C’è un dato che colpisce: oggi più di sei miliardi di persone, tre quarti della popolazione mondiale, vivono in Paesi che hanno adottato almeno una misura efficace per ridurre il consumo di tabacco. Lo rivela il nuovo rapporto dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), presentato a Dublino nel corso della Conferenza mondiale sul Controllo del Tabacco.
Il documento traccia un bilancio a diciotto anni dall’introduzione del pacchetto di interventi noto come MPOWER, l’insieme di sei strategie che vanno dal divieto di pubblicità all’aumento delle tasse sulle sigarette, passando per le campagne shock sui pacchetti e le aree pubbliche libere dal fumo.
Un approccio che, secondo l’Oms, sta dando i suoi frutti. Nel 2007, solo un miliardo di persone nel mondo era protetto da almeno una di queste misure. Oggi quel numero si è moltiplicato per sei. Eppure, la guerra contro il tabacco è tutt’altro che vinta.
Cos’è il pacchetto MPOWER
Lanciato nel 2007, il pacchetto MPOWER identifica sei azioni fondamentali per combattere il tabagismo:
- Monitoraggio del consumo di tabacco e delle politiche di prevenzione
- Protezione dal fumo passivo
- Offerta di aiuto per smettere di fumare
- Warning: avvertenze forti su pacchetti e campagne informative
- Enforcement dei divieti su pubblicità, promozioni e sponsorizzazioni
- Raise: aumento delle tasse sui prodotti del tabacco
Secondo l’OMS, è scientificamente provato che queste misure salvano vite e riducono i costi sanitari.
Dove il mondo accelera
In quasi 110 Paesi, i pacchetti di sigarette mostrano oggi immagini e messaggi sanitari forti e chiari sui rischi del fumo, un salto enorme rispetto ai soli 9 Stati che lo facevano nel 2007. Inoltre, in 25 Paesi è già obbligatorio il cosiddetto “plain packaging”, confezioni neutre senza colori, loghi o elementi grafici in grado di rendere il prodotto più accattivante.
Sul fronte degli spazi pubblici, sono 79 i Paesi che hanno introdotto leggi che vietano completamente il fumo in luoghi chiusi come bar, ristoranti e uffici. Solo negli ultimi tre anni si sono unite a questo gruppo anche nazioni come l’Indonesia e la Slovenia.
E l’Italia?
L’Italia ha fatto qualche passo avanti nel corso degli anni, ma resta lontana dal gruppo di testa. I dati parlano chiaro: solo quattro Paesi – Brasile, Mauritius, Paesi Bassi e Turchia – hanno implementato tutte e sei le misure del pacchetto MPOWER al massimo livello raccomandato dall’OMS. Altri sette, tra cui Irlanda, Spagna e Slovenia, sono a un soffio dal traguardo. Ma l’Italia non è tra questi.
Tradotto, nel nostro Paese ci sono ancora margini di miglioramento perché, si legge nella scheda dedicata al Belpaese, dal 2014 a oggi non si rilevano cambiamenti significativi in termini di minor accessibilità delle sigarette.
In particolare, secondo il report, tre aree critiche emergono a livello globale e plausibilmente riguardano anche l’Italia:
- Solo il 33% della popolazione mondiale ha accesso a servizi sanitari gratuiti o a basso costo per smettere di fumare. L’Italia offre alcuni servizi, ma non è chiaro se siano pienamente conformi agli standard OMS
- Le tasse sui prodotti del tabacco, considerate uno degli strumenti più efficaci, restano insufficienti in 134 Paesi, Italia compresa
- Le restrizioni su pubblicità e sponsorizzazioni raggiungono livelli “best practice” solo in 68 Paesi, coprendo appena il 25% della popolazione globale. Anche qui, l’Italia ha leggi restrittive, ma non è tra i Paesi che hanno completato l’applicazione al livello più alto.
Il rischio della “normalizzazione”
L’allarme dell’OMS è chiaro. Mentre sempre più governi adottano politiche coraggiose, l’industria del tabacco continua a reinventarsi, soprattutto tra i più giovani, con sigarette elettroniche e prodotti alternativi che rischiano di riaccendere l’appeal del fumo.
«Non possiamo abbassare la guardia – ha ammonito il direttore generale dell’OMS Tedros Adhanom Ghebreyesus –. Le politiche funzionano, ma devono essere rafforzate e applicate ovunque, senza compromessi».
La strada da percorrere
Nel mondo, 134 Paesi non hanno ancora portato le tasse sul tabacco a livelli sufficienti per scoraggiare il consumo. Solo un terzo della popolazione globale ha accesso a servizi gratuiti o convenienti per smettere di fumare. E appena un quarto vive in Paesi dove le pubblicità di sigarette sono completamente vietate.
Anche l’Italia, nonostante le leggi sul fumo nei locali pubblici e le immagini shock sui pacchetti, è chiamata a fare di più, soprattutto per proteggere le nuove generazioni e ridurre i danni sanitari, sociali ed economici legati al tabagismo.
Il messaggio che arriva da Dublino è chiaro: le armi per combattere il fumo esistono, i dati dimostrano che funzionano. Sta ai governi – Italia compresa – scegliere se usarle fino in fondo.