Ripensare l’ospedale: flessibile, sostenibile e centrato sulla persona

Un nuovo approccio alla progettazione ospedaliera: il progetto JRP Healthcare Infrastructures punta a ridefinire gli spazi di cura. A TrendSanità ne parlano Stefano Capolongo e Andrea Brambilla (Dipartimento DABC del Politecnico di Milano)

Non più edifici statici, ma veri e propri sistemi viventi. Gli ospedali del futuro saranno ambienti dinamici, capaci di adattarsi con prontezza ai cambiamenti sociali, scientifici ed epidemiologici. Al centro di questa visione c’è la flessibilità progettuale, intesa non solo come riorganizzazione degli spazi, ma come filosofia strutturale che integra sostenibilità, ricerca e tecnologia.

A delineare questo nuovo paradigma è la Joint Research Partnership Healthcare Infrastructures (JRP HI), piattaforma di ricerca fondata nel 2022 dal Dipartimento di Architettura, Ingegneria delle Costruzioni e Ambiente Costruito (DABC) del Politecnico di Milano insieme alla Fondazione Politecnico di Milano. Un’iniziativa che, nel primo triennio di attività, ha coinvolto istituzioni nazionali e internazionali – tra cui l’OMS, il Ministero della Salute, ISS, Agenas, Regioni e aziende sanitarie – e che oggi entra nel vivo del suo secondo ciclo (2025-2027).

La flessibilità e la resilienza sono requisiti fondamentali dell’ospedale del futuro

Il risultato è un modello metaprogettuale di Next Generation Hospital, con linee guida condivise e requisiti misurabili per accompagnare enti pubblici e operatori privati nella progettazione delle nuove infrastrutture sanitarie. E alcune realtà, come l’Ospedale Niguarda di Milano, l’Ospedale Pediatrico Santobono di Napoli, il nuovo Ospedale della Malpensa, l’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria e il Nuovo Ospedale Civile di Brescia, saranno tra le prime a mettere in pratica questi principi.

Ne parliamo con Stefano Capolongo (Professore Ordinario di Hospital Design e Urban Health, Coordinatore scientifico del Design & Health Lab, Direttore del Dipartimento DABC del Politecnico di Milano) e Andrea Brambilla, ricercatore presso il Design & Health Lab dello stesso Dipartimento DABC del Politecnico di Milano.

Professor Capolongo, quali criteri utilizzate per valutare la flessibilità delle nuove strutture ospedaliere?

«Creare innovazione dalla ricerca di base alla ricerca applicata. La flessibilità e la resilienza sono requisiti fondamentali. Li valutiamo attraverso soluzioni progettuali di prefabbricazione che diventano uno strumento strategico cruciale. Non solo consentono di riconfigurare gli spazi con estrema rapidità, ma si riducono significativamente i tempi di costruzione che, attualmente, variano tra i cinque e i dieci anni, considerando che il ciclo di vita di una struttura ospedaliera è ormai stimato in cinquant’anni. L’obiettivo è inoltre, garantire la rapida riconfigurazione degli spazi seguendo le norme UNI (norme nazionali) che stanno diventando norme ISO (norme internazionali): queste saranno i princìpi più significativi dei requisiti che deve avere un ospedale che guarda al futuro.

La capacità di adattamento deve essere quantificata attraverso parametri misurabili, per superare l’approccio puramente descrittivo

Abbiamo sviluppato strumenti innovativi per misurare questa flessibilità, analizzando parametri tecnici come le caratteristiche tecnologiche, gli spazi disponibili e la configurazione degli impianti. L’obiettivo è quantificare la capacità di adattamento attraverso parametri misurabili, superando l’approccio puramente descrittivo. Un cambio di paradigma riguarda la progettazione stessa. Non più ospedali pensati per numero di posti letto o volumi di attività, ma progettati per processi. Significa creare spazi che possano essere rapidamente riconvertiti, con un’attenzione particolare alle aree a elevata intensità di cura come terapie intensive e blocchi operatori».

Sarebbe possibile intervenire anche con riconversioni di strutture ospedaliere già esistenti, magari anche vetuste?

Stefano Capolongo

«La premessa è la seguente: tra riadattare un vecchio ospedale e costruirne uno nuovo, è sempre meglio costruire un nuovo ospedale. Questo perché il costo di gestione di un ospedale equivale al costo di costruzione di un nuovo ospedale. Quindi accanirsi nel riconvertire il vecchio è un’operazione che non porta mai grandi risultati e talvolta comporta spese molto più elevate.

Oggi, la tendenza in atto è costruire nuovi ospedali su aree già occupate da strutture esistenti: si recuperano alcuni degli edifici degli ospedali esistenti, abbassando il livello di cura e assistenza, liberando il sedime ospedaliero di edifici con scarso valore storico e ricostruendo un ospedale ex novo dotato di tutti gli elementi tecnologici all’avanguardia.

Questo nuovo volume andrà a contenere, per esempio, le nuove sale operatorie, le terapie intensive, i nuovi laboratori: tutto ciò che in un ospedale invecchia rapidamente, ovvero l’alta intensità di cura e l’alta tecnologia. Il resto dell’ospedale sarà destinato a degenze, studentati, uffici e aule di studio, con un’intensità assistenziale progressivamente decrescente.

L’operazione viene condotta oggi anche in un’ottica di sostenibilità: dobbiamo capire cosa fare del patrimonio edilizio esistente e il consumo di suolo è diventato un tema cruciale di sostenibilità.

Dobbiamo capire cosa fare del patrimonio edilizio esistente e il consumo di suolo è diventato un tema cruciale di sostenibilità

Esistono già numerosi esempi di questo approccio: il Policlinico di Milano, il Gaslini di Genova, e presto anche l’Ospedale di Brescia seguiranno questa strada, liberando aree e recuperando gli edifici esistenti. Di fatto, si tratta sempre di un ospedale nuovo, coadiuvato dalla vecchia struttura, ma non si interviene mai su un ospedale vecchio a padiglioni pensando di poter realizzare un nuovo blocco operatorio o una terapia intensiva, poiché il risultato sarebbe sempre poco soddisfacente».

Quali sono i parametri di sostenibilità per le aree ospedaliere più energivore?

«La sostenibilità è un tema centrale, supportata da dati impietosi. Da una recente survey emerge che il 63% degli ospedali intervistati ha consumi energetici e idrici fuori dagli standard ottimali. Solo il 5% utilizza fonti rinnovabili, e non sono state mappate strutture interamente certificate sotto il profilo ambientale (Leed o simili). Il bilancio di sostenibilità in generale va infatti sviluppato sull’intero complesso ospedaliero, non sulla singola attività. La sfida è sviluppare una visione sistemica che guardi all’intero complesso ospedaliero, superando l’approccio frammentario.

Il verde diventa protagonista di questa nuova concezione. Non più un elemento decorativo, ma una componente terapeutica fondamentale. Gli studi scientifici dimostrano impatti sorprendenti: pazienti con camere che affacciano su spazi verdi hanno tempi di degenza significativamente più brevi. Per il personale sanitario, che trascorre mediamente da nove a dodici ore al giorno in ospedale, gli spazi verdi riducono i livelli di stress fino al 50%. Le nuove strutture ospedaliere saranno rivoluzionate da questi princìpi. Camere singole, facilmente trasformabili in doppie, in caso di emergenza, diventeranno lo standard. Spazi dedicati ai caregiver acquisteranno centralità, riconoscendo l’importanza di figure di supporto sempre più specializzate. Ampi “spazi polmone”, attualmente rappresentanti solo dall’1% della superficie (con l’obiettivo di arrivare almeno al 2%), potranno essere rapidamente allestiti per nuove esigenze assistenziali.

Da una recente survey emerge che il 63% degli ospedali intervistati ha consumi energetici e idrici fuori dagli standard ottimali

La componente impiantistica tende sempre più ad aumentare, come anche la componente di automazione di intelligenza artificiale e la robotica negli ospedali, di conseguenza, anche le maglie strutturali, come le altezze e le volumetrie dovranno essere ricalibrate secondo questi criteri. L’intelligenza artificiale si prefigura come un game-changer. Non più solo uno strumento clinico, ma un elemento che ridisegnerà completamente i processi di cura e la progettazione ospedaliera. Si sperimenteranno materiali innovativi in grado di ridurre virus e batteri, mentre tecnologie digitali miglioreranno l’esperienza dei pazienti. Studi preliminari, come quelli condotti in radioterapia con cieli virtuali, mostrano già risultati sorprendenti nella riduzione dello stress».

Aggiungiamo l’arte e l’estetica come criterio di innovazione?

«L’estetica e l’arte diventano altresì componenti strategiche. L’obiettivo è trasformare l’ospedale da luogo percepito come ostile a spazio familiare. Accorgimenti come la caffetteria all’ingresso, un’illuminazione studiata, colori caldi e l’introduzione di opere artistiche non sono più elementi accessori, ma parte integrante del processo di cura.

L’obiettivo è comprendere come l’ambiente costruito influenzi la salute e il benessere, tanto dei pazienti quanto degli operatori sanitari

Esistono persino raccomandazioni che prevedono una quota percentuale del costo di un ospedale debba essere dedicato all’inserimento di opere d’arte, sebbene nella pratica questo aspetto venga spesso trascurato. L’arte diventa così strumento per rendere gli ambienti più accoglienti, riducendo l’ansia e migliorando la percezione dello spazio».

Architetto Brambilla, potrebbe spiegare il vostro approccio alla misurabilità?

Andrea Brambilla

«L’approccio alla misurabilità rappresenta un elemento cruciale nelle nostre metodologie di ricerca. Questo si articola su due livelli principali: da un lato, le ricerche tradizionali; dall’altro, un approccio innovativo che coinvolge molteplici contesti esterni, quali il mondo imprenditoriale, industriale e le istituzioni ospedaliere. Il metodo prevede l’integrazione di misurazioni qualitative e quantitative, coinvolgendo partner provenienti dal mondo ospedaliero e industriale, al fine di garantire un approccio scientifico e multidisciplinare.

E le survey realizzate fino ad ora offrono un valore aggiunto che i partner del progetto JRP riconoscono come strategico.

Un esempio eloquente è rappresentato dall’indagine, di prossima pubblicazione, sulla percezione e le preferenze dei pazienti sulla camera singola rispetto alla camera multipla, presso l’Istituto dei Tumori di Milano. La ricerca analizza anche il rapporto tra pazienti e operatori in relazione alle tipologie di camere di degenza, con l’obiettivo di comprendere come l’ambiente costruito influenzi la salute e il benessere, tanto dei pazienti quanto degli operatori sanitari. Le indagini si concentrano su molteplici dimensioni: dalla flessibilità degli spazi agli aspetti economici, dalla gestione del rischio alla sostenibilità, quest’ultima vera cifra distintiva dell’attuale ciclo di ricerca».

Vista assonometrica del Next Generation Hospital® sostenibile e integrato con la rete territoriale. Credits: Politecnico di Milano

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Silvia Pogliaghi
Giornalista scientifica, esperta di ICT in Sanità, socia UNAMSI (Unione Nazionale Medico Scientifica di Informazione)