Le aziende fanno pubblicità. I medici la prescrivono, i farmacisti la vendono. A volte sono le stesse istituzioni, dal mondo universitario a quello degli Ordini regionali dei medici, ad avallarne l’uso organizzando o patrocinando eventi o seminari a tema. Di cosa parliamo? Omeopatia. Evidenze scientifiche? Nessuna.
In occasione della giornata mondiale dedicata, ecco il nostro approfondimento sulla situazione e sui relativi costi per le casse pubbliche nel nostro Paese.
Di cosa parliamo quando parliamo di omeopatia
I medicinali omeopatici sono dei prodotti ottenuti utilizzando sostanze di origine minerale, chimica, vegetale, animale e biologica (definite ceppi omeopatici) attraverso metodi di produzione specifici, definiti nelle farmacopee ufficiali. (Farmacopea Europea o Farmacopea Francese o Farmacopea Omeopatica Tedesca).
La caratteristica dei medicinali omeopatici è quella di utilizzare sostanze altamente diluite e “dinamizzate”. Il processo di diluizione solitamente è responsabile dell’effetto di non rilevabilità del contenuto di partenza del ceppo omeopatico. In tali casi, il medicinale finito risulta, dal punto di vista chimico-fisico, unicamente costituito da eccipienti.
Tuttavia, alcuni medicinali omeopatici possono essere costituiti da sostanze in concentrazione ponderale (ovvero analiticamente rilevabile), oppure direttamente da tinture madri o macerati glicerici.
Il quadro normativo
I medicinali omeopatici attualmente in commercio in Italia hanno goduto delle disposizioni transitorie definite dall’art. 20 del D.lgs. 219/2006 che ha permesso ai prodotti già presenti sul mercato alla data del 6 giugno 1995 di rimanere in commercio, in virtù di una disposizione ope legis. Tali disposizioni transitorie sono terminate il 31 dicembre 2019.
La legge n.190/2014 ha disposto che, per ottenere un rinnovo dell’autorizzazione alla commercializzazione, il titolare dovesse depositare in Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa) i dossier di registrazione entro il 30 giugno 2017. L’Agenzia, in caso di valutazione favorevole del dossier, concede un’autorizzazione all’immissione in commercio.
Con Legge 160/2019 è stato stabilito il proseguo della commercializzazione per i prodotti interessati da un procedimento di richiesta di autorizzazione (Aic) depositata all’Aifa entro il 30 giugno 2017, mentre per gli altri prodotti, per i quali il titolare non ha presentato la domanda di rinnovo, è stato concesso lo smaltimento delle scorte presenti nel canale distributivo alla data del 1 gennaio 2020, fino alla data di scadenza indicata in etichetta e comunque non oltre il 1 gennaio 2022.
Cartabellotta: “L’omeopatia costa 30 milioni alla collettività”
Un business milionario a fronte di nessun beneficio. Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe, fa il punto sui costi dell’omeopatia per la collettività.
Qual è il valore economico dell’omeopatia in Italia?
Secondo i dati di Federfarma nel 2020 la spesa per prodotti omeopatici è stata di € 164,5 milioni, confermando il crollo degli ultimi anni. Dai € 256,7 milioni nel 2013 tale spesa è rimasta pressoché stabile sino al 2016, per poi iniziare a ridursi di circa € 20 milioni/anno.
C’è anche un valore terapeutico?
Nessuno! Le evidenze scientifiche documentano inequivocabilmente che i prodotti omeopatici non sono efficaci per curare nessuna malattia e, come tali, non sono integrativi né tanto meno alternativi ai trattamenti di provata efficacia.
Le evidenze scientifiche documentano inequivocabilmente che i prodotti omeopatici non sono efficaci per curare nessuna malattia
Nel marzo 2015 la pietra tombale sull’omeopatia è stata posta da una revisione sistematica indipendente condotta dal National Health Medical Research Council (NHMRC) australiano che conclude: «Basandosi su una rigorosa valutazione delle evidenze scientifiche, non esiste alcuna patologia in cui sia provata l’efficacia dell’omeopatia; di conseguenza, non dovrebbe essere utilizzata per trattare malattie croniche, severe o che potrebbero diventare tali».
