A otto anni dalla Consensus Conference sulla medicina narrativa in Italia e le linee di indirizzo, allora realizzate con la responsabilità scientifica della dottoressa Domenica Taruscio, l’Istituto Superiore di Sanità insieme alla SIMeN (Società Italiana di Medicina Narrativa) e nell’ambito del Laboratorio di Health Humanities del Centro Nazionale Malattie Rare hanno lanciato il progetto LIMENAR – Linee di Indirizzo Medicina Narrativa.
L’obiettivo è realizzare una mappatura della medicina narrativa in Italia e analizzare la diffusione e i risultati dell’applicazione delle Linee di indirizzo della medicina narrativa, nell’ambito clinico-assistenziale e associativo.
La medicina narrativa tiene conto della narrazione della persona con patologia, del team di cura e contribuisce a rendere le decisioni clinico-assistenziali più complete
Ma cos’è la medicina narrativa? La risposta più sintetica è racchiusa in queste tre parole: disease, illness e sickness che rappresentano i tre stati di sofferenza che una persona porta con sé quando sta male e, solo prendendole in considerazione globalmente, si può dire che un medico e il team di cura si prendano cura della persona in senso integrale. La medicina narrativa cerca di stabilire l’alleanza terapeutica attraverso l’analisi di questi stati di sofferenza, ovvero quel rapporto speciale di fiducia che si crea tra medico e paziente e che pone al centro l’interezza della persona.
“Disease” è il concetto di malattia in senso biomedico del termine; con il termine “illness” si vuole esprimere l’esperienza soggettiva dello star male ed infine quando quest’esperienza assume caratteristiche sociali, in quanto soggetto inserito in ambienti sociali, abbiamo l’esperienza fisica di malessere racchiuso nel termine “sickness”.
La narrazione è quindi parte fondamentale che comprende e integra i diversi punti di osservazione di tutti coloro che intervengono nel processo di cura.
TrendSanità ha chiesto a Domenica Taruscio, già direttrice del Centro Nazionale Malattie Rare dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS) di raccontare come sono nate le Linee di indirizzo sulla medicina narrativa in seno all’Istituto Superiore di Sanità: «Sin dal 1996, da un incontro con famiglie di persone con malattie rare, presso il Ministero della Salute, compresi il grande valore dell’ascolto rispettoso, empatico e attento e di quanto le persone con malattie così poco rappresentate avessero necessità di raccontare e raccontarsi, chiedendo anche azioni concrete alle istituzioni. Si era agli albori della medicina narrativa in Italia, che, in quel periodo, pochi conoscevano».
Ricorda Taruscio: «Già allora compresi quanto la sofferenza non la si possa percepire in altri modi, se non ascoltando attivamente le persone, osservandole con empatia, attendendo i loro tempi, rispettando le pause e i silenzi. Nel resto del mondo invece, già esistevano studiosi dedicati alla medicina narrativa come Trisha Greenhalgh e Brian Hurwitz alla Medical School di Londra e Rita Charon alla Columbia University di New York. In quegli anni all’ISS abbiamo organizzato numerosi eventi e iniziative di approfondimento durante i quali le famiglie e le persone erano in primo piano esprimendo i loro bisogni inevasi. Attualmente, è normale che i pazienti prendano la parola in consessi scientifici pubblici, ma a quei tempi non era affatto così. Inoltre, sin da allora abbiamo organizzato numerosi convegni e congressi con esperti nazionali ed internazionali, inclusi quelli sopracitati. Ed arriviamo al 2015 con il documento della Conferenza di consenso sulle Linee di indirizzo per l’utilizzo della medicina narrativa, che avevano lo scopo di elaborare una definizione condivisa di medicina narrativa da utilizzare in ambito clinico-assistenziale, quali dovessero essere le metodologie e gli strumenti utilizzati, ed infine, quale l’utilità e in quali ambiti e contesti».
Le narrazioni di pazienti, caregiver e professionisti sanitari contribuiscono a co-costruire il migliore percorso di cura possibile per la singola persona
La medicina narrativa, dunque, è stata definita una metodologia d’intervento clinico-assistenziale basata su una specifica competenza comunicativa, competenza che va acquisita e coltivata. La narrazione è un elemento imprescindibile dalla medicina fondata sulla partecipazione attiva dei soggetti coinvolti nelle scelte; è lo strumento fondamentale per acquisire, comprendere ed integrare i diversi punti di vista di coloro che intervengono a vari livelli, nella cura di una persona con una determinata malattia.
In altre parole, il paziente racconta la propria storia, il caregiver racconta la propria, il medico e gli altri professionisti della salute la loro e tutte queste voci contribuiscono a co-costruire il percorso di cura, il migliore possibile per quella specifica persona. La medicina narrativa tiene conto quindi, della narrazione della persona con patologia, del team di cura e contribuisce a rendere le decisioni clinico-assistenziali più complete, personalizzate efficaci ed appropriate. Le persone, attraverso le loro narrazioni, le loro ‘storie’, diventano protagoniste del percorso di cura. Questo è il significato delle Linee di indirizzo per l’utilizzo della medicina narrativa in ambito clinico-assistenziale. Dal 2015 ad oggi si sono susseguite numerose attività sulla medicina narrativa, incluse molte iniziative di formazione e di disseminazione, grazie al coinvolgimento diretto di varie realtà, in primis la SIMeN (Società Italiana di Medicina Narrativa) e di molte altre istituzioni, realtà locali e regionali».
Medicina narrativa in Europa
Come una perla che nasce dalla sofferenza di un’ostrica, nel 2020, in tempi di guerra e di COVID-19 nasce in Europa EUNAMES EUropean NArrative MEdicine Society. Per TrendSanità ne parliamo con Maria Giulia Marini, fondatrice ed attuale presidentessa di EUMANES.
Com’è nata EUNAMES e quali sono gli obiettivi che si pone?
«L’idea ‘in nuce’ della Società Europea di Medicina Narrativa l’ha avuta Antonio Virzì, Past-President della Società Italiana di Medicina Narrativa (SIMeN), in occasione di un Congresso ad Arezzo, nel 2018. L’anno successivo ricevetti un ottimo feedback, quando chiesi a dodici esperti europei e ad un rappresentante della Word Health Organization Europe cosa ne pensassero sulla fondazione dell’Associazione EUNAMES. A quell’epoca, per la SIMeN mi occupavo delle relazioni con l’estero, sempre appassionata dal confronto con nuove Scuole di pensiero europee o internazionali. L’obiettivo della Society che avevamo in mente era che facesse da collante alle varie Scuole di pensiero esistenti e ai singoli professionisti che portavano avanti, in maniera autonoma, la disciplina. Nel 2020 nacque EUNAMES. In pieno periodo COVID-19. Le principali scuole di medicina narrativa in Europa erano e sono: la scuola anglosassone, presso King’s College a Londra, a Oxford, e a Durham, in Irlanda al Trinity College, a Lisbona e a Porto, in Portogallo con la sua Facoltà di Humanities for Health. Inoltre, si stavano affacciando scuole di medicina narrativa dei Paesi scandinavi, le scuole del Libano e degli Emirati Arabi, anche se non sono in Europa, dove spesso sono medici italiani a portare il tema delle Humanities. L’Italia è, e resta molto avanti, come scuola di medicina narrativa.
È fantastico quello che stanno realizzando in Spagna, a Barcellona, all’Universidad Pompeu Fabra, dove i futuri medici del secondo anno di accademia studiano medicina narrativa e affluiscono sempre più appassionati a questo corso con i migliori docenti provenienti dall’Europa.
E poi, a livello internazionale, esiste dal 2013 un Master Istud in Medicina Narrativa Applicata che ha sempre desiderato non avere uno sguardo solo nazionale, ma includere anche un network di docenti provenienti dall’estero.
La medicina narrativa è sempre esistita: negli ultimi anni è emersa la voglia di riscoprire la narrazione nella salute
Comunque, la medicina narrativa c’è sempre stata, l’Europa ne è sicuramente la culla, a partire dai miti greci, dalla nostra storia, e tanto è anche dovuto alle antichissime radici del giuramento di Ippocrate, dove appunto nasce il rapporto medico-paziente. Quello che è cambiato tantissimo, negli ultimi vent’anni, è la voglia di riscoprire la narrazione nella salute, la voglia di integrare e a bilanciare l’aspetto riduzionista della medicina. Dietro un organo bersaglio, dietro ad un corpo, dietro ad un paziente c’è una persona. Anche i medici di varie discipline, stanchi e pieni di ‘cicatrici’ lasciate dalla pandemia, vogliono integrare il proprio sapere con una certa volontà di stupirsi di fronte a quello che la narrazione produce e che spesso stupisce».
Dove troviamo le radici scientifiche della medicina narrativa?
«È il 1999 quando viene pubblicato un articolo sul BMJ dal titolo Narrative based medicine in an evidence based world. Il periodo è molto florido di articoli, Trisha Greenhalgh pone un’analogia con le leggi dei gas che, nella chimica, valgono quando le particelle sono molteplici; mentre, se la particella di gas è presa singolarmente, si comporta in maniera anomala rispetto alle leggi dei gas. Questa metafora sta ad indicare il tema dell’ambivalenza di come si comporta una popolazione che può dare un numero, una media e come, invece, si comporta il singolo. Nel 2013 c’è stato un Congresso importante organizzato dal King’s College a Londra che è stato ‘trait d’union’ con la Columbia University di New York, con Rita Charon. Alla Faculty erano presenti i massimi esperti delle Health Humanities.
Anche le nuove tecnologie digitali possono essere utili nell’ambito della medicina narrativa
In EUNAMES partecipano tantissime competenze diverse e di diverse età: medici, scienziati, psicologi, antropologi, filosofi, sociologi ed anche giornalisti e spiritual counselor. Inoltre, in EUNAMES sono presenti organizzazioni universitarie e di ricerca, ma anche singoli professionisti, anche di aree umanistiche. Cosa che, fondamentalmente, chiedeva la WHO Europe. Da sottolineare che, in Inghilterra malgrado la Brexit, vi sono sia medici sia persone affiliate alle Health Humanities che vogliono rimanere legate all’Europa e rimanere aggiornate».
Medicina narrativa e nuove tecnologie: affini e complementari?
«Vorrei sottolineare che anche le nuove tecnologie possono aiutare nell’ambito della medicina narrativa e, mi piace parlare in questo caso, di ‘intelligenza linguistica artificiale’. Ed è importante usarla, anche a fronte del continuo human touch: usiamo il tocco umano e facciamoci aiutare anche da ciò che offrono le nuove tecnologie».