Intelligenza artificiale in sanità: l’Università di Genova lancia il progetto Mnesys

Articolato in sette sotto-progetti, ognuno dei quali incentrato su aspetti verticali dello studio e suddiviso in attività specifiche, il progetto Mnesys intende sviluppare nuovi approcci per le neuroscienze sperimentali e cliniche in ottica futura di medicina di precisione, personalizzata e predittiva
Antonio Uccelli

“Questo progetto intende sviluppare nuovi approcci per le neuroscienze sperimentali e cliniche in una prospettiva di medicina di precisione, personalizzata e predittiva. Con un impatto trasformativo sulla cura delle patologie del sistema nervoso e del comportamento”. Così Antonio Uccelli, professore ordinario di Neurologia, Dipartimento di Neuroscienze, Riabilitazione, Oftalmologia, Genetica e Scienze Materno-infantili (DINOGMI), Università di Genova e Direttore Scientifico, IRCCS Ospedale Policlinico San Martino e coordinatore nazionale del progetto Mnesys (“A multiscale integrated approach to the study of the nervous system in health and disease”). Si tratta di un partenariato esteso (costituito da 25 partner tra università, istituti di ricerca privati, istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, imprese) per la tematica “Neuroscienze e Neurofarmacologia”, concepito dall’Università di Genova che ne è il soggetto proponente.

Selezionato con altri 14 progetti dal Ministero dell’Università e della Ricerca, Mnesys è finanziato dall’Unione europea (Next Generation EU) nell’ambito del Pnrr (Missione 4 “Istruzione e ricerca; Componente 2 “Dalla ricerca all’impresa”; Investimento 1.3), con un budget di circa 115 milioni di euro.

Azioni cardine del progetto su neuroscienze e neurofarmacologia

Nel dettaglio, prosegue Uccelli, le azioni previste nell’ambito di Mnesys sono: “Individuare i biomarcatori per la diagnosi precoce e la prognosi delle malattie e la risposta agli interventi di cura. Identificare i bersagli molecolare e cellulari per lo sviluppo di nuovi strumenti farmacologici e di nuove tecnologie a scopo di cura. Mettere a punto i modelli computazionali attraverso l’acquisizione e l’integrazione di dati multi-modali, cioè provenienti da molteplici fonti quali per esempio quelle cliniche, radiologiche, di laboratorio ed elettrofisiologiche”.

Tutto questo con l’obiettivo di disegnare trattamenti “su misura” per le malattie neurologiche e psichiatriche fondati sulla genetica, sul profilo biologico del paziente, sui dati acquisiti dal contesto sociale e dall’ambiente in cui vive.

Calendario alla mano, il Piano nazionale di ripresa e resilienza ha previsto che il progetto debba avere un orizzonte temporale di tre anni e concludersi, come richiesto dalla Ue, entro il 28 febbraio 2026. In questo lasso di tempo sono in agenda controlli periodici mirati sia ad assicurare una veloce verifica dei risultati ottenuti sia a predisporre eventuali azioni correttive utili a raggiungere i risultati previsti. “Ovviamente siamo consci che questo investimento deve rappresentare un’opportunità per generare conoscenze che offrano ricadute concrete e durature, ben oltre i tre anni, tanto sulla salute dei cittadini quanto per il tessuto socio-economico del paese nonché sulla formazione ed educazione delle nuove generazioni”, circostanzia il coordinatore nazionale del progetto.

Mnesys, l’approccio olistico e multidisciplinare alla base

Il paradigma sottostante al progetto prevede l’integrazione di competenze mediche, biologiche, tecnologiche e computazionali

Il paradigma sottostante al progetto prevede l’integrazione di competenze mediche, biologiche, tecnologiche e computazionali, con l’intento ultimo di comprendere a 360 gradi alcuni degli aspetti fondanti del funzionamento del sistema nervoso in condizioni fisiologiche e nell’ambito delle sue patologie più rilevanti dal punto di vista epidemiologico.

In ottica futura di medicina di precisione, personalizzata e predittiva, con un impatto trasformativo sulla cura delle malattie del sistema nervoso e del comportamento. A tal proposito, Uccelli puntualizza che “per raggiungere questo ambizioso obiettivo, Mnesys adotta un approccio multidisciplinare basato su criteri sperimentali complementari che coprono la fenomenologia del sistema nervoso dal molecolare all’organismo in toto, dalle valutazioni cliniche agli approcci farmacologici innovativi e alle tecniche computazionali basate sulla creazione di modelli virtuali dell’individuo, ovvero i gemelli digitali”.

Si tratta di un progetto contraddistinto da due elementi cardine ben precisi, che Sergio Martinoia, professore ordinario di Bioingegneria dell’Università di Genova e coordinatore del Comitato scientifico, esplicita così: “Una è la tecnologia hardware, approntando una sensoristica capace di studiare il funzionamento del cervello, sia in condizioni fisiologiche sia patologiche. L’altra è quella computazionale che, per merito della potenza dei calcolatori di nuova generazione, consentirà all’intelligenza artificiale di fare analisi sofisticate per arrivare in futuro al digital brain twin, consentendo di acquisire evoluti strumenti di simulazione per comprendere le malattie e affrontare meglio la parte terapeutica”.

Il modello hub & spoke sui cui sono stati centrati i partenariati

Nell’ambito di Mnesys, i partenariati sono stati focalizzati secondo un modello “hub and spoke”.

Gli spoke costituiscono aggregazioni di enti di ricerca ed aziende focalizzati su 7 temi principali (Neurosviluppo, cognizione ed interazione sociale; Neuroplasticità e connettività; Omeostasi neurale e interazioni cervello-ambiente; Percezione, movimento e interazioni cervello-corpo; Umore e psicosi; Neurodegenerazioni, trauma e eventi cerebrovascolari; Neuroimmunologia e neuroinfiammazione) in grado di sviluppare progettualità altamente innovative secondo un approccio multidisciplinare e multiscala in cui medici, biologi, ingegneri, matematici e tecnologi lavorano fianco a fianco.

Al contempo, precisa Uccelli, “le principali difficoltà nascono dall’enorme complessità della struttura amministrativa e scientifica, che coinvolge 350 ricercatori appartenenti a 13 università, 8 enti di ricerca e 4 aziende nel campo delle scienze della vita, diffuse su tutto il territorio nazionale e, soprattutto, dai tempi imposti dal Pnrr che richiede un utilizzo ottimale ma assai rapido delle ingenti risorse messe a disposizione”.

Agevolare la transizione digitale integrando metodi con focus diversi

Uno dei principali obiettivi di Next Generation EU è quello di accelerare la transizione digitale.

“Tuttavia, un’esigenza ancora insoddisfatta nella ricerca biomedica italiana è la modesta integrazione tra approcci con focus differenti quali la ricerca fondamentale, quella clinica e le scienze computazionali, anche a causa delle diverse competenze chiave e figure professionali coinvolte”, riprende Uccelli. Tenendo poi a precisare che “la ricerca in queste aree tende a concentrarsi su categorie di malattie basate sulle principali cause del processo patologico e/o sull’organo bersaglio della malattia. In particolare, ciò è vero per le malattie neurologiche e psichiatriche. Tuttavia, è probabile che fattori fisiopatologici simili, in altre parole i diversi fattori eziologici, si manifestino in diverse malattie complesse ed eterogenee, dando luogo a manifestazioni cliniche diverse a causa della concomitanza di altre componenti sia intrinseche (ad esempio, sviluppo del sistema nervoso, fattori genetici/molecolari) sia estrinseche (ambientali, sociali) e di comorbidità, ovvero di malattie concomitanti”.

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Massimo Canorro
Giornalista specializzato in salute e sanità