Insieme per migliorare il percorso della GvHD cronica e acquisire consapevolezza

Presentato a Roma il Policy Paper “La GvHD cronica: dalla conoscenza alla gestione del paziente”, frutto del gruppo di lavoro del progetto GRACE. Un decalogo per trattare meglio questa patologia, che colpisce dal 20 al 50% delle persone che si sottopongono a una terapia salvavita: il trapianto da donatore

«Questo position paper ha evidenziato innanzitutto la necessità di un approccio olistico al paziente, che contempli la dimensione medica, ma anche quella della qualità di vita. E poi l’importanza di una presa in carico multidisciplinare, con specialisti formati che diano supporto e che non si limitino all’équipe trapiantologica». Maria Teresa Lupo-Stanghellini è un’ematologa e coordina la Disease Unit Trapianto Allogenico e Terapie Cellulari all’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano. La patologia di cui parla è la GvHD (Graft-versus-Host Disease) cronica, una malattia da rigetto verso l’ospite che si sviluppa quando le cellule immunitarie del donatore riconoscono come estranei i tessuti del ricevente, attivando una risposta immunitaria.

Il 15 luglio è stato presentato a Roma un Policy Paper sviluppato dal gruppo di lavoro multistakeholder progetto GRACE (GvHD Response and Awareness for Care and Engagement) e promosso da Sanofi, un documento di indirizzo per sensibilizzare istituzioni e portatori di interesse sulla malattia promuovendo una maggiore conoscenza sulla sua gestione.

Che cos’è la GvHD

La GvHD è una condizione immunomediata sistemica che può colpire tra il 20% e il 50% dei pazienti sottoposti a trapianto di midollo osseo (o più correttamente, di cellule staminali ematopoietiche) allogenico ovvero trapianti effettuati con cellule provenienti da un donatore (nel 2024 sono stati oltre 2.000). Nella sua fase acuta insorge solitamente entro i primi 100 giorni dal trapianto e interessa prevalentemente la cute, il fegato e il tratto gastrointestinale. La versione cronica, invece, può manifestarsi dopo i 100 giorni dal trapianto e fino a due anni dall’intervento. In alcuni casi può comparire in tempi più precoci. Può coinvolgere, oltre agli organi colpiti nella forma acuta, anche pelle, occhi, mucose orali ed esofagee, fegato, intestino e sistema muscoloscheletrico.

«La GvHD cronica è una condizione ancora poco conosciuta, ma che incide profondamente sulla qualità della vita di chi la affronta – ha ricordato la Senatrice Elisa Pirro, Presidente dell’Intergruppo parlamentare Donazione e trapianto di organi, tessuti e cellule –. Con il progetto GRACE vogliamo dare voce ai pazienti e ai caregiver, promuovere consapevolezza e costruire un percorso condiviso che migliori l’accesso alle cure e il supporto lungo tutto il percorso terapeutico. Come decisori politici il nostro compito è tradurre in atti normativi quello che emerge dall’ascolto delle persone direttamente coinvolte».

Durante l’incontro Massimo Martino, presidente GITMO (il Gruppo Italiano per il Trapianto di Midollo osseo, Cellule staminali emopoietiche e Terapia cellulare) ha sottolineato come sarebbe «fondamentale che nel team multidisciplinare ci fosse uno psico-oncologo in grado di accompagnare il paziente nell’intero percorso».

I 10 punti del Policy Paper

Le raccomandazioni emerse dal confronto all’interno del Gruppo di lavoro puntano a promuovere un approccio multidisciplinare e integrato nella gestione della GvHD, migliorando l’identificazione precoce e il trattamento delle complicanze della patologia, con il fine ultimo di elevare gli standard di cura e la qualità di vita dei pazienti. Le dieci azioni più urgenti sono:

  • Istituire un Registro Nazionale GvHD
  • Riconoscere la GvHD come malattia rara e invalidante, permettendo così di avere un’esenzione dedicata
  • Istituire la Giornata Nazionale della GvHD cronica e la Giornata Nazionale del trapianto di cellule staminali emopoietiche
  • Promuovere campagne di sensibilizzazione
  • Introdurre PDTA per definire standard assistenziali
  • Garantire la formazione di team multidisciplinari nei centri trapianto (infermieri, ematologi, dermatologi, gastroenterologi, oculisti e pneumologi)
  • Garantire accesso equo e tempestivo a nuove soluzioni terapeutiche
  • Assicurare la collaborazione tra le associazioni di pazienti per sviluppare programmi educativi condivisi per pazienti e caregiver
  • Sviluppare programmi di supporto psicologico e sociale per pazienti e caregiver
  • Promuovere la ricerca clinica

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Michela Perrone
Giornalista pubblicista