«Le guerre, la crisi economica, la passata epidemia e i cambiamenti che vive la nostra società, si pensi solo al passaggio al digitale e all’uso di Internet, oppure all’angoscia che genera il cambiamento climatico nei giovani, sono fattori che stressano maggiormente il sistema nervoso rispetto ad altri organi del corpo, fattori che aumentano l’insorgere di patologie psichiche come ansia e depressione».
Emi Bondi, presidente della Società Italiana di Psichiatria (SIP) e Direttore del Dipartimento di Salute Mentale dell’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, spiega come i cambiamenti abbiano impatto in un ambito ritenuto strategico per la salute. In un panorama europeo in cui si investe nella salute mentale una media del 5% della spesa sanitaria nazionale, dove l’obiettivo a livello internazionale è stato fissato al dieci percento, l’Italia non regge il confronto e investe solo il 2,9%, a fronte di un’esponenziale crescita della richiesta.
L’Italia spende per le ore lavorative perse per depressione circa 4 miliardi di euro
«L’ansia e la depressione stanno diventando le principali cause di disabilità nel mondo in termini di ore lavorative perse – spiega Bondi –fare prevenzione e curare, significa evitare costi sociali imponenti». Si riferisce ai circa 4 miliardi di euro stimati che l’Italia spende per le ore lavorative perse per depressione. Inoltre, se i costi per il trattamento della patologia – includendo farmaci, visite specialistiche ambulatoriali e ricoveri – ammontano a circa 4mila euro per paziente, è stato stimato che il Sistema Sanitario Nazionale destini pro capite una spesa esigua, intorno ai 60 euro per cittadino.
Una fotografia impietosa della situazione l’ha scattata l’ultimo report di Ipsos e Axa, intitolato “Mind Your Health”, pubblicato nel marzo 2024. I risultati dell’indagine di sedicimila interviste rivolte a persone tra i 18 e i 75 anni in 16 Paesi, hanno evidenziato che, in Italia, il 28% della popolazione riporta una forma di disturbo mentale, e che il dato sarebbe in crescita di sei punti rispetto all’anno precedente. L’ansia e la depressione, secondo il report, sono le patologie più comuni. La prima rappresenta il 14% del totale dei disturbi rilevati, mentre la seconda il 12%.
Bondi spiega: «Le patologie psichiche sono in assoluto tra le più diffuse nella nostra società, ma ciononostante la salute mentale continua a essere sottostimata, sotto finanziata e sottovalutata: è ora di immettere risorse in questi servizi, soprattutto per ciò che concerne il SSN».
Nuove patologie e riorganizzazione delle risorse
«La situazione di incertezza causata dalla crisi economica, l’insicurezza del futuro, la società che cambia – come dimostra la pandemia che ha minato le nostre certezze – rappresenta un fattore di stress che richiede performance notevoli e si ripercuote sugli aspetti psichici». E continua: «Inoltre, oggi siamo in grado di identificare patologie che una volta non riuscivamo a individuare. Sono in crescita esponenziale i disturbi del comportamento alimentare, le problematiche legate all’utilizzo delle sostanze, l’insorgenza di patologie psichiatriche e psicotiche, la cui età d’esordio si è abbassata. Crescono i disturbi legati alla dipendenza da internet». Bondi spiega: «Per questa ragione, i servizi per rispondere ai nuovi bisogni si devono riorganizzare con delle nuove risorse, con personale specializzato nelle discipline emergenti e ambulatori dedicati».
Parole e farmaci per curare tutti
L’Italia investe circa il 2,9% della spesa sanitaria nazionale in salute mentale. La media europea è del 5%
Circa un anno fa, per affrontare le nuove sfide post-pandemia, il Ministero della Salute ha istituito il Tavolo tecnico sulla salute mentale, coordinato da Alberto Siracusano, professore al Policlinico Universitario di Tor Vergata a Roma. «Il Tavolo– spiega Bondi – ha il compito di riorganizzare i servizi in modo da rispondere a quelle che sono le nuove esigenze dopo l’epidemia di Covid-19. Ma per farlo i servizi di salute mentale necessitano di personale. Noi curiamo con le parole o con i farmaci, e la salute mentale si basa sulla relazione terapeutica con il paziente. Se i servizi di salute mentale hanno i fondi ridotti e il personale è ridotto, ci si riduce a trattare solo ed esclusivamente le urgenze, cioè i pazienti che giungono in pronto soccorso».
Perché le più colpite sono le donne?
Nell’ambito della salute mentale la ricerca ha evidenziato che, rispetto agli uomini, le donne sono colpite in numero maggiore da ansia e depressione. Gli uomini sono più toccati da altre tipologie di disturbi, tra cui schizofrenia e disturbi del neuro sviluppo, e in maniera minore. L’Organizzazione Mondiale della Sanità nel documento Women’s Mental Health: An Evidence Based Review, divenuto apripista sul tema, evidenzia come, a impattare, siano prima di tutto le politiche pubbliche di politica economica e i fattori socioculturali e ambientali.
Fattori culturali e genetici
Bondi, primo presidente donna nella storia della SIP, conferma: «È notorio che noi donne dovendo far coincidere più ruoli lavorativi, quello occupazionale, quello della gestione della casa e dell’accudimento dei figli siamo soggette a stress prolungato, il quale è fattore di ansia e depressione» e, tra i fattori genetici che predispongono la donna, «vi sono gli ormoni femminili che rendono il genere più vulnerabile durantela gravidanza, il post partum e il peripartum».
Focus e fondi sul periodo perinatale
E continua: «Nel tavolo tecnico sulla salute mentale abbiamo affrontato il tema delle ripercussioni della depressione perinatale: sia per quel che concerne la donna, sia per i risvolti che può avere sul figlio. Se una madre sta male e subisce violenza mentre è in gravidanza, avrà maggior probabilità di sviluppare problemi di salute mentale, e il bambino, di conseguenza, avrà maggiori problemi di depressione e ansia, oltre che possibili ritardi nello sviluppo». Bondi conclude: «Oggi è centrale curare le donne nel periodo perinatale, offrire la necessaria prevenzione e dare tutto il sostegno possibile per permettere a tutte l’accesso alle cure», perché «in Italia abbiamo un servizio sanitario di base a cui tutti possono accedere in quanto riconosciamo il diritto alle cure nel trentaduesimo articolo della Costituzione, ma per applicarlo sono necessari fondi».