Quali sono secondo Lei le ragioni di questa penetrazione?
Sostanzialmente l’efficacia dei prodotti omeopatici è stata legittimata puntando sul fatto che vengono utilizzati da milioni di persone in tutto il mondo. Ma questa è una strategia di persuasione pubblica basata su teorie di marketing e non sul metodo scientifico. Infatti, analogamente a qualunque farmaco o intervento sanitario, l’efficacia dei prodotti omeopatici deve essere dimostrata da rigorose sperimentazioni cliniche controllate e randomizzate, che di fatto hanno dimostrato che l’omeopatia non è altro che un “costoso placebo”.
Oltre al “lato utente”, l’omeopatia fa parte della formazione dei medici?
Bisognerebbe insegnare nei corsi di laurea che l’omeopatia non serve a nulla. Invece, alcune Università e Ordini dei Medici organizzano corsi per formare i medici all’uso dell’omeopatia. Un inaccettabile paradosso.
Ci sono dei rischi per la salute?
Direttamente no, nel senso che i prodotti omeopatici non presentano effetti collaterali. Ma le persone che utilizzano l’omeopatia mettono a rischio la loro salute quando rifiutano o ritardano terapie efficaci.
Sia a livello di SSN, che di quelli regionali (in particolare in Toscana) e come detrazioni, il sistema omeopatia è un costo per le casse pubbliche: è corretto?
Il Testo Unico per le imposte sui Redditi prevede che “le prestazioni rese da un medico generico (comprese le prestazioni rese per visite e cure di medicina omeopatica)” e “l’acquisto di medicinali (compresi i medicinali omeopatici)” possono essere detratti dall’Irpef nella misura del 19%, oltre la franchigia di € 129,11.
Tenendo conto che il mercato di prodotti omeopatici nel 2020 si approssima ai € 165 milioni, è presumibile che una cifra intorno ai € 30 milioni sia a carico della collettività
Nell’impossibilità di conoscere l’entità delle prestazioni rese da medici omeopati, tenendo conto che il mercato di prodotti (che ingiustificatamente la norma chiama “medicinali”!) omeopatici nel 2020 si approssima ai € 165 milioni, è presumibile che una cifra intorno ai € 30 milioni sia a carico della collettività. Riguardo ai servizi sanitari regionali, a parte la Toscana, non risultano altre Regioni che offrono servizi di omeopatia a carico del SSN.
Cattaneo: “Non bisogna avallare con risorse pubbliche prodotti e pratiche mediche che non si fondano su evidenze scientifiche”
Nessuno mette in discussione il diritto per ogni privato cittadino di scegliere liberamente quale percorso di cura seguire, ma, sottolinea la senatrice Elena Cattaneo, le risorse del SSN sono limitate: non vanno sprecate.
Professoressa, da scienziata e farmacologa e dal 2013 in qualità di senatrice a vita, cosa ne pensa della possibilità di detraibilità delle spese sostenute per l’acquisto di prodotti omeopatici?
Fin dal 2018, commentando le stime di costo per la collettività allora elaborate da GIMBE, proponevo che i risparmi derivanti dalla eliminazione della possibilità di detrarre spese “mediche” di preparati senza alcuna evidenza – piccole o grandi che fossero – potessero essere investiti a beneficio di altri settori sanitari, ad esempio, nell’assistenza ai malati cronici. Il valore di una decisione del genere ha anche una valenza culturale nel non avvallare, nella percezione del cittadino-paziente, l’utilizzo di preparati privi di evidenze scientifiche. In questo senso mi piace segnalare l’enorme passo avanti fatto dalla Francia, proprio il paese sede della Boiron, la multinazionale dei prodotti omeopatici, dove si stima che il sistema sanitario abbia rimborsato ai pazienti oltre 126 milioni di euro per l’omeopatia nel 2018.
