«I dati della seconda edizione dell’indagine sulla telemedicina in ambito privato sono in continuità con i risultati della survey dell’anno scorso – commenta a TrendSanità Duilio Carusi, Coordinatore Osservatorio Salute Benessere e Resilienza Fondazione RiES, Adjunct Professor Luiss Business School. – La telemedicina stenta a decollare nella sanità privata, quindi al di fuori delle strutture pubbliche che, invece, beneficiano della spinta del PNRR e stanno portando avanti la realizzazione di una piattaforma nazionale della telemedicina e di piattaforme regionali. Nel privato la telemedicina ancora non attecchisce, non ha trovato un quadro chiaro di riferimento, di regole, ma anche di facilità applicativa. Uno strumento che deve essere altresì remunerativo, integrarsi all’interno dei LEA e di un piano tariffario ancora in via di definizione».
La ricerca, sviluppata in partnership con il Fondo Assistenza Sanitaria Dirigenti Aziende Commerciali (FASDAC) e con il disegno scientifico dell’Istituto Superiore di Sanità, ha coinvolto oltre 270 strutture sanitarie sul territorio nazionale ed è stata presentata a Roma presso l’Aula Toti del Campus LUISS Guido Carli nel corso del Simposio dell’Osservatorio Salute Benessere e Resilienza, promosso dalla Fondazione RiES, dal titolo “Digital Health e accesso ai diritti di cittadinanza”. Ha aperto i lavori la senatrice Ylenia Zambito, Segretario 10ª Commissione permanente (Affari sociali, sanità, lavoro pubblico e privato, previdenza sociale).
I risultati della survey
La survey, disegnata con l’obiettivo di capire lo stato dell’arte, le modalità di adozione e gli ostacoli allo sviluppo dei servizi di telemedicina nel settore privato, ha fatto emergere ostacoli significativi allo sviluppo, di natura organizzativa e culturale, nonostante le grandi potenzialità.
Solo il 15% delle strutture partecipanti ha adottato iniziative di telemedicina, mentre il restante 85% non ha mai integrato questi servizi.
La telemedicina stenta a decollare nella sanità privata, al di fuori delle strutture pubbliche che, invece, beneficiano della spinta del PNRR
Le modalità di erogazione sono diverse: il 32% delle strutture utilizza piattaforme digitali via web, il 23% app dedicate, il 20% apparecchiature specifiche, l’11% preferisce le email e il 14% si affida a telefonate, messaggistica o whatsapp.
Un’evidente diversificazione nell’approccio tecnologico, che risponde sia alle diverse esigenze, sia alle capacità delle strutture sanitarie.
Specialità cliniche e volumi di attività
Le più interessate alla telemedicina sono la salute mentale (psichiatria e psicologia) e la cardiologia, entrambe al 6%, seguite dalla diagnostica per immagini (5%), endocrinologia e diabetologia (5%) e scienza dell’alimentazione (5%). Sono numeri che sottolineano un particolare interesse per settori dove il supporto a distanza può rivelarsi particolarmente utile per la continuità assistenziale e per facilitare l’accesso alle cure.
Riguardo ai volumi di attività, nel 2024 il 59% delle strutture ha dichiarato di aver erogato meno di 100 prestazioni di telemedicina, il 30% tra 101 e 500 e solo il 10% ha superato le 501 prestazioni. È piuttosto evidente quindi che la telemedicina è ancora in fase di sviluppo in molte realtà, con un utilizzo limitato ma in crescita.
Aderenza alle linee guida e prospettive
Un altro elemento emerso dall’indagine riguarda l’aderenza alle linee guida tecniche nella produzione di documenti sanitari: solo il 40% delle strutture ha adottato gli standard previsti, come il formato HL7 CDA R2, mentre il 60% non lo ha ancora fatto. È necessario quindi un maggiore sforzo per uniformare e standardizzare i processi legati alla telemedicina.
Le prospettive di sviluppo appaiono comunque promettenti: il 65% delle strutture ha dichiarato l’intenzione di adottare o ampliare l’offerta dei servizi di telemedicina nei prossimi 12 mesi, mentre il 31% è ancora in fase di valutazione e il 4% non prevede sviluppi in questo ambito.
Gli ostacoli non mancano, ma resta la fiducia
Il 58% delle strutture impegnate in attività di telemedicina ha riscontrato alcuni problemi: complessità organizzativa (22%), scarsa collaborazione del personale medico (18%) e onerosità economica (9%). La gestione del cambiamento culturale e organizzativo si conferma quindi un fattore critico per l’adesione alla telemedicina, così come la necessità di strategie di formazione e supporto per il personale sanitario.
Infine, la fiducia nella telemedicina varia in base ai profili professionali: la direzione generale e amministrativa mostra il livello di fiducia più alto (34% fiducia alta/medio-alta), seguita dalla direzione sanitaria (32%), mentre tra i clinici e le professioni sanitarie resta più contenuta, rispettivamente al 20% e al 22%.
La gestione del cambiamento culturale e organizzativo è un fattore critico per l’adesione alla telemedicina, così come la necessità di formazione e supporto per il personale sanitario
«La trasformazione digitale in ambito sanitario, come la telemedicina, richiede un cambiamento culturale significativo per medici, infermieri e pazienti – afferma Bernardino Petrucci, Vice Presidente, Fasdac. – Durante la pandemia, molti professionisti sono stati costretti a usare la telemedicina, ma l’abitudine alla visita in presenza e la diffidenza verso le nuove tecnologie hanno frenato dopo l’emergenza.
La telemedicina offre vantaggi per i controlli di routine e può ridurre gli spostamenti inutili, soprattutto per le visite non urgenti. Restano in piedi le problematiche mediche e legali legate all’affidabilità e alla responsabilità delle diagnosi a distanza. Negli ultimi due anni, la telemedicina è stata adottata in diverse cliniche, con una buona adesione da parte dei medici, ma con un impiego ancora limitato, poiché sia i professionisti, sia i pazienti devono essere stimolati a integrare queste tecnologie nella pratica quotidiana».
Nuovi luoghi per i servizi digitali: potenzialità e trasformazioni in atto
La trasformazione digitale non si esaurisce con la sola telemedicina. Oggi è in atto una rivoluzione silenziosa data dalla transizione digitale, cioè l’implementazione delle tecnologie digitali, dell’interconnessione che sta trasformando i luoghi quotidiani.
«Parliamo di “ibridazione” degli uffici postali, tabaccherie, farmacie e, in alcuni casi, anche punti della grande distribuzione – ci dice Carusi – che diventano centri multiservizi, sia fisici che digitali. Questa evoluzione è un punto fondamentale della rivoluzione del nostro sistema salute, poiché permette di sfruttare reti infrastrutturali esistenti, sia tecnologiche, sia fisiche, distribuite capillarmente sul territorio.
L’obiettivo è aumentare la vicinanza della salute ai cittadini, coinvolgendo tutti gli attori possibili, utilizzando asset fisici e competenze già disponibili, nonché il capitale umano presente in questi luoghi. Un contatto diretto con l’utenza particolarmente importante, soprattutto per la popolazione anziana, per avvicinare la salute al cittadino».
Nei nuovi luoghi di accesso ai servizi digitali per la salute, come farmacie e uffici postali, la tutela della privacy è una sfida da vincere
«I nuovi luoghi di accesso alla salute, come farmacie e uffici postali con servizi digitali integrati, presentano sia punti di forza che sfide, soprattutto per la tutela della privacy – interviene Giovanni Petrosillo, Vice Presidente Federfarma, Presidente Federfarma Sunifar (La farmacia dei servizi). Per la “farmacia di servizio” occorrono certamente spazi adeguati per attività come la telemedicina e altri interventi sanitari, ma rappresenta un’efficace opportunità, soprattutto nelle aree rurali e isolate. La principale sfida è far coincidere la disponibilità delle farmacie con i bisogni del territorio, mantenendo però autonomia e identità delle strutture coinvolte e rispettando gli standard di riferimento.
