Il diritto alla cura per le persone detenute è un diritto umano fondamentale, sancito e protetto dalla nostra Costituzione come ambito inviolabile della dignità umana. Tuttavia, a volte, questo diritto può costituire un problema per l’organizzazione dei servizi ad esso collegati.
Negli anni scorsi, l’ente responsabile dell’erogazione e della cura delle persone detenute è passato di competenza dal Ministero della Giustizia al Ministero della Salute senza peraltro risolvere le problematiche, già carenti sotto il profilo di programmazione sanitaria in mancanza di dati epidemiologici e soprattutto per le questioni in ambito psichiatrico, (erano uno degli obiettivi che si prefiggeva la legge) e che, attualmente, costituiscono un’emergenza in molte realtà penitenziarie, aggravata anche dalla restrizione ulteriore, e come conseguenza della pandemia da Covid-19.
Il percorso della telemedicina nelle carceri italiane è ancora molto a macchia di leopardo, ma in alcuni istituti si iniziano a vedere dei progetti strutturati per migliorare l’accesso alle cure per le persone ristrette.
Il percorso della telemedicina nelle carceri italiane è ancora molto a macchia di leopardo, ma in alcuni istituti sono avviati progetti strutturati per migliorare l’accesso alle cure per le persone ristrette
Un fattore da considerare è l’innalzamento dell’età delle persone detenute all’interno delle case circondariali italiane. Questo costituisce un nodo cruciale per l’aumentato bisogno di assistenza sanitaria, offuscato ulteriormente da situazioni di deterioramento delle condizioni di vita, spesso dovuto al sovraffollamento presente nelle carceri italiane: questa è una problematica purtroppo endemica con un tasso di affollamento, al 30 aprile 2023, pari al 119%, e circa 9 mila persone in eccedenza rispetto ai posti disponibili.
“Oltre a ciò – come sottolinea Roberto Ranieri, infettivologo, Direttore dell’Unità Dipartimentale di sanità penitenziaria dell’ASST Santi Paolo e Carlo di Milano, dell’Unità Operativa della Sanità Penitenziaria di Regione Lombardia – questi numeri, per i servizi sanitari, andrebbero considerati maggiori, poiché nelle case circondariali dove c’è l’attesa di processo, le entrate e le uscite sono più fluide e il periodo di permanenza medio non supera i tre mesi. Quindi sono molte di più le persone che, nel corso di un anno, fruiscono dei servizi sanitari penitenziari. Le regioni con più concentrazione di popolazione carceraria sono Lombardia, Piemonte, Lazio, Campania e Sicilia, di conseguenza vi è un maggiore impegno sanitario anche per la presenza di detenuti con maggiori complessità di cura. Le risorse per questi detenuti, che vengono allocate dal Ministero della Salute, sono ‘per numero di detenuti o per regione’, tuttavia sarebbe meglio allocare i fondi per intensità di cura”.
Andrebbe inoltre ad aggiungersi un’esigenza di sicurezza che potrebbe inficiare la fruizione del diritto alla cura, e su questo punto, gli esperti, anche a livello internazionale, riferiscono che il problema della sicurezza potrebbe determinare una limitazione di accesso alle cure.
Pertanto, la telemedicina nelle carceri può e deve essere considerato uno strumento di miglioramento dell’assistenza e delle cure per le persone ristrette.
Come il Covid-19 ha favorito l’ingresso in Lombardia della telemedicina in carcere
“Dopo l’esperienza del Covid-19, che gli Istituti penitenziari lombardi sono riusciti a controllare molto bene – sottolinea Roberto Ranieri – si sono profilati aspetti che hanno favorito la telemedicina. Infatti, si sono tenuti colloqui e incontri con specialisti che altrimenti non sarebbero potuti accadere. Incontri con psicologi, psichiatri e operatori del Ser.D (Servizi per le Dipendenze) e i Ser.T (Servizi per le Tossicodipendenze) si sono spostati ‘on line’ e non sono stati ridotti, così come le attività dei gruppi sulle tossicodipendenze, non potendo essere operate in presenza”.
La telemedicina nelle carceri può e deve essere considerato uno strumento di miglioramento dell’assistenza e delle cure per le persone ristrette
“La piattaforma dedicata che è stata utilizzata era dotata di requisiti particolari di sicurezza e tutela, anche per la persona ristretta. E l’isolamento nell’isolamento dovuto al Covid-19 non ha creato problemi, anzi, – sottolinea Ranieri – i detenuti hanno avvertito sia il sostegno sanitario sia quello da parte della Direzione penitenziaria. Gli sforzi di equivalenza nelle cure corrispondono ad un ottimo coinvolgimento da parte delle persone detenute. Taluni si provavano da soli la saturazione o lo facevano ad altri sotto il controllo dell’infermiere, e detenuti di nazionalità araba, che non parlavano italiano, hanno imparato a fare il test del cammino e a misurare la saturazione. Sono stati momenti educativi con una ricaduta ottimale che ha reso responsabile la persona della propria cura. E queste azioni, a mio avviso, dovrebbero essere mantenute anche dopo la pandemia”.
Ranieri ricorda come, non potendo utilizzare gli smartphone, alcune applicazioni siano state utilizzate sul desktop dell’infermeria delle carceri di Milano con il supporto degli operatori sanitari, in particolare degli infermieri, e della Direzione penitenziaria che ha consentito questa operazione.
La telemedicina nelle carceri in Italia è diffusa a ‘macchia di leopardo’. In Lombardia esistono servizi di tele radiologia con tele refertazione e, all’interno di alcuni Istituti dove si possono fare radiografie ed ecografie, Ranieri auspica di poter avere presto, grazie ai fondi del PNRR, anche una strumentazione TAC per esami diagnostici più approfonditi.
Prosegue Ranieri: “In Lombardia, stiamo mettendo a regime presso tutti gli Istituti così come già in Emilia-Romagna, le cartelle informatizzate, spina dorsale della telemedicina e importantissime per conoscere il trascorso sanitario della persona detenuta, oltre ad essere importanti anche dal punto di vista legale, che però, purtroppo, sono ancora molto limitate perché è impossibile importare dati tra una regione e l’altra”.
La piattaforma dedicata che è stata utilizzata in Lombardia era dotata di requisiti particolari di sicurezza e tutela, anche per le persone detenute
Un ulteriore “nodo da sciogliere” sono i dati epidemiologici, che non vengono raccolti da nessun osservatorio dei servizi sanitari e quindi non si hanno dati precisi riguardo alle patologie presenti negli Istituti, se non quelli raccolti dalla Società Italiana di Medicina e Sanità Penitenziaria o raccolti da singole realtà. Viene così a mancare a monte una raccolta tecnologica corretta.
“Ogni intervento di telemedicina è legato all’ospedale territoriale di riferimento e – continua Ranieri – la carta che ci stiamo giocando attualmente è quella della presa in carico delle Case di Comunità e con la riforma del DM 77 anche con l’aiuto del PNRR. L’istituto penitenziario appartiene all’ospedale, così come la Casa di Comunità e il Ser.D, il Centro di salute mentale e il consultorio. Con il Direttore generale e l’Assessore preposto di Regione Lombardia sto lavorando in questo senso, così, gli Istituti di pena diventerebbero territorio dell’ospedale, dove i Professionisti prenderebbero in carico nella Casa di Comunità la persona ristretta per tutte le patologie”.
Conclude Ranieri: “Con il modello hub&spoke abbiamo il vantaggio di avere tutto: il territorio, il carcere, la digitalizzazione, il PNRR e la Casa di Comunità; si avrebbero così dei risparmi sulle attività mediche e su quelle infermieristiche”.
Diabete mellito in carcere: la digitalizzazione aiuta
Un esempio virtuoso che non è propriamente considerato telemedicina, ma monitoraggio digitale con app è stato pensato per l’applicazione di infusori per monitoraggio del diabete mellito ai detenuti con questa patologia. Presso la Casa Circondariale di San Vittore, recentemente, è stata fatta formazione di una giornata con i medici e gli infermieri di tutti gli istituti penitenziari della Lombardia.
Così la ricorda Ranieri: “Una dottoressa responsabile dell’ambulatorio di diabetologia dell’Ospedale Santi Paolo e Carlo di Milano ha spiegato ai detenuti come gestire l’applicazione dei microinfusori per insulina per far in modo che si minimizzino gli episodi di scompenso. Purtroppo, l’incidenza di questa patologia nelle carceri sta aumentando, siamo tra il 3 e il 5% soprattutto con la presenza di stranieri di origine araba che, secondo alcuni dati di Real World, hanno maggiore incidenza per questa patologia”.
Asl Roma 2: si digitalizzano i percorsi sanitari del Carcere di Rebibbia
Con il progetto Liberi@mo la Salute, la ASL Roma 2 ha digitalizzato i percorsi sanitari del Carcere di Rebibbia al fine di migliorare l’efficacia dell’assistenza sanitaria per la popolazione detenuta. Sono già 1.744 le cartelle cliniche digitalizzate: 753 nel Carcere Femminile e 991 nel Nuovo Complesso. Ben 2.256 le visite registrate digitalmente, 417 gli esami strumentali refertati (ecografie, elettrocardiogrammi, RX, mammografie, rilevazione dei parametri vitali) e 992 gli esami di laboratorio rendicontati. Attraverso i diari clinici digitali e la presenza di un sistema informativo omogeneo è possibile condividere informazioni per giungere a diagnosi precoci e definizione di percorsi di cura mirati. Già individuate 283 persone affette da patologie croniche (diabete, cardiopatie, BPCO).
Con dispositivi di telemonitoraggio e una piattaforma software è possibile attivare servizi di teleassistenza, teleconsulto e telecooperazione sanitaria tra Rebibbia e il Presidio Ospedaliero Sandro Pertini
Con dispositivi di tele monitoraggio e una piattaforma software è possibile attivare servizi di teleassistenza, teleconsulto e tele cooperazione sanitaria tra Rebibbia e il Presidio Ospedaliero Sandro Pertini. Sono stati recentemente effettuati già nove teleconsulti in tempo reale, senza bisogno di trasferire i detenuti nelle strutture sanitarie.
La protezione del diritto alla salute per le persone ristrette è centrale e costituisce l’applicazione del principio di eguaglianza, con impegno alla “rimozione degli ostacoli” dati da oggettivi svantaggi situazionali. Come sottolinea il Direttore Generale della ASL Roma 2, Giorgio Casati, “sovraffollamento delle carceri, disagio psicologico, stili di vita scorretti, impongono un’accelerazione sull’assistenza sociosanitaria, innovando metodologie e terapie mediche verso una sanità digitale e una medicina in rete che agevoli lo scambio di informazioni tra professionisti, con abbattimento anche dei costi di trasferimento, scorte e piantonamenti. Ciò richiede una revisione profonda delle modalità organizzative-operative e la digitalizzazione dei percorsi sanitari in ambito penitenziario.”
Asl Liguria 4: al via i percorsi di telemedicina per i detenuti della Casa di reclusione di Chiavari
La Casa di reclusione di Chiavari ospita una settantina di persone detenute, tutti uomini, con età media di circa 50 anni e quasi tutti a ‘fine pena’; molti di loro usufruiscono di misure di semilibertà o di percorsi di inclusione in laboratori interni e possono usufruire di percorsi di recupero. In questo carcere lo standard di assistenza sanitaria è allineato con gli standard che indica AGENAS: ovvero 14 ore al giorno di assistenza con medici ed infermieri presenti.
“Un presidio nell’arco della giornata, afferma Daniela Mortello, Direttrice della SSD Cure Primarie e dei Distretti di ASL 4 Liguria, garantisce l’adeguata presa in carico tempestiva delle varie necessità sia mediche che infermieristiche. Tale presidio sanitario costituisce altresì elemento di forza nella collaborazione con l’Amministrazione carceraria contribuendo a garantire sia ai detenuti che al personale interno un contesto “protetto” e tutelante”.
“Oltre alle 14 ore di assistenza di base in presenza 7 ore su 7, la Asl ha da sempre garantito anche i necessari interventi dei medici specialisti a partire dai servizi del Dipartimento di Salute Mentale e Dipendenze. Recentemente tale attività viene garantita anche attraverso la telemedicina; sono stati, infatti, attivati da poco i percorsi di telemedicina presso il carcere, già sperimentati nell’ambito del progetto aziendale Tigullio Luogo di Salute (TLS), il cui impatto potrà essere valutato nei prossimi tempi.
Come illustra Daniela Mortello, “abbiamo rilevato il fabbisogno delle prestazioni specialistiche attraverso i medici ASL impegnati nella medicina penitenziaria. Abbiamo sfruttato tutte le applicazioni di telemedicina già sviluppate nell’ambito del TLS, con particolare riferimento ai percorsi di cardiologia, medicina interna per i pazienti polipatologici e la diabetologia. Si stanno costruendo anche nuovi percorsi di teleconsulto a supporto dei medici di medicina penitenziaria per dermatologia e psichiatria”.
Le applicazioni di telemedicina sviluppate per il progetto Tigullio Luogo di Salute sono state ampliate alla medicina penitenziaria
Dal punto di vista tecnico, per la telemedicina viene utilizzata una piattaforma regionale, per il cui utilizzo i singoli medici vengono opportunamente formati e assistiti su campo al bisogno. L’accesso alle prestazioni specialistiche avviene attraverso agende apposite, per specialità, sulle quali il medico di medicina penitenziaria effettua la prescrizione/prenotazione. Ogni visita o teleconsulto si eroga dietro prenotazione e viene rilasciato un referto con l’eventuale prescrizione farmacologica o piano terapeutico. I dati che ne scaturiscono confluiscono in un dossier digitale che raccoglie tutti gli interventi effettuati per la persona detenuta e consultabili dai sanitari che l’hanno in carico.
Radiologia in Tele gestione negli istituti penitenziari della provincia di Frosinone
Carlo Pirolli, responsabile della radiologia domiciliare di ASL di Frosinone, racconta così l’esperienza: “In Asl Frosinone sono circa quattro gli anni di attività in ambito di tele radiologia per i tre Istituti penitenziari nella provincia. Frosinone e Paliano sono quelli che ne usufruiscono, mentre Cassino non ne usufruisce poiché non ha le strumentazioni, e le persone detenute, all’occorrenza, vengono portate negli ospedali di riferimento”.
Nel 2022 sono stati effettuati 411 esami di radiologia tradizionale e 32 ecografie. Nel periodo che va dal 1° gennaio 2023 alla fine di aprile 2023 sono stati effettuati 197 esami radiologici e 30 ecografie, in modalità telegestione, come dai riscontri effettuati su piattaforma RIS/PAC che gestisce le richieste e dove il radiologo di Frosinone referta direttamente in telegestione.
Pirolli conclude con una prospettiva verso il futuro: “Stiamo lavorando affinché si possa andare direttamente anche a Cassino, Istituto privo di strutture radiologiche, ampliando il servizio di radiologia domiciliare che già normalmente viene svolto per i pazienti a casa, ed ampliare anche per le ecografie”.