Cosa è successo in Francia?
Nel 2019, un parere dell’Alta autorità della salute (equivalente del nostro Istituto Superiore di Sanità), dopo aver condotto un’analisi su oltre 800 studi scientifici, ha concluso che i prodotti omeopatici non hanno dimostrato scientificamente un’efficacia sufficiente a giustificarne il rimborso. Il Governo, di conseguenza, ha recepito l’analisi disponendo la fine progressiva del “sostegno economico pubblico” a tali prodotti passando da un sistema assicurativo che garantiva un 30% di rimborso a questo tipo di preparati, ad uno del 15% nel 2020, fino alla cancellazione totale dal 2021.
Crede che la scelta francese debba essere seguita dall’Italia?
Questa, come altre decisioni assunte da stati a noi vicini, dovrebbe aiutare il Paese a ripensare alle politiche di settore evitando di avallare con risorse pubbliche – dirette o indirette – prodotti e pratiche mediche che non si fondano sulle migliori evidenze scientifiche disponibili.
Ferma restando la libertà di ciascuno di curarsi come meglio crede, farlo fuori dal perimetro delle evidenze scientifiche disponibili non può contemplare l’utilizzo di risorse della collettività
Ferma restando la libertà di ciascuno di curarsi come meglio crede, farlo fuori dal perimetro delle evidenze scientifiche disponibili non può contemplare l’utilizzo di risorse della collettività che, scarse per definizione, in un sistema sanitario universalistico come il nostro devono essere attentamente erogate e giustificate.
Cos’altro andrebbe fatto per far capire ai cittadini la mancanza di scientificità della omeopatia?
L’informazione è fondamentale. Per aiutare i cittadini nelle libere scelte di cura mi sembra utile e sempre attuale il parere del Comitato nazionale di Bioetica che, nel 2017, osservava come la dizione attualmente riportata in etichetta di “medicinale omeopatico senza indicazioni terapeutiche approvate” non sia comprensibile per il cittadino medio, né completa. Opportunamente il Comitato proponeva di sostituire il termine “medicinale” con “preparato” e riteneva fosse doveroso chiarire che l’efficacia dei preparati omeopatici “non è convalidata scientificamente”. Finché li chiameremo “medicinali”, infatti, sarà più complicato ricordare a tutti che, in questi casi, ad oggi non c’è prova di efficacia e appropriatezza.
I medici omeopati nel nostro Paese
Nel nostro Paese, in base ai numeri forniti dalla Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri (Fnomceo), si contano almeno 1.849 medici omeopati.
Elaborazione a cura del CED-FNOMCEO 4 marzo 2022 FNOMCeO
I dati, precisa la Fnomceo, provengono dai flussi informatici dei singoli Ordini provinciali dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri e la Federazione è competente alla tenuta dell’Albo Unico Nazionale sulla base delle informazioni trasmesse dagli Ordini provinciali. Ma questi numeri non possono ritenersi completi ed esaustivi, pur considerando che il medico ai sensi dell’art. 64 del codice di deontologia medica dovrebbe comunicare all’Ordine le specializzazioni e i titoli conseguiti.
La figura conferma la maggior presenza di omeopati in Toscana: 317. Di questi, ben 109 sono in provincia di Firenze. A livello nazionale, ci sono però due realtà che ne hanno un numero ancora maggiore: Catania, con 113, e Milano, con 111.
La realtà toscana costituisce comunque un unicum nel panorama nazionale: le medicine complementari sono state inserite nei programmi per la salute dal 1996 ed è notizia di poche settimane fa che la Toscana sia stata la prima regione italiana ad approvare un Percorso Diagnostico Terapeutico Assistenziale che prevede l’uso di trattamenti integrativi per i malati di tumore.