Le malattie rare finalmente normate da una legge

Ci sono voluti più di 3 anni ma oggi il Testo Unico Malattie Rare è un importante risultato raggiunto. Quali prospettive si aprono e quali passaggi bisogna affrontare per la sua piena attuazione? Il punto con la direttrice dell’Osservatorio Malattie Rare, Ilaria Ciancaleoni Bartoli.

Le malattie rare finalmente hanno una collocazione normata dalla legge italiana e sono state definite e raggruppate in una lista che andrà aggiornata ogni tre anni.

Il 4 novembre il Senato della Repubblica ha votato all’unanimità una norma molto attesa dalle associazioni di pazienti affetti da malattie poco comuni – in Italia circa 2 milioni di persone – che stabilisce la lista delle patologie di cui il Servizio Sanitario Nazionale ha il dovere di occuparsi, potenziando gli screening diagnostici e istituendo un fondo destinato ai malati e alle loro famiglie dedicato al finanziamento delle misure di sostegno del lavoro di cura e assistenza delle persone con malattia rara invalidi civili al 100% o disabili con connotazione di gravità ai sensi della Legge 104. Le finalità del provvedimento mirano quindi a garantire che sull’intero territorio nazionale i malati rari vengano riconosciuti e presi in carico dal Ssn. L’attuazione della legge definirà, tramite altri cinque passaggi, le modalità sistematiche e organiche degli interventi dedicati al sostegno della ricerca, sia sulle malattie rare sia sui farmaci orfani.

Una svolta storica

Ilaria Ciancaleoni Bartoli “Ci sono voluti più di 3 anni e mezzo ma oggi il Testo Unico Malattie Rare è un importante risultato raggiunto. È evidente, però, che siamo di fronte ad una legge quadro, con cui sono state poste le fondamenta di un cambiamento, ma c’è molto ancora da fare – ha commentato la direttrice dell’Osservatorio Malattie Rare, Ilaria Ciancaleoni Bartoli, che sul suo canale Youtube ha ripercorso in un video le tappe che hanno portato a questo risultato –. L’Osservatorio, come fatto fino ad oggi, continuerà ad essere il megafono delle richieste delle oltre 250 associazioni dell’Alleanza Malattie Rare e, insieme a tutti i rappresentanti istituzionali che hanno voluto questa legge, vigileremo affinché vengano approvati tutti gli atti necessari alla sua attuazione”.

Le malattie rare oggi note sono più di 7.000 ma quelle attualmente nell’elenco ministeriale con associato un codice di esenzione solo 453. Osservando questi numeri non è difficile capire perché il testo unico sulle Malattie Rare rappresenta una vittoria per tutti quei pazienti affetti da patologie poco comuni e difficili da diagnosticare i cui percorsi terapeutici prima si muovevano necessariamente all’esterno di una griglia stabilita dal sistema sanitario nazionale, con notevoli costi a carico degli ammalati.

Ci sono voluti più di 3 anni e mezzo ma oggi il Testo Unico Malattie Rare è un importante risultato raggiunto

In passato ogni atto relativo alle malattie rare doveva passare attraverso decreti ministeriali privi di organicità. Pazienti prima dimenticati che ora finalmente sentono di aver ricevuto la giusta visibilità da parte della collettività e gli aiuti necessari a sostenere percorsi di cura spesso molto complessi. Il primo passo è stato quindi stabilire una volta per tutte quali sono le malattie rare per le quali è necessario stabilire un inter terapeutico all’interno del Ssn, comprendendo screening che facilitano la diagnosi e la possibilità di richiedere un aiuto economico per i pazienti e le loro famiglie. Ora la sfida starà nella sua attuazione, da qui ad un anno, soprattutto a livello locale e regionale dove le specificità dei singoli territori spesso sono un ostacolo all’applicazione omogenea delle norme nazionali.

L’attuazione della legge in 5 step

Per prima cosa il testo della legge, composta da 16 articoli, sarà pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale e da quel momento entrerà in vigore e si potrà procedere con la sua piena attuazione in 5 passaggi che previsti entro la fine del 2022, quando sarà possibile toccare con mano gli effetti reali di questa legge. Il primo passo dovrà però avvenire già entro due mesi e comporta l’istituzione del Comitato Nazionale per le Malattie Rare con decreto del Ministero della Salute. C’è invece un mese in più di tempo per l’istituzione di un Fondo di Solidarietà per le persone affette da malattie rare, che verrà istituito con decreto del Ministero del Lavoro di concerto con Ministero della Salute e MEF.

La sfida starà nella sua attuazione, da qui ad un anno, soprattutto a livello locale e regionale

Sempre entro 3 mesi dovranno essere confermati due accordi in sede di conferenza Stato-Regioni: il primo relativo all’approvazione del Secondo Piano Nazionale Malattie Rare e riordino della Rete, l’altro per definire le modalità tramite le quali assicurare un’adeguata informazione a professionisti sanitari, pazienti e famiglie.

Ci sono infine 6 mesi di tempo per la redazione di un regolamento ministeriale, prodotto a quattro mani dal Ministero della Salute di concerto con il Ministero dell’Università e Ricerca, per stabilire i meccanismi degli incentivi fiscali in favore dei soggetti, pubblici o privati, impegnati nella ricerca e produzione dei farmaci orfani. Il contributo arriverà sotto forma di credito d’imposta pari al 65 per cento delle spese sostenute per l’avvio e per la realizzazione dei progetti di ricerca.

Un’assistenza economica e lavorativa

La novità forse più concreta che arriverà con l’attuazione della legge per chi ha una patologia rara riguarda la possibilità di avere una assistenza economica che permette all’ammalato di mantenere una propria condizione lavorativa autonoma. Il fondo di solidarietà per ora ammonta ad un 1 milione di euro e servirà infatti a finanziare diverse misure per il sostegno del lavoro, di cura e assistenza dei malati ai sensi della Legge 104. Fra le finalità c’è anche quella di favorire l’inserimento lavorativo della persona affetta da una malattia rara.

Parallelamente migliorerà anche la comunicazione fra Stato e pazienti: il Ministero, infatti, si impegna a garantire un’informazione tempestiva e corretta ai pazienti affetti da una malattia rara e ai loro familiari e a sensibilizzare l’opinione pubblica sull’esistenza di queste patologie.

Diagnosi, prevenzione ed esenzione

In seguito all’aggiornamento della lista delle patologie considerate “malattie rare”, c’è anche la richiesta di un tempestivo aggiornamento delle patologie da sottoporre a screening neonatale e dei Lea, che definiscono i livelli essenziali di assistenza tramite la lista delle prestazioni che il Servizio sanitario nazionale è tenuto a fornire a tutti i cittadini, gratuitamente o dietro pagamento di una quota di partecipazione (ticket) con le risorse pubbliche. La legge stabilisce anche che, in caso di ulteriori ritardi, venga attuata una procedura alternativa atta a facilitare l’aggiornamento della lista delle malattie rare.

L’articolo 4 del testo unico rimette ai centri la definizione del piano diagnostico terapeutico assistenziale personalizzato che comprende i trattamenti e i monitoraggi di cui necessita una persona affetta da malattia rara, garantendo anche un percorso strutturato nella transizione dall’età pediatrica all’età adulta. Per quanto riguarda invece l’accesso alle terapie, nel testo è presente un impegno generico a ridurre i tempi di accesso mentre si specifica che i farmaci di fascia A o H prescritti, anche in una regione diversa da quella di residenza, devono essere erogati dalle farmacie o dall’Asl/Ats. Il numero di pezzi prescrivibili per ricetta potrà essere superiore a tre qualora previsto dal piano terapeutico assistenziale.

Aifa e la decisione poco condivisa di sospendere l’accesso al fondo

Come confermato dalla direttrice dell’Omar Ilaria Ciancaleoni Bartoli, la recente notizia della sospensione delle domande di accesso al fondo 5% certo non è stata ben accolta dal mondo delle malattie rare e desta preoccupazione: sembra infatti andare in una direzione contraria rispetto a quella tracciata dalla legge.

“Almeno nelle intenzioni quel fondo avrebbe dovuto garantire un accesso veloce a terapie che, pur non essendo ancora in commercio, potevano avere un grosso valore terapeutico per i malati, in modo particolare per quelli rari che spesso non hanno farmaci a disposizione – ha affermato la direttrice –. Bloccarlo significa chiudere una strada di accesso precoce. E per quanto Aifa stessa dica che la sospensione è stata fatta in modo da garantire almeno i rinnovi, al nostro Osservatorio a pochi giorni dalla decisione sono già arrivate segnalazioni di specifici casi, ben documentati, di rinnovi che tardano ad arrivare”.

La recente notizia della sospensione delle domande di accesso al fondo 5% sembra andare in una direzione contraria rispetto a quella tracciata dalla legge

“È del tutto probabile che Aifa abbia già in mente una riforma del meccanismo – ha proseguito Ciancaleoni Bartoli -, ma certo di fondo c’è un difetto di comunicazione e di condivisione: si è affidato tutto a una circolare quando certamente sarebbe servito del dialogo prima, con le parti, e una comunicazione più approfondita al momento di rendere pubblica questa decisione”.

Anche le motivazioni addotte, secondo l’esperta, destano qualche perplessità: “Non voglio mettere in dubbio che il fondo sia effettivamente in esaurimento – ha proseguito la direttrice dell’Osservatorio – perché è vero che gli investimenti di marketing delle aziende lo scorso anno si sono fortemente ridotti, ma è anche vero che l’erosione è cominciata da anni, c’è stato tempo per accorgersene, e invece diverse direzioni di Aifa sono cambiate senza che se ne parlasse, per poi arrivare a questa drastica soluzione. L’impressione è che non ci sia stata molta attenzione a come il fondo veniva gestito, con un po’ più di attenzione non si sarebbe arrivati a questo punto. Quel che conta ora però non è distribuire le colpe, ma risolvere il problema”.

Nell’immediato occorre che possano ripartire le richieste, poi si potrà anche valutare un ripensamento di tutti gli strumenti di early access, al fine di renderli più veloci, efficienti e anche adeguatamente finanziati: “Quel che conta – ha concluso – è che questa riforma avvenga attraverso tavoli condivisi, non solo con il Ministero della Salute e le Regioni, ma anche con il mondo dei pazienti, i soggetti civici e le stesse aziende, e non con decisioni unilaterali che poi vengono comunicate in poche righe a chi, però, dovrà subirne gli effetti”.

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Sofia Rossi
Giornalista specializzata in politiche sanitarie, salute e medicina