Uno dei temi più affascinanti alla ribalta delle cronache, specialistiche e non, in campo sanitario è quello relativo alla cosiddetta “intelligenza artificiale”: sarà per i risvolti tecnologici o per gli impatti etici e sociali, il tema è controverso e ampiamente dibattuto tra gli addetti ai lavori.
Possiamo accontentarci, in prima battuta, di definire l’intelligenza artificiale (AI) come l’insieme delle tecniche software e delle infrastrutture informatiche che, combinate insieme, permettono di portare a termine compiti con prestazioni paragonabili (a volte superiori) all’esperienza dell’intelligenza umana.
Le applicazioni dell’AI sono tantissime e ormai consolidate in numerosi ambiti: alle volte sono talmente integrate nei sistemi da non essere facilmente individuabili; altre volte invece appaiono più visibili e volutamente in evidenza per sottolinearne nelle applicazioni la natura innovativa.
Le applicazioni sono presenti in tutto il “patient journey” del paziente: dal monitoraggio della salute individuale attraverso l’uso di dispositivi indossabili e app personalizzate per la prevenzione, all’uso di dispositivi che vengono allertati su specifici eventi in relazione ad anomalie del quadro fisiologico e alle applicazioni in grado di utilizzare dei veri e propri virtual assistant per supportare nelle diagnosi i medici sia nel campo generale che specialistico; particolarmente promettenti sono i software in grado di supportare le analisi di laboratorio o la diagnostica per immagini, e ancora più incredibile è lo sviluppo di sistemi di chirurgia robotica in grado di supportare chirurghi e infermieri durante gli interventi partendo dall’analisi di database di casi simili correlati a database di esiti, e come non citare le potenzialità nella riabilitazione e nei follow up dei pazienti. Di seguito cercheremo di fornire alcuni esempi concreti.
Le applicazioni dell’AI sono tantissime e seguono tutto il “patient journey”
Come accennato precedentemente, uno degli ambiti principali di applicazione dell’AI è quello dei wearable, con applicazioni per la prevenzione delle cadute, di predizione di attacchi cardiaci e di monitoraggio a distanza, attraverso dispositivi indossabili, di vari parametri, come il glucosio o il monitoraggio post chirurgico con tracker di attività. In tutte queste applicazioni sono presenti set di dati che, con meccanismi di machine learning o deep learning, vengono addestrati per riconoscere le anomalie e di conseguenza intervenire con segnalazioni opportune.
Per certi aspetti sono ancora più stupefacenti le applicazioni nel campo della diagnostica per immagini dove è possibile effettuare, ad esempio, diagnosi di patologie polmonari attraverso una semplice radiografia, diagnosi di cancro alla mammella, acquisizione di immagini e successiva ricostruzione, diagnosi di COVID 19 o screening dermatologico. In queste situazioni si sfrutta la grande maturità delle tecnologie di AI legate al riconoscimento delle immagini, soprattutto attraverso il deep learning.
Non è da meno il settore della medicina di laboratorio dove l’introduzione di algoritmi di AI permette il riconoscimento di patogeni e di velocizzare il sequenziamento genetico, mentre la digital pathology, al pari dell’imaging, può utilmente servirsi dei progressi di riconoscimento delle immagini.
Un altro settore assai promettente riguarda il monitoraggio fisiologico: alcune interessanti applicazioni in questo campo sono il monitoraggio dell’aderenza alle terapie, ad esempio attraverso l’analisi dei movimenti oculari in neurologia, la scansione della retina per il controllo della sclerosi multipla, il controllo della retinopatia diabetica e la prevenzione di stati di alterazione fisiologica con anticipo rispetto all’insorgenza dei sintomi.
Wearable per il monitoraggio, diagnostica per immagini e virtual assistant sono sempre più diffusi
Particolarmente importante il contributo della AI nella “real world evidence” (il cosiddetto mondo reale contrapposto al mondo controllato dove si svolgono i trial clinici) per quanto concerne il reclutamento di pazienti per gli studi clinici, la simulazione di efficacia nel campo dello sviluppo di nuovi principi attivi attraverso la modellizzazione e la simulazione del funzionamento molecolare estendendolo all’intera fisiologia del paziente. Il meccanismo prevede di estrapolare grandi masse di dati dalle cartelle cliniche, dai dati genomici e dagli esami per poter simulare l’effetto dei farmaci abilitando in questo modo il “digital twin”, alla stregua di quanto già avviene nel settore industriale, fornendo un impulso enorme alla medicina predittiva e di precisione. Anche la farmacovigilanza ne trarrebbe enormi benefici: tutti i dati attualmente analizzati in maniera manuale sarebbero automatizzati. Sarebbe altresì possibile, infine, ridurre l’eterogeneità delle popolazioni soggette a investigazione clinica verificando opportuni biomarker, aumentando la potenza di questi studi, per selezionare opportunamente pazienti più adatti a verificare gli endpoints e più adatti a rispondere positivamente ai trattamenti oggetto di studio.
