L’osteoporosi è una malattia sistemica dello scheletro, caratterizzata da una ridotta massa ossea e da sue alterazioni qualitative e quantitative che si accompagnano all’aumento del rischio di frattura.
Cronica, non trasmissibile, grave e molto invalidante, spesso legata ad altre condizioni cliniche o conseguenza di terapie per gravi patologie, questa malattia costituisce un importante problema di sanità pubblica: è, infatti, la causa principale delle fratture in età avanzata e in molte Regioni si segnala un aumento progressivo del numero di eventi.
Spesso il dialogo tra istituzioni e clinici è di natura frammentaria o non esaustiva. In questo ambito, invece, l’apertura all’ascolto e al confronto e la disponibilità alla collaborazione, con l’obiettivo comune del porre al centro le necessità e i bisogni del paziente, potrebbero consentire la realizzazione di iniziative condivise, per conseguire una serie di indubbi vantaggi per pazienti, clinici e istituzioni.
Un esempio significativo, in questo senso, è rappresentato dalle iniziative portate avanti nella Regione Campania con un Osservatorio sull’osteoporosi. Ne parliamo con alcuni dei protagonisti: Mario Nicola Vittorio Ferrante (Direttore Generale Asl Avellino), Giuseppe Longo (Direttore Generale Azienda Ospedaliera Universitaria Federico II di Napoli) e Ugo Trama (Dirigente Politica del Farmaco e Dispositivi, Direzione Generale per la Tutela della Salute e Coordinamento del Sistema Sanitario Regionale, Campania).
Intervista a Mario Nicola Vittorio Ferrante
Direttore Generale Asl Avellino
Quale sarà il ruolo della ASL di Avellino alla luce del percorso individuato e perché avete deciso di partecipare alle iniziative dell’osservatorio sull’osteoporosi in Campania?
L’iniziativa è ambiziosa. Nel percorso diagnostico-terapeutico per l’assistenza ai malati critici è necessario che tutti gli attori del sistema facciano la propria parte. Un servizio che prevede il coinvolgimento nel profilo di cura di tutti i soggetti che prendono in carico il paziente, a partire dalle istituzioni, passando per le strutture sanitarie territoriali e giungendo fino ai medici di medicina generale, rappresenta sicuramente un’azione forte che consente di dare una risposta adeguata al cittadino, andando incontro alle sue necessità. Solo in questo modo la risposta che noi come Servizio Sanitario Regionale possiamo offrire può generare risultati importanti, che ci vengono anche riconosciuti dalla popolazione.
Che cosa è stato sviluppato e qual è l’importanza di quanto fatto finora?
A livello aziendale, noi stiamo attivando una serie di azioni anche a livello ambulatoriale, con l’obiettivo di avviare un’attività di sensibilizzazione convergente a 360°. In quest’ottica, stiamo organizzando, come Asl, momenti di incontro e formazione multidisciplinari, come ad esempio un recente convegno a cui hanno partecipato i professionisti che si occupano di malattie reumatiche ai livelli apicali.
Il mio incarico come Direttore Generale della Asl di Avellino è ancora piuttosto recente ma quello che stiamo cercando di portare avanti è un discorso che riesca a valorizzare tutte le strutture presenti nella Asl territoriale, che è composta non tanto di ospedali di II livello ma da ospedali di I livello e da strutture territoriali. Nella filiera organizzativa devono quindi rientrare tutte le varie azioni, a canna d’organo.
Il percorso che stiamo implementando rientra a pieno titolo nell’ottica della riforma del rapporto ospedale-territorio, come previsto dal Pnrr e dal Dm77
Quali sviluppi prevedete per il futuro, anche in ottica della riforma del rapporto ospedale-territorio innescata dalla pandemia?
Questo percorso che stiamo implementando rientra a pieno titolo nell’ottica della riforma del rapporto ospedale-territorio a seguito della pandemia, così come previsto dal Pnrr e dal Dm77.
In termini di ricadute pratiche sul paziente e sulla gestione della patologia nell’ambito regionale, questa iniziativa potrà influire positivamente su una maggiore vicinanza al paziente delle strutture sanitarie e su un migliore accesso agli ambulatori.
Inoltre, in funzione del nuovo percorso che stiamo implementando, sono previste modifiche e adeguamenti che interesseranno anche la parte di somministrazione dei farmaci, che verrà implementata di conseguenza. Un esempio per tutti: tra le prime innovazioni che ho apportato nel mio nuovo incarico c’è stato l’allestimento di una sala d’attesa adeguata per la dispensazione dei farmaci a livello ospedaliero, per facilitare l’interazione con il territorio e mettere a disposizione dei pazienti che devono recarsi in ospedale per ritirare i farmaci con distribuzione ospedaliera oppure per il profilo di cura una struttura conforme alle loro esigenze.
Intervista a Giuseppe Longo
Direttore Generale Azienda Ospedaliera Universitaria Federico II di Napoli
Quale sarà il ruolo dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Federico II di Napoli alla luce del percorso individuato e perché avete deciso di partecipare alle iniziative dell’osservatorio sull’osteoporosi in Campania?
Attraverso il PDTA aziendale è possibile prendere in carico il paziente con osteoporosi nella maniera più completa possibile, coinvolgendo tutte le figure professionali di cui ha bisogno il paziente. Questa prima positiva esperienza di PDTA aziendale è stata considerata un progetto pilota per sviluppare e coinvolgere gli specialisti sul territorio regionale con l’obiettivo di potere sviluppare un atto d’indirizzo che può essere la base per un PDTA a livello regionale per il paziente osteoporotico.
Che cosa è stato sviluppato e qual è l’importanza di quanto fatto finora?
Questo percorso è nato da un primo corso di formazione realizzato con il Dipartimento di Sanità Pubblica della Federico II ed è servito come esperienza per costruire il PDTA aziendale all’interno dell’AOU Federico II di Napoli.
Quali sviluppi prevedete per il futuro, anche in ottica della riforma del rapporto ospedale-territorio innescata dalla pandemia?
L’Azienda Ospedaliera Universitaria Federico II è stata da subito coinvolta attivamente anche alla luce di queste due esperienze, del corso di formazione e della successiva implementazione del PDTA a livello aziendale.
Attraverso il PDTA aziendale è possibile prendere in carico il paziente con osteoporosi nella maniera più completa possibile, coinvolgendo tutte le figure professionali di cui ha bisogno
Quali possono essere le ricadute pratiche sul paziente e sulla gestione della patologia nell’ambito regionale, e più in generale per il SSN?
Gli obiettivi che si possono raggiungere con l’adozione del PDTA regionale sono molteplici. In primis, garantire al paziente affetto da osteoporosi la sequenza appropriata di azioni da attuare in relazione alle diverse fasi di malattia, migliorando l’accessibilità alle prestazioni specialistiche. È possibile assicurare un’organizzazione coordinata e integrata dei diversi livelli specialistici e delle cure primarie, individuando criteri di appropriatezza per la prescrizione di esami laboratoristici, radiologici e strumentali specifici. Si pensi ad esempio a DEXA, morfometria e radiografia rachide nei soggetti con sospetto di osteoporosi. Inoltre, è possibile individuare i pazienti con forme di difficile diagnosi o che necessitino di diagnosi differenziale al fine di indirizzarli precocemente a valutazione specialistica; permettere una collaborazione dei diversi specialisti in modo da garantire un’adeguata valutazione dei pazienti in qualsiasi aspetto della patologia dell’osteoporosi; misurare le performance dei vari livelli della rete in termini di obiettivi raggiunti nella presa in carico e cura dei pazienti. Da ultimo, ma non meno importante, ridurre l’impatto sanitario e socioeconomico dell’osteoporosi e delle fratture da fragilità in termini di riduzione dei costi sanitari (diretti e indiretti) e dei costi sociali (mortalità, disabilità, impatto sulla qualità della vita), grazie al miglioramento della qualità dei trattenimenti e alla definizione di standard ottimali di cura.
Intervista a Ugo Trama
Dirigente Politica del Farmaco e Dispositivi, Direzione Generale per la Tutela della Salute e Coordinamento del Sistema Sanitario Regionale, Regione Campania
Qual è stato il ruolo della Regione Campania nelle iniziative di supporto alla corretta gestione dell’osteoporosi in Campania?
La Regione Campania ha messo in campo una serie di iniziative per rispondere alla necessità di un adeguato percorso di presa in carico e gestione del paziente affetto da malattia cronica. Nella fattispecie, il percorso di presa in carico del paziente con osteoporosi è volto alla riduzione del rischio di fratture, da cui deriva elevato burden tanto per i pazienti quanto per il SSN.
L’obiettivo fondamentale è quello di cercare di mettere in rete esperti clinici delle Aziende Sanitarie regionali, fornendo molteplici occasioni di confronto e dialogo tecnico e operativo (in presenza e attraverso webinar) tra i Medici di Medicina Generale (MMG) e gli specialisti competenti nella gestione dei pazienti affetti da osteoporosi. Nondimeno, sarebbe opportuno prevedere sempre anche la partecipazione di Direttori Generali e Sanitari, farmacisti e Istituzioni regionali, al fine di creare awareness e fornire ampia formazione su tematiche epidemiologiche, cliniche, economiche, farmaceutiche, medico-legali e di organizzazione sanitaria.
Perché è interessante questo tipo di attività per la vostra Regione e quali miglioramenti può portare sul piano pratico a livello di organizzazione della sanità regionale?
Il trattamento di patologie complesse richiede frequentemente il contributo di più attori all’interno di un sistema multidisciplinare e solo attraverso interventi di riorganizzazione gestionale dei servizi sia a livello aziendale che a livello regionale diventa possibile conciliare l’ottenimento di benefici reali in termini di salute e l’utilizzo efficiente delle risorse.
Il percorso di presa in carico del paziente con osteoporosi è volto alla riduzione del rischio di fratture, da cui deriva elevato burden tanto per i pazienti quanto per il SSN
Il contesto pandemico ha creato nuove sfide e opportunità e ha reso drammaticamente ineludibile la necessità di un ridisegno e ottimizzazione degli attuali percorsi di cura – come declinato nel DM 77 – soprattutto nell’ambito delle patologie croniche, come l’osteoporosi.
L’esperienza ha dimostrato come sia necessario garantire un corretto follow-up e, soprattutto, quanto sia fondamentale la promozione di strumenti che facilitino l’armonizzazione e l’uniformità di cure nel territorio della Regione Campania.
Attualmente in Regione Campania la gestione della patologia dell’osteoporosi è affidata a singoli sanitari separatamente (MMG, specialisti territoriali e specialisti ospedalieri) in assenza di un percorso ben definito che guidi il paziente nelle varie fasi della diagnosi e della terapia (farmacologica e non) di tale patologia su tutti i fronti. Ne deriva la necessità di un profondo rinnovamento che comporti il passaggio da una medicina di attesa a una medicina di iniziativa, con la costruzione di un processo basato, in particolare, sulla rilevazione dei bisogni e delle diseguaglianze nella salute, sulla definizione di percorsi di cura e di assistenza integrati, sull’organizzazione della medicina generale e sull’integrazione tra didattica, ricerca e assistenza. Un nuovo modello di assistenza integrata, fondato sulla corretta informazione e formazione, sulla partecipazione e integrazione dei professionisti, deve prevedere una comunicazione chiara, responsabile, condivisa ed efficace, in particolare fra gli operatori sanitari, fra Istituzioni e cittadino e fra operatore sanitario e paziente.
L’intento delle varie iniziative sull’osteoporosi sostenute dalla Regione è stato quello di individuare azioni atte ad incrementare la qualità dell’assistenza erogata, migliorando gli outcomes e promuovendo la sicurezza del paziente attraverso l’utilizzo delle giuste risorse necessarie ed attraverso un approccio multidisciplinare e una maggior collaborazione tra ospedale e territorio.
Questa esperienza può essere esportabile in altre realtà e Regioni e che cosa serve per realizzare un progetto di questo genere?
Sì, al netto delle diverse realtà territoriali, è comune la necessità di una presa di coscienza sia dell’importanza della prevenzione che della cura delle patologie croniche e quindi, che nella presa in carico post dimissioni dopo l’evento acuto.
La Regione Campania da sempre, si è mostrata sensibile e attenta al tema dell’osteoporosi, dimostrando una presa di coscienza della necessità di ottimizzazione della prevenzione e della presa in carico dell’osteoporosi. Dal confronto tecnico con gli esperti clinici e payer che hanno partecipato alle iniziative promosse, sono state formulate proposte per potenziare la gestione e la presa carico del paziente con osteoporosi, attraverso la definizione del setting clinico-assistenziale e la promozione di un approccio multidisciplinare e di maggior collaborazione tra ospedale e territorio, per consentire l’incremento della qualità dell’assistenza erogata e la sicurezza del paziente.