stato fatto il primo passo in Commissione Affari Sociali alla Camera dei Deputati con la legge “Interventi per la prevenzione e la lotta contro l’AIDS e le epidemie infettive aventi carattere di emergenza”, presentata dall’On. Mauro D’Attis, con il fine di aggiornare la Legge 135/90 e di riprendere le istanze già promosse con il Piano Nazionale AIDS del 2017. “La Commissione Affari sociali di Montecitorio ha approvato il testo della proposta di legge il 21 aprile scorso, mia prima firma e di cui sono relatore, per nuovi interventi e per la prevenzione e la lotta contro l’HIV, l’AIDS, l’HPV e le infezioni e malattie a trasmissione sessuale. Lo stesso testo è sottoposto al parere della Commissione Bilancio e delle altre Commissioni competenti e mi auguro che entro la fine del mese di luglio o al massimo a settembre potrà essere esaminato dall’Aula di Montecitorio. È il primo passo formale per un nuovo provvedimento su un tema delicato e socialmente importante, anche se ultimamente trascurato, sul quale abbiamo deciso di riaccendere i riflettori” afferma l’On. D’Attis.