Telemedicina, terapie digitali, comunicazione online: come cambia l’ecosistema della salute

L’ecosistema dei servizi sanitari sta cambiando, e sono numerosi gli attori interessati a questa rivoluzione. Tra questi, i big player della Rete (Google, Amazon...), che non appartengono al mondo sanitario ma sono intenzionati a farne parte e che potrebbero cambiare le regole del gioco.

Telemedicina, terapie digitali, ma anche umanesimo digitale e comunicazione sanitaria sui social: la salute sarà sempre più digitale, l’ecosistema dei servizi sanitari sta cambiando, e sono numerosi gli attori interessati a questa rivoluzione, tra i quali i big player della Rete che non appartengono al mondo sanitario ma sono intenzionati a farne parte, e che potrebbero cambiare le regole del gioco.

Questi temi sono stati al centro dell’evento online “Smart health: dalla telemedicina alla promozione della salute” organizzato nell’ambito del festival della cultura digitale “Modena Smart Life” .

All’incontro, tra gli altri ospiti, hanno partecipato Francesco Gabbrielli, Direttore del Centro nazionale per la telemedicina e le nuove tecnologie sanitarie dell’Istituto Superiore di Sanità (Iss); Alfredo Pascali, esperto di marketing sanitario, umanesimo digitale e consulente start up nel mondo healthcare; Jolanda Serena Pisano, ricercatrice nell’ambito della comunicazione della salute presso l’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri; Giuseppe Fattori, medico e docente di marketing sociale presso l’Università di Bologna.

Telemedicina: una rivoluzione silenziosa

Che cos’è la telemedicina? Se fosse una semplice videochiamata, “una telefonata di lusso”, non varrebbe nemmeno la pena parlarne. Ma non è nemmeno un’innovazione tecnologica.

Francesco Gabbrielli“La telemedicina è un’innovazione della medicina che usa la tecnologia – ha esordito Francesco Gabbrielli dell’Iss – e l’aspetto più importante è la collaborazione a distanza tra diversi professionisti sanitari o tra i sanitari e i pazienti. Oltre al fatto che si basa su un lavoro di squadra”.

Il Centro nazionale per la telemedicina è nato nel 2017 e si è adoperato fin dall’inizio per costruire un modello italiano di telemedicina valido su tutto il territorio nazionale: “Che non significa fare un unico sistema che vale per tutti, perché la telemedicina è per definizione territoriale, va adattata alle persone che si intendono curare, ma bisogna dare dei pilastri che siano uniformi sin tutto il Paese, altrimenti non c’è coerenza nei servizi e il servizio sanitario pubblico italiano ne risentirebbe”.

La telemedicina è un’innovazione della medicina che usa la tecnologia e deve essere territoriale per definizione

Noi viviamo in un momento molto particolare: l’evoluzione delle tecnologie è inarrestabile. Quelle digitali hanno la caratteristica di convergere le une verso le altre, fino ad arrivare ad una tecnologia che le conterrà tutte: “Questa non è fantascienza – riprende Gabbrielli – è una realtà già esistente da alcuni anni e che si sta propagando sempre di più anche dentro alla medicina, nella pratica di tutti i giorni. Questo comporterà un cambiamento epocale: i servizi di telemedicina sono il primo degli scalini di una evoluzione che ci porterà verso un’estrema personalizzazione delle cure, realizzata proprio grazie a un nuovo modo di produrre, gestire e utilizzare i dati relativi al paziente”.

 

Durante la pandemia, l’uso quotidiano della telemedicina è esploso, o per dirla con le parole di Gabbrielli: “Ha avuto un gradiente di sviluppo molto alto, perché fino al 2020 purtroppo nel nostro paese la telemedicina non era presa in considerazione dalle istituzioni.  Per fortuna eravamo pronti perché avevamo già studiato da tempo questi aspetti e abbiamo potuto produrre report già ad aprile del 2020 che hanno aiutato molti colleghi”.

I documenti dell’Iss sono stati presi come riferimento anche per realizzare le “Indicazioni nazionali per le prestazioni di telemedicina” adottate in conferenza Stato-Regioni a dicembre 2020.

“Questo balzo in avanti verso la telemedicina è stato poco percepito dall’opinione pubblica – riprende l’esperto dell’Iss – perché in realtà moltissime regioni, non tutte purtroppo, hanno recepito queste indicazioni nazionali. Naturalmente, è un passo che poi deve essere ulteriormente rafforzato dalle buone pratiche professionali per le varie discipline”.

Le indicazioni nazionali sono molto utili per capire che cosa è e che cosa non è la televisita, oltre a indicare in quali casi questa sia rimborsabile e quali tariffe adottare. In questo senso il metodo di tariffazione previsto è emergenziale e si basa sul concetto di omologazione del trattamento della prestazione in telemedicina alla prestazione in presenza.

“Ma questo modello non reggerà molto a lungo – riprende l’esperto dell’Iss – Rappresenta una soluzione “ponte” in attesa di elaborare delle tariffe più appropriate per le prestazioni stesse. D’altra parte, le prestazioni che riguardavano questo documento sono molto elementari”.

In effetti il documento parla della televisita ma non disciplina altri ambiti come la riabilitazione, la certificazione, il monitoraggio e l’applicazione della telemedicina in ambiti terapeutici specifici.

Tutte attività a cui Iss sta lavorando.

L’Iss sta lavorando a diversi documenti specifici, dalla teleriabilitazione al  telemonitoraggio alla telecertificazione

“Il documento sulla teleriabilitazione è già stato presentato al Ministero e siamo in attesa di vederlo approvare dalla Conferenza Stato Regioni; quello sulla teleassistenza lo produrremo dopo l’approvazione sulla teleriabilitazione. Il telemonitoraggio cardiovascolare polmonare invece è quasi terminato, un lavoro che ha coinvolto 18 società scientifiche e associazioni scientifiche oltre all’ISS. Lavoreremo anche sulla telecertificazione, che è un problema molto spinoso perché attiene a varie leggi dello Stato che si incastrano l’una con l’altra, fatte per lo più in era pre digitale”.

Il documento sulla teleriabilitazione, ad esempio, oltre a definire questa attività, identifica vari luoghi di prestazione e di erogazione del servizio, coinvolgendo anche spazi al di fuori delle strutture sanitarie, o della casa del paziente, come ad esempio luoghi di lavoro, scuole, università.

Ma l’ISS sta continuando a lavorare anche su altre discipline, come pediatria, dermatologia, medicina genetica, anatomia patologica, cardiologie; l’obbiettivo è portare avanti gradualmente tutte le varie specifiche della telemedicina nelle varie discipline.

“È un lavoro immenso – confessa Gabbrielli –  che sarebbe stato meglio aver iniziato alcuni anni fa, facendolo un po’ per volta, mentre ora lo stiamo facendo un po’ di corsa. Non possiamo recuperare in pochi mesi dieci anni persi nel passato. Personalmente, mi accontenterei di non perdere altro di tempo”.

La telemedicina non è comunque scevra da criticità e timori. I rischi sono dietro l’angolo: gli attacchi informatici, le violazioni della privacy, la discriminazione nell’accesso. Se non ben strutturata la telemedicina, anziché aumentare l’accessibilità ai trattamenti, potrebbe essere invece un fattore discriminante.

Ecosistema sanitario, un mondo in cui vogliono entrare i grandi player della Rete

Alfredo Pascali, docente del Politecnico di Milano nonché esperto di marketing e comunicazione digitale in ambito sanitario, ha parlato dei cambiamenti digitali che stanno interessando l’ecosistema della sanità.

Partendo da tre concetti: medicina di precisione, umanesimo digitale, convergenza e centralità.

“Il futuro della medicina sarà la personalizzazione – ha detto l’esperto – ma andremo sempre di più anche verso la medicina preventiva e predittiva grazie all’uso dell’intelligenza artificiale”.

