Incontinenza nel Lazio: trattamenti bloccati e pazienti in fuga al nord

Con una popolazione di oltre 5,8 milioni di abitanti, il Lazio è la seconda regione italiana per numero di incontinenti, stimati intorno ai 900.000. Tuttavia, dal 2019, l'intervento di neuromodulazione sacrale è bloccato a causa della mancata copertura economica

Il blocco degli interventi nel Lazio

Colpisce milioni di persone in tutto il mondo, predilige le donne ma non risparmia gli uomini, è più comune fra gli anziani, ma può interessare persone di tutte le età. E poi, diciamolo, di incontinenza urinaria si parla poco, complice lo stigma sociale e l’imbarazzo che porta le persone a non confidarsi con amici, familiari e nemmeno con il proprio medico. Per avere le idee più chiare, diamo dei numeri: in Italia sono oltre 7 milioni le persone incontinenti, (di cui 6 da incontinenza urinaria e la restante parte di incontinenza fecale), il 57% non ne parla in famiglia e solo il 25% si rivolge a un professionista. Per fortuna le terapie esistono anche per le forme più gravi, curabili con la tecnica invasiva della neuromodulazione sacrale, con percentuali di successo dell’85%. Un intervento che può cambiare la vita di tanti incontinenti, ad eccezion fatta, da ormai cinque anni, di quelli residenti nel Lazio.

Marzio Zullo

Con una popolazione di oltre 5,8 milioni di abitanti, il Lazio è la seconda regione italiana per numero di incontinenti, stimati intorno ai 900.000. Tuttavia, dal 2019, l’intervento è bloccato a causa della mancata copertura economica. «Al Campus Biomedico eravamo il secondo centro italiano come inserzione dei pacemaker vescicali, ne impiantavamo fino a 40 ogni anno» riferisce Marzio Zullo, Direttore UOS Chirurgia del Pavimento Pelvico e Proctologia, presso l’Università Campus Bio-Medico di Roma. Una prassi che, per giunta, riduceva i costi della sanità: «Si stima che vent’anni di incontinenza costino 20mila euro a persona (fra pannolini, smaltimento degli stessi e complicanze del paziente) – sottolinea Zullo – quando invece, curare queste persone, costerebbe 10mila euro in meno».

I costi dell’incontinenza e dell’intervento invasivo 

Continuando a parlare di costi, la sola incontinenza femminile peserebbe per 3,3 miliardi di euro l’anno, stima Zullo. Importo che non include la platea maschile, i costi aggiuntivi relativi alle persone incontinenti ricoverate e tutti i costi intangibili. Per quanto riguarda l’intervento per l’incontinenza urinaria, avrebbe un costo totale medio intorno ai 12mila euro per paziente, anche se è variabile per ogni Regione, sostiene Pier Raffaele Spena, presidente FAIS – Federazione delle Associazioni Incontinenti e Stomizzati. Che aggiunge: «Sono cifre indubbiamente alte, ma per un pubblico ristretto, dato che sono 180 le persone in attesa nel Lazio. Se costasse solo 500 euro, verrebbe approvata, ma essendo costoso nessuno vuole prendersene carico,  mentre, nel frattempo, Piemonte, Lombardia e Veneto fanno cassa», conclude Spena. 

Pier Raffaele Spena

Tutti in fuga al nord  

La conseguenza inevitabile alla quale fa riferimento Spena è infatti la mobilità sanitaria passiva, cioè le persone che decidono di operarsi altrove. In particolare, si va in Piemonte, in Lombardia e nel Veneto, pagando in autonomia le spese del viaggio e di un eventuale alloggio. «L’aspetto singolare – sottolinea Spena – è che la Regione Lazio finisce per pagare di più, perché il Piemonte emette fatture a costi più alti. Nonostante questo, si preferisce perdere soldi anziché risolvere la situazione». Una condizione complessa e intricatissima, priva di soluzioni evidenti e costantemente ostacolata da continui inciampi.

La lentezza dei gestionali e la carenza di fornitura dei cateteri 

Non si riesce a trovare una soluzione nemmeno per la distribuzione dei cateteri, dispositivi usati per drenare l’urina dalla vescica, garantiti per legge e inclusi nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), disponibili nelle parafarmacie (mentre nelle altre Regioni arrivano in farmacia) con enormi ritardi. Tutto nasce da un nuovo gestionale, pensato per snellire la prassi per attivare la fornitura dei cateteri, ma di fatto non è così. Il meccanismo ce lo racconta Spena: «Prima viene emessa una prescrizione che arriva alla ASL di riferimento, la quale avvia la procedura per la fornitura. Tuttavia, nella Regione Lazio, questo processo include ulteriori due passaggi: serve richiedere un preventivo per i prodotti necessari e poi, a sua volta, deve essere approvato. Questo causa un significativo allungamento dei tempi». Alla fine della corsa il paziente, che non può fare a meno del catetere, è costretto a comprarlo da sé, tenendo conto che, nelle migliori delle ipotesi, è necessario cambiarlo una volta al giorno.