La tutela della privacy è un aspetto basilare: è essenziale garantire la riservatezza dei dati sensibili durante l’erogazione dei servizi sanitari, partendo dalla progettazione e organizzazione di queste nuove aree di accesso alla salute».
Integrazione e omnicanalità
«La trasformazione digitale è un tema fondamentale per migliorare i servizi ai cittadini – dichiara a TrendSanità Guido Crozzoli, responsabile mercato, imprese e pubblica amministrazione Poste Italiane. Pensiamo, ad esempio, alla piattaforma nazionale dei vaccini. In otto Regioni era possibile prenotare online tramite SPID, alle Poste o, per i milanesi, agli sportelli ATM. È un esempio concreto di “omnicanalità”, cioè l’integrazione di diversi canali per offrire un servizio più accessibile a tutti. È una trasformazione strategica proprio per il territorio. Ogni giorno ci sono milioni di interazioni tra cittadini, imprese e pubbliche amministrazioni, noi cerchiamo di migliorare la connettività tra loro. Ad esempio, già oggi negli uffici postali si possono raccogliere richieste per permessi di soggiorno o passaporti.
Omnicanalità – cioè integrazione di diversi canali – come trasformazione strategica per il territorio
Sul lato sanitario, uno degli sviluppi più immediati potrebbe essere la gestione dei ticket sanitari, diventando un ulteriore canale a sostegno di quelli centralizzati come i CUP. La logistica di una rete come quella di Poste può fare molto. Abbiamo lavorato, ad esempio, con la Regione Campania per ripensare il modello logistico sanitario. Un modello integrato che preveda l’interconnessione degli ospedali con il territorio e che coinvolga anche farmacie e altri attori. Ci vorrà del tempo, ma la visione è chiara e siamo convinti che questa sia la direzione giusta per migliorare il servizio ai cittadini».
Farmacie di servizio e vulnerabilità digitale
«La popolazione anziana ha sicuramente bisogno di supporto per l’accesso ai servizi sanitari digitali – conferma Petrosillo – La farmacia ha già compiuto importanti passi avanti, come l’introduzione della ricetta elettronica, ma è fondamentale garantire un’assistenza specifica a questa fascia di popolazione. Stiamo chiedendo con forza che le prescrizioni dematerializzate siano sempre accompagnate da un promemoria digitale che includa il nome del farmaco. Questo perché, durante eventuali blocchi del sistema, il codice della ricetta elettronica diventa inutile se il sistema gestionale non è operativo.
L’accompagnamento digitale deve includere il supporto sia dei caregiver, sia di strumenti cartacei, quando indispensabili, per garantire la certezza della prescrizione.
Con il “Decreto anziani” del 2023, le farmacie sono state coinvolte in quanto “sentinelle del territorio”. Possono, infatti, segnalare situazioni di disagio, anche non ancora diagnosticate dai medici, e possono favorire l’assistenza domiciliare per rafforzare il concetto della casa come primo luogo di cura.
L’accompagnamento digitale deve includere il supporto sia dei caregiver, sia di strumenti cartacei, quando indispensabili, per garantire la certezza della prescrizione
La farmacia può porsi anche da intermediaria tra pazienti e specialisti, come dimostrato dai progetti di telemedicina sperimentati in Veneto, in cui la farmacia offre spazi e strumenti per le visite specialistiche a distanza, abbattendo le barriere di accesso alle cure per le persone anziane.
La farmacia, quindi, non è solo un luogo di dispensazione dei farmaci, ma diventa un centro di connessione e supporto, capace di garantire assistenza specializzata anche a distanza.
In questo senso la formazione continua è fondamentale per i farmacisti. Una formazione supportata dalle organizzazioni sindacali e scientifiche del settore, come UNIFA e la Federazione degli Ordini dei Farmacisti, che offrono corsi a tutti i livelli. Del resto, la formazione obbligatoria fa già parte della professione del farmacista, inclusa la preparazione digitale per affrontare le nuove tecnologie emergenti».