Vulvodinia e neuropatia del pudendo, invisibili per il SSN

Vulvodinia e neuropatia del pudendo, nonostante colpiscano un numero sempre maggiore di donne e uomini, non sono ad oggi riconosciute dal SSN e non godono di alcuna esenzione per patologia. Il ritardo diagnostico contribuisce a trasformarle in malattie croniche invalidanti

A un anno dal deposito alla Camera e al Senato della proposta di legge per il riconoscimento di Vulvodinia e Neuropatia del Pudendo come malattie croniche invalidanti e l’inserimento nei Livelli essenziali di Assistenza (LEA), abbiamo fatto il punto con Silvia Carabelli, presidente del Comitato vulvodinia e neuropatia del Pudendo, Chiara Natale, attivista e consigliera per lo stesso Comitato e il dottor Giorgio Galizia, urologo specialista in Chirurgia generale e perfezionato in Neuro-Urologia.

Chiara Natale

“I miei primi sintomi compaiono verso i 19 anni con i primi rapporti sessuali penetrativi. Il primo campanello d’allarme è stata la cistite, quindi forte dolore alla minzione, frequenza minzionale e peso vescicale, poi sono sorte anche vaginiti, candidosi ed infezioni. Ovviamente, la prima cosa che ho fatto è stata andare dalla ginecologa, che per curare la cistite mi diede l’antibiotico e per la questione vaginale mi prescrisse ovuli e lavande. Da lì è iniziato il calvario, pian piano le cistiti sono diventate sempre più frequenti e con esse le infezioni vaginali. Ma le terapie erano sempre le stesse. Non capivo perché stavo sempre male, perché la cistite continuava a ritornare“. Così si racconta Chiara Natale, influencer, divulgