Il termine “palliativo” è sinonimo di inutile? Che cosa si intende per “fine vita”? Che cos’è un Hospice? Come redigere le Disposizioni Anticipate di Trattamento (DAT)? Quali sono gli errori più comuni degli operatori nella comunicazione con il malato?
Le risposte ai quesiti più importanti su questo argomento sono raccolte nel nuovo libro “100 domande sulle Cure Palliative” (SEEd Medical Publishers) di Anna Maria De Santi, sociologa, prima ricercatrice, responsabile dell’Unità di Neuroscienze Sociali del Dipartimento di Neuroscienze dell’Istituto Superiore di Sanità, e Italo Penco, medico, direttore sanitario del Centro di Cure Palliative Fondazione Sanità e Ricerca di Roma, Past President della Società Italiana di Cure Palliative (SICP).
Perché le “100 domande”
Nel nostro Paese si rende necessario avviare un cambiamento culturale in grado di coinvolgere non solo gli operatori, ma anche tutti coloro che devono iniziare a fare i conti con l’aumento delle malattie croniche e il “tanto temuto fine vita”.
La salute, fino alla fine, dovrebbe essere accompagnata da cure appropriate centrate non sulla malattia ma sulla persona, sulla sua famiglia e sul suo contesto di vita, su relazioni terapeutiche sincere basate su comunicazioni empatiche ed efficaci, su valutazioni “personali” e sul controllo dei sintomi che causano sofferenza. Questo approccio corrisponde alle Cure Palliative.
Il volume, che fa parte della collana SEEd “100 domande”, costituisce una formula efficace che risponde all’esigenza di far conoscere a tutti, compresi gli operatori sanitari, le basi delle Cure Palliative, ancora oggi poco diffuse e non pienamente applicate.
Sebbene le Cure Palliative rappresentino l’approccio di cura più adatto per migliorare la qualità di vita non solo ma in particolare alla fine della vita, non molti le conoscono ancora nella giusta forma, sia a livello nazionale che internazionale.
Il libro, che si compone di cinque sezioni (Aspetti generali, Gestione della sofferenza, Consapevolezza, Relazione di Cura, Comunicazione), permette a chiunque lo desideri di acquisire una migliore conoscenza della materia e ai professionisti sanitari impegnati in strutture non specialistiche in Cure Palliative di trovare risposte ai quesiti che spesso si pongono o che gli vengono posti da pazienti e familiari.
Il testo, che affronta la tematica in modo chiaro e semplice, è di facile lettura e offre un orientamento “pratico” verso la comprensione dei bisogni fisici, sociali, spirituali e psicologici della persona malata e della sua famiglia e nei confronti dell’adozione – anche precoce – di un appropriato percorso di cura che consenta il raggiungimento di una migliore qualità di vita.
Per rendere più operativo il volume, si è chiesto agli operatori che lavorano nelle Cure Palliative di indicare le domande che più spesso vengono rivolte dai pazienti e familiari durante la malattia
Per rendere maggiormente operativo il volume, si è chiesto agli operatori che quotidianamente lavorano nelle Cure Palliative di indicare le domande che più spesso vengono rivolte dai pazienti e familiari nel corso della malattia (e tra operatori stessi).
Si auspica che, anche grazie a questo libro, sia possibile contribuire a creare una cultura capace di accogliere meglio le Cure Palliative nel nostro Paese e consentire una maggiore sensibilità verso questo tipo di cure orientate alla condivisione delle responsabilità e delle scelte della persona.
Serve un cambio culturale
L’idea del volume è nata da un’esigenza sentita: “Lavorando in questo settore, ciascuno per la propria parte, ci siamo resi conto che l’argomento non viene trattato nella maniera giusta, non solo con i cittadini ma anche a livello di operatori sanitari – spiega Penco -. I cittadini dovrebbero esserne informati perché la Legge 38/2010 sancisce il diritto delle persone a non soffrire, un diritto che si può esplicare se lo si conosce, mentre di solito se ne viene a conoscenza solo quando ci si trova in una condizione difficile, ad esempio quando c’è un parente malato. Dal canto loro, gli operatori faticano a comprendere le Cure Palliative per due tipi di problemi.
Il primo è di ordine formativo, perché nelle università, nel percorso che porta alla laurea queste non vengono insegnate: ciò significa che un qualsiasi operatore che non intraprenderà questo specifico indirizzo, non avrà conoscenze in materia. Il secondo è un problema culturale, collegato al fatto che anche tra i professionisti c’è una difficoltà a gestire il momento del fine vita: da chi ha studiato per imparare a salvare vite, viene vissuto un po’ come una sconfitta personale. Si tratta invece di un evento che inevitabilmente avviene, che può essere affrontato in un modo meno doloroso sia per il paziente che per i famigliari e anche per gli operatori sanitari”.
“100 domande sulle cure palliative” è un libro per tutti. “Il volume non ha la pretesa di fornire competenze, ma di dare ai malati, ai famigliari e agli operatori una risposta semplice alle domande più frequenti che vengono poste quando i professionisti delle Cure Palliative prendono in carico – precisa l’autore -. Il nostro auspicio è che possa essere d’aiuto anche quando ci si trova di fronte a delle scelte, come rappresentato sulla copertina: è il caso in cui il malato si trovi a decidere se puntare alla sopravvivenza il più a lungo possibile a ogni costo, quindi anche sottoponendosi a una terapia molto aggressiva, o a preferire una migliore qualità della vita, senza sottoporsi a cure sproporzionate che potrebbero rendere più complesso il percorso. Questi sono aspetti su cui serve una maggiore consapevolezza anche da parte dei medici. È inoltre carente l’integrazione specialisti-territorio: se fosse garantita con maggiore continuità, di certo ne beneficerebbe il paziente”.
Di solito se ne parla in relazione al fine vita, ma in una concezione più moderna si punta sulle Cure Palliative precoci, che si impostano già dal momento della diagnosi
Sulle Cure Palliative grava anche un fraintendimento: “Normalmente si parla di Cure Palliative al momento del fine vita, invece oggi, nella concezione più moderna, si spinge per la concezione di Cure Palliative precoci, che si impostano già dal momento della diagnosi: una diagnosi infausta non significa che essere per forza vicino al fine vita. Per esempio si possono impostare delle Cure Palliative durante la chemio e, se questa dà buoni frutti, quando non servono più vengono interrotte. Può non essere necessaria quindi la presa in carico da parte dell’equipe di Cure Palliative e il palliativista può dare un contributo anche in forma di consulenza”.
Poi c’è il grande tema della comunicazione: del resto, la Legge 219/2017 sul consenso informato e le disposizioni anticipate di trattamento chiarisce che il tempo della comunicazione è tempo di cura. Afferma De Santi: “La letteratura, oltre all’esperienza, ci sta mettendo davanti le evidenze sul fatto che se si comunica bene si cambia la qualità di vita delle persone, gli operatori stessi ci guadagnano nel rapporto con i pazienti e i famigliari hanno un bagaglio che li aiuterà ad affrontare meglio il lutto. Serve un cambio culturale”.
L’importanza della formazione
“La formazione ha fatto salti notevoli: nel 2021 è stata istituita e quest’anno è partita la Scuola di specializzazione in Medicina e Cure Palliative – afferma Penco -. Un obiettivo importante raggiunto, che si aggiunge al precedente: nel 2019, da parte dei presidi delle Facoltà di Medicina e chirurgia e delle altre professioni sanitarie, sono stati raccomandati crediti formativi specifici in Cure Palliative nel percorso pre laurea. Questo significa che tutti gli studenti che raggiungono la laurea dovrebbero aver dedicato alcune ore a questa disciplina. In realtà a oggi solo il 40% delle università inserisce opportunità di questo genere per ottenere crediti formativi: è un punto che deve essere ulteriormente sviluppato per far sì che tutti i professionisti sappiano avere un approccio palliativo. Questa è ormai una definizione ufficiale. Si tratta di poter erogare assistenza avendo bene in mente i principi delle cure palliative e la possibilità di indirizzare i malati, quando necessario, verso servizi più specifici come l’Hospice o le unità di Cure Palliative domiciliari”.
Per chi desidera approfondire ulteriormente, c’è poi la possibilità dei Master di I e II livello in Cure Palliative.
La formazione deve coinvolgere tutte le figure che stanno a contatto con il malato, dal medico di famiglia ai volontari
Ma la formazione è fondamentale non solo per i professionisti sanitari: deve coinvolgere tutte le figure che stanno a contatto con il malato, come ad esempio i volontari. “Il nostro libro nasce proprio con questo spirito, proprio per essere fruito dal paziente al medico di base al volontario – aggiunge De Santi -. L’ISS fornisce corsi di formazione di qualità a tutte le strutture che formeranno volontari e operatori, ma rimane comunque l’esigenza di sensibilizzare a 360 gradi sul tema delle Cure Palliative. Questo vale in particolare per i medici, che a volte in ospedale vedono i colleghi che hanno una sensibilità sull’argomento come se fossero quasi degli imbonitori. Bisogna cominciare a fare public engagement e dare esempi di buone pratiche a chi ancora non ha una preparazione specifica per aiutarlo a comprendere un modello che la nostra società non ha ancora culturalmente preparato. Abbiamo il problema dei ritmi di lavoro sempre più incessanti, il Covid ha creato tanta confusione e questa aziendalizzazione, che conta tanto sull’efficienza, deve cominciare a dare spazio, tempo e modo alla qualità della relazione. Qualcosa sta cominciando a cambiare, ma sono cambiamenti lenti, e oltre al livello strutturale sono convinta che giochi un ruolo importante la base: è un movimento che parte anche dal singolo. Ecco perché abbiamo proposto un volume semplice, che aiuti chiunque lo desideri a capire”.
“Tutto questo senza evitare anche argomenti critici come la sedazione palliativa e il suicidio medicalmente assistito: sono temi su cui è importante fare chiarezza perché, fermo restando che ci possono essere idee diverse, c’è chi punta a creare confusione per il proprio tornaconto”, dice Penco.
“Pur avendo precisato che il fine vita non è l’unico campo di applicazione delle Cure Palliative, rifletto su come ci siano tanti professionisti che aiutano la nascita, dal ginecologo all’ostetrica, ma non ci sono molte persone preparate a gestire il momento della fine – conclude De Santi -: è necessario metterci molta più attenzione”.