La risposta della Regione Lazio

Marzia Mensurati

Capire cosa succede nella Regione è doveroso: noi di TrendSanità abbiamo raggiunto Marzia Mensurati, dirigente dell’Area Farmaci e Dispositivi. «Il problema principale è che non esiste una tariffa specifica del Ministero per questa attività. La Regione Lazio è in piano di rientro e questo esclude gli accreditati, come il Policlinico Universitario Fondazione Agostino Gemelli, perché non recupererebbero i costi e quindi non possono offrire il servizio. Le strutture pubbliche potrebbero farlo, ma solo accettando una perdita o rendicontando l’operazione in modo diverso». E poi, aggiunge: «Di conseguenza, le Regioni che non sono in piano di rientro e possono stabilire tariffe aggiuntive attirano i pazienti dalla Regione Lazio, creando una disparità alla quale non possiamo opporci».

La lettera e la mancanza di dialogo 

Non sono mancate le sollecitazioni per richiedere l’attenzione e un’azione immediata da parte della Regione Lazio, alla quale FAIS, nel 2021, dopo due anni dal blocco degli interventi, ha inviato una lettera. Nel testo si fa riferimento non solo alla preoccupazione per la situazione innescata, ma anche per i pazienti sopraffatti da “gravi forme depressive per l’attesa di subire un intervento che dà loro la speranza della guarigione”. Ma come spesso accade, uno dei problemi principali è la mancanza di una comunicazione efficace. Sottolinea Spena: «Negli anni, abbiamo cercato di coinvolgere diversi soggetti, ma ora tutti sembrano allontanarsi. Come presidente nazionale di una federazione, devo interagire con diverse Regioni, ma loro sono gli unici che non rispondono mai. Questo è un problema serio, considerando che l’incontinenza colpisce il 10% della popolazione laziale».

La strada per il dialogo non si trova da tempo, anche per via del ricambio del personale all’interno della Regione: «Non abbiamo interlocutori fissi e veniamo continuamente girati da una persona all’altra, – afferma Spena – situazioni pendenti come queste sono sinonimo di scarsa volontà di confronto. Noi siamo un’associazione che desidera solo collaborare, per garantire ai pazienti una vita dignitosa e libera dai disagi». Una vita che migliora per merito delle cure, ma anche grazie allo sforzo di chi sensibilizza su una problematica che genera tanto imbarazzo. Una partita che si gioca tutti insieme.  

INCOlimpiadi: anche un gioco può aiutare

E che il gioco inizi: “Qual è un effetto collaterale comune dell’incontinenza urinaria nelle persone anziane?“, oppure, “Che cos’è l’esame urodinamico?”. Pensate di dover rispondere a domande come queste sull’incontinenza, mentre vi cimentate in una partita di calcio, completate una vasca di nuoto o state pedalando. In concomitanza con le Olimpiadi di Parigi, nasce un progetto innovativo, capace di informare e parlare su un tema di salute trascurato e oggetto di pregiudizio. INCOlimpiadi è il primo serious game, con quiz multiplayer a tema olimpico, adatto a tutte le età, pensato dalla FAIS, in collaborazione con Helaglobe. La scelta è fra cinque sport: corsa, nuoto, canoa, ciclismo e calcio.

Dopo aver selezionato lo sport e il segnalino, bisognerà rispondere rapidamente e correttamente alle varie domande (per ciascuna c’è un tempo massimo). Abbiamo partecipato anche noi di TrendSanità a una partita di canoa, nuoto e corsa, riuscendo a classificarci tra i primi posti. Tuttavia, dobbiamo ammettere che forse partivamo un po’ avvantaggiati. Il vero vantaggio, però, sarebbe raggiungere un equilibrio che permetta non solo di parlare liberamente di incontinenza, ma anche di ripristinare un sistema che consenta agli incontinenti di sottoporsi a un’operazione invasiva capace di migliorare significativamente la loro qualità di vita.

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Serena Santoli
Giornalista professionista