“Una questione clinica sta diventando una guerra culturale”. Commenta così Jack Drescher, curatore del capitolo dedicato alla Disforia di Genere del nuovo DSM-5, il Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, uno dei testi fondamentali per la psichiatria. Il riferimento è all’uso di bloccanti della pubertà in adolescenti con incongruenza di genere.
In Italia se ne è parlato molto a inizio anno, quando la Società italiana di psicoanalisi (Sip) ha scritto una lettera aperta al Ministero della Salute, alla Presidenza del Consiglio e all’Aifa mettendo in guardia dall’utilizzo di questa classe di farmaci in questa popolazione di persone e auspicando un confronto sull’argomento.
Il tema è sentito a livello internazionale: molti Paesi che stanno facendo marcia indietro sul loro uso sui minori
Ma il tema è sentito a livello internazionale, con molti Paesi che stanno facendo marcia indietro sul loro utilizzo sui minori. La preoccupazione principale riguarderebbe gli effetti a lungo termine di questi farmaci, sia dal punto di vista fisico che da quello psicologico.
La situazione italiana
Dopo la lettera della Sip, una serie di società scientifiche hanno risposto in modo puntuale alle perplessità sollevate, senza negare che il tema sia estremamente delicato, ma ribadendo che l’attenzione è massima e le persone cui viene somministrata la terapia sono poche e accuratamente selezionate dopo un percorso che coinvolge un team multidisciplinare, oltre ai genitori.
“Bisogna essere molto cauti, senza pregiudizi: quello che viene proposto non è l’uso a tappeto dei bloccanti ipotalamici, ma un utilizzo in un momento preciso della vita dell’adolescente”, precisa Paolo Valerio, presidente dell’Osservatorio nazionale sull’Identità di Genere (Onig), un’associazione che da oltre vent’anni riunisce persone esperte nell’area dell’incongruenza di genere, con l’intento di promuovere la salute e il benessere, combattere la transfobia e incoraggiare la cultura delle differenze nei vari contesti.
Nel tempo, l’Onig ha promosso anche linee di indirizzo per la presa in carico di bambini e adolescenti transgender.
“Il problema, semmai, è che i Centri sono pochi e rappresentano gli unici luoghi in cui c’è una competenza specifica”, prosegue Valerio. I medici di medicina generale e i pediatri di libera scelta, per esempio, non sempre sono formati per indirizzare correttamente chi si rivolge loro manifestando un’incongruenza di genere.
Quando si propone l’uso di questi farmaci, agli incontri con le varie figure professionali segue un periodo di attesa di sei mesi
“Quando si propone l’uso di questi farmaci, agli incontri con le varie figure professionali segue un periodo di attesa di sei mesi proprio perché il minore e la sua famiglia possano riflettere – aggiunge Valerio –. Non esistono psicologi che vogliono far cambiare genere, ma solo professionisti che desiderano fornire la soluzione migliore a una persona e una famiglia che chiedono aiuto”.
L’uso off-label della triptorelina
I farmaci che bloccano la pubertà sono agonisti dell’ormone di rilascio delle gonadotropine (GnRHa) e vengono utilizzati da oltre quarant’anni per trattare la pubertà precoce nei bambini. “In quest’ambito rappresentano il gold standard e, finora, non hanno dimostrato conseguenze negative significative per la salute, a parte effetti sulla mineralizzazione ossea che sono da tenere sotto controllo”, ricorda Drescher, che è anche Past President del Group for the Advancement of Psychiatry, un think thank psichiatrico e Clinical Professor of Psychiatry alla Columbia University.
Del resto stiamo parlando di un trattamento medico: “Come tutti i farmaci, anche i bloccanti della pubertà hanno rischi e benefici, che vanno misurati sulla situazione specifica”, sottolinea l’esperto.
Dal 2019 nel nostro Paese l’Aifa ha esteso la prescrivibilità e la rimborsabilità della triptorelina anche per i minori con incongruenza di genere. In precedenza, l’Agenzia aveva chiesto un parere al Comitato nazionale di Bioetica (Cnb) sull’eticità dell’utilizzo del farmaco in questa popolazione.
Il Cnb aveva concluso che l’utilizzo prudenziale della molecola fosse giustificato, a patto che la diagnosi e la proposta di trattamento provenissero da una équipe multidisciplinare e che il trattamento fosse limitato a casi dove gli altri interventi psichiatrici e psicoterapeutici fossero stati inefficaci. Infine, il consenso deve essere espresso in modo libero e consapevole.
Il parere è stato dato dalla maggioranza degli esperti, con due astensioni e un voto contrario, quello di Assuntina Morresi, che in una postilla al documento ha ribadito le ragioni della sua scelta: “Allo stato attuale delle conoscenze, non ci sono evidenze dell’efficacia della triptorelina per il trattamento della disforia di genere nei minori nella fase dell’adolescenza. Al contrario, dalle audizioni e dalla letteratura di settore sono emersi pesanti dubbi e perplessità che, posti all’attenzione del Cnb e degli esperti auditi non hanno avuto risposta, e non hanno trovato spazio nel documento finale. Ritengo utile, quindi, ribadire le mie perplessità, espresse peraltro nel corso della discussione del documento, perplessità che riguardano la consistenza della letteratura scientifica a sostegno (a mio parere veramente carente); la ratio stessa del metodo (il criterio della “neutralità” di genere) e il profilo bioetico (il consenso informato del minore)”.
Cosa accade all’estero
Negli ultimi anni le persone che si rivolgono a Centri che si occupano di incongruenza di genere sono in crescita in gran parte del mondo. “Non tutte queste persone richiedono interventi affermativi chirurgici o ormonali, ma spesso soltanto il riconoscimento del nome”, ricorda Valerio.
In passato per ottenerlo, alcuni Paesi (come l’Italia) imponevano la fase chirurgica. Oggi le cose sono cambiate, anche se per poter avere un nome congruo con la propria identità di genere deve pronunciarsi un tribunale.
Tornando ai bloccanti della pubertà, a febbraio 2022 la Svezia ne ha limitato moltissimo l’utilizzo nei minori che manifestino incongruenza di genere. In Inghilterra, a seguito del caso giudiziario che ha coinvolto la clinica Tavistock (l’unica nel Paese che si occupava di identità di genere per conto del servizio sanitario nazionale) ha deciso che potranno ricevere bloccanti della pubertà solo i minori coinvolti in trial clinici. Parallelamente, sta cambiando l’organizzazione territoriale: non più un unico centro, ma una distribuzione più uniforme.
Infine, l’Arkansas, che nel 2021 ha vietato i trattamenti medici di affermazione di genere nei minori, tra cui l’uso dei bloccanti della pubertà. A giugno di quest’anno la legge è stata dichiarata incostituzionale poiché viola i diritti e la libertà di espressione delle persone trans e delle loro famiglie.
“Si tratta di un passaggio molto importante perché nella sentenza il giudice separa i fatti dalle opinioni – commenta Drescher –. È vero che ci muoviamo in un ambito dove non sappiamo ancora molte cose, ma impedire la presa in carico e il trattamento di chi non si riconosce nel genere e sesso assegnato alla nascita, anche se minorenne, lede i diritti di quella persona”.