L’AI può essere utile anche nelle analisi di real world evidence
Una delle applicazioni della AI che potrebbero rivestire un impatto maggiore è quella che riguarda l’assistenza virtuale a medici e pazienti: per i primi, svolgendo compiti noiosi e ripetitivi per consentire ai medici di concentrarsi su operazioni a più elevato valore aggiunto; per i secondi, consentendo di ricevere risposte adeguate da chatbot opportunamente addestrati tramite una grande moltitudine di dati che potrebbero permettere, addirittura, di comprendere alcuni sintomi a partire dalle domande ricevute e attivando, se necessario, un sistema di allerta per particolari patologie, oltre che snellendo i processi amministrativi.
Ogni giorno sperimentiamo il lancio di nuove app nei settori più disparati e anche nel settore healthcare si osserva un enorme incremento delle app personalizzate che permettono di fornire consigli di comportamento, ad esempio nelle patologie metaboliche, fino ad arrivare ad un monitoraggio personalizzato da parte di infermieri virtuali; non si tratta di semplici gadget tecnologici, ma di un vero e proprio miglioramento dell’assistenza dei pazienti critici o cronici che richiedono una adeguata assistenza. Supportando alert, aderenza alla terapia e risposte adeguate alle domande dei pazienti, oltre a predire reazioni e seguire il follow-up, si potrà anche monitorare il livello di coinvolgimento dei pazienti e la loro esperienza per migliorare i percorsi di cura basandosi sulla storia clinica.
Ultimo esempio ma non meno importante è quello relativo alla robotica, collaborativa e chirurgica. Per la prima è interessante rimarcare la possibilità di ridurre il carico di lavoro per gli addetti ospedalieri in relazione ai compiti di routine come sanitizzare superfici, dispensare farmaci, trasportare device, ristabilire le scorte del magazzino di reparto, e si calcola che la riduzione dei costi possa arrivare al 30% dell’intera forza lavoro. In ambito chirurgico risulta molto promettente la possibilità di utilizzare dataset di procedure chirurgiche passate per sviluppare nuove tecniche riducendo il rischio di errori umani.
Per superare le criticità è necessario un approccio olistico e multidisciplinare
Questi aspetti positivi, che sicuramente sono reali e in grado di avere un benefico impatto sul sistema salute, non devono far dimenticare alcune criticità che potrebbero rallentare o addirittura far fallire l’adozione di queste applicazioni. Mi riferisco soprattutto ai problemi di qualità dei dati, di protezione dei dati e di privacy, alla cybersecurity, alla enorme quantità di dati e alla interoperabilità tra vari sistemi collettori di dati. Inoltre molte volte non c’è trasparenza sui meccanismi di funzionamento di questi algoritmi, che possono portare a gravi bias che possono impattare in maniera drammatica sulla qualità finale dei risultati. Sono sicuramente problemi reali e che necessitano di un approccio olistico con il contributo di diverse personalità: medici, ingegneri, informatici, eticisti, legali. In particolare, dal punto di vista tecnico, è importante che queste applicazioni siano certificate come dispositivi medici, a garanzia della sicurezza dei pazienti e degli utilizzatori.
La nuova normativa di settore MDR 745/2017 specifica ulteriormente, rispetto alla precedente, il ruolo come medical device dei software e degli algoritmi che, in particolare se hanno uno scopo medico o di prevenzione, ricadono nell’ambito di applicazione della direttiva stessa.
Servono professionalità competenti per governare le sfide tecnologiche, etiche e sociali dell’AI
La direttiva prevede una serie di norme armonizzate e di requisiti sia in sede di progettazione che in fase post-commercializzazione di sorveglianza tali da garantire l’efficacia per il paziente oltre che la sicurezza di utilizzo. Di conseguenza aumenteranno notevolmente gli studi clinici per verificarne l’efficacia e ognuno di questi studi clinici verrà approvato da un comitato etico che ne valuterà gli aspetti etico-legali e la validità scientifica, oltre che il corretto disegno e l’analisi statistica dei risultati. Avremo sicuramente un sistema cautelativo e correttamente presidiato ma purtroppo i costi per una piccola start-up potrebbero diventare proibitivi e potrebbero far migrare molte menti e risorse verso sistemi più aperti, negli Stati Uniti, ad esempio, che sono molto più avanti in questo settore, soprattutto dopo il lancio dell’“Artificial Intelligence/Machine Learning (AI/ML)-Based Software as a Medical Device (SaMD) Action Plan”.
Concludendo, si può affermare che le opportunità sono molte e che il momento storico è un’occasione unica per sviluppare e utilizzare nella pratica clinica gli strumenti che l’AI ci mette a disposizione, ma occorre che i centri utilizzatori si dotino di professionalità interne che ne governino le sfide tecnologiche, etiche e sociali mettendo in relazione i vari stakeholder e svolgendo una attenta analisi dei costi e benefici con le metodologie proprie dell’HTA al fine di supportare al meglio l’innovazione con trasparenza e attenzione ai risultati finali in termini di esiti e qualità delle cure.