Il digitale sarà lo strumento che connetterà tutti gli attori che interagiranno intorno al paziente, il cosiddetto umanesimo digitale integrato, che deve basarsi su questi aspetti: spazi, relazioni, tecnologie e processi progettati e gestiti con l’utente/paziente al centro.

A dimostrazione dell’importanza del digitale in ambito healthcare ci sono i dati degli investimenti degli ultimi due anni. Secondo gli ultimi dati di CBInsight, gli investimenti sono schizzati alle stelle dal 2018 al secondo trimestre del 2021.

Sul tema della convergenza e delle centralità, Pascali si riferisce nello specifico ai grandi attori che operano al di fuori del sistema salute ma sono intenzionati a entrarci, soprattutto attraverso il digitale. Parliamo di colossi come Google, Amazon, Facebook, marchi del mondo del food e del mondo finanziario.

Il digitale sarà lo strumento che connetterà tutti gli attori che interagiscono intorno al paziente, il cosiddetto umanesimo digitale integrato

“Sono player che parlano con linguaggi e utilizzano approcci diversi da chi opera nel mondo healthcare, ma se l’obbiettivo rimane quello della centralità del paziente, della sua percezione e della qualità dei servizi, questa sarà la metrica reale con cui valutare l’efficacia di tutti gli attori”.

Questi colossi negli ultimi tempi hanno investito miliardi di euro in sanità, e ognuno di loro lo ha fatto su strade differenti: chi si è occupato di prevenzione, chi di device, chi di cloud, chi del mondo delle farmacie.

Apple watch da più di un anno punta la comunicazione legata proprio al valore di salute, e negli Stati Uniti la Food and Drug Administration lo ha approvato come medical device per l’elettrocardiogramma: “Apple è un’azienda con una capacità di marketing molto potente, capace di arrivare al cittadino in modo più efficace, ma è una competenza che va sviluppata. I dati generati non possono finire in un server ed essere inutilizzati. Occorre disegnare i processi in termini di co-design mettendo al centro il paziente e gestendo la relazione in ottica multicanale”.

Terapie digitali, cure dal potenziale straordinario e ancora inesplorato

La dottoressa Jolanda Serena Pisano, ricercatrice del laboratorio di informatica medica dell’Istituto Mario Negri di Milano, ha parlato delle terapie digitali. “Si tratta di tecnologie che aiutano il consumatore a occuparsi del proprio benessere e della propria salute, ma richiedono comunque delle prove di efficacia clinica. Si tratta di veri e propri interventi terapeutici che sono guidati da programmi software e seguono tutte le regole a cui sono sottoposte le terapie tradizionali, come trial clinici randomizzati e conferme da parte dei vari enti regolatori”.

Si definiscono terapie digitali anche se da un punto di vista normativo sono considerate dispositivi medici, anche perché non sono basati su un farmaco, ma su un software che aiuta il paziente a trattare il proprio disturbo o patologia attraverso la modifica degli stili di vita.

“Le terapie digitali sono accompagnate da un foglietto illustrativo, devono essere prescritte dal medico, devono essere previsti meccanismi di rimborso, pubblici o assicurativi e sono sottoposte ad analisi di Health Technology Assessment” continua la ricercatrice. Possono essere app da usare sul telefonino, oppure da pc o tablet.

Le terapie digitali sono veri e propri interventi terapeutici guidati da programmi software e devono seguire tutte le regole previste per i farmaci tradizionali

Come rilevato da una recente ricerca realizzata da Eugenio Santoro e altri colleghi del Mario Negri, le terapie digitali sono somministrate soprattutto tramite app (41,9%) e applicazioni web (25,7%). Le aree terapeutiche dove si interviene maggiormente sono la salute mentale (34,6%) seguita dalle malattie croniche (19,1%), dipendenze (12,5%), e in misura minori disturbi del sonno, obesità, problemi cardiovascolari.

Tra le app che stanno avendo più successo, la dottoressa Pisano cita WellDoc, utile per la gestione del diabete di tipo 2: “È stato dimostrato che, agendo sugli stili di vita, questa terapia digitale può ridurre l’emoglobina glicata in modo significativo”.

Deprexis e Velibra agiscono nell’ambito delle terapie cognitivo comportamentali: “La prima ha dimostrato di poter diminuire la depressione grave mentre la seconda si è mostrata efficace per certi disturbi dell’ansia come la fobia sociale” ha concluso la dottoressa Pisano.

Online, offline o onlife?

Giuseppe Fattori, medico e docente universitario di marketing sociale a Bologna, ha puntato anche a elevare il discorso sul digitale. Che non si può più considerare come altro da noi, come dimensione che decidiamo di vivere in certi momenti, e staccarcene in altri. Siamo immersi nel digitale, costantemente. Non si può più quindi parlare di dimensione online o offline, ma onlife: viviamo in un mondo iperconnesso dove queste distinzioni non hanno più senso.

Partendo da questo concetto, e sfruttandolo al meglio, si possono realizzare progetti in ambito sanitario molto interessanti. Fattori ha raccontato quello sulla mappa della salute dell’Emilia Romagna, una mappa interattiva che viene alimentata dai vari soggetti presenti sul territorio per segnalare strutture, palestre e altri centri che si occupano di salute, disabilità, riabilitazione, centro anti fumo, ecc.

Il digitale è una dimensione nella quale viviamo costantemente e può essere utilizzato per realizzare progetti di salute molto coinvolgenti

Un altro esempio è costituito dall’uso sapiente dei social per fare prevenzione: “Il fumo sta aumentando tra i giovani, che sono infatti diventati il nuovo target dell’industria del tabacco – afferma Fattori – Per raggiungere i giovani e fare prevenzione abbiamo quindi pensato di usare il social Instagram lanciando il concorso “#invecedifumare” e che ha avuto un grande successo!”.

 

Un altro esempio interessante è il progetto “Bologna bella massa” per ridurre il nostro impatto sull’ambiente e favorire la mobilità sostenibile: attraverso una app specifica, si registrano i propri spostamenti in bicicletta, autobus, treno, car-sharing, car-pooling e gli spostamenti a piedi, guadagnando per ognuno di essi “PuntiMobilità” che consentono di ottenere sconti nei negozi ed esercizi aderenti all’iniziativa. Con questa iniziativa sono state risparmiate oltre 700 tonnellate di Co2, oltre a considerare l’indotto per le aziende e la grande partecipazione di pubblico, e delle scuole.

Tornando sul digitale, Fattori ha parlato di come gli assistenti vocali stiano facendo la differenza nella comunicazione sanitaria: “Il Servizio Sanitario inglese (NHS) si è alleato con Alexa, l’assistenza vocale di Amazon, per fornire informazioni affidabili sulle vaccinazioni anti-Covid. In questo momento, ci sono 80 trial in corso che stanno valutando Alexa come assistente sanitario”.

Gli assistenti vocali stanno facendo la differenza nella comunicazione sanitaria

Per Fattori la comunicazione istituzionale deve sondare nuove vie che non siano solo i media tradizionali: “In Finlandia in caso di crisi, oltre a dottori, infermieri e pompieri, nella comunicazione coinvolgono gli influencer. Da noi, quando l’anno scorso l’ex premier Giuseppe Conte ha chiamato i Ferragnez per aiutarlo nella comunicazione sull’importanza dell’uso delle mascherine, è stato visto come un fatto straordinario”.

I social, da Tik Tok a Instagram, hanno una penetrazione molto più capillare e diffusa rispetto ai media tradizionali e possono raggiungere quella parte di popolazione più giovane su cui occorre fin da subito fare cultura della prevenzione.

 

Il nuovo ecosistema della salute, sempre più connesso, digitale, disegnato sul paziente, non può fare a meno di una comunicazione altrettanto digitale e capillare, capace di arrivare laddove la comunicazione tradizionale non arriva, o fallisce.

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Angelica Giambelluca
Giornalista professionista in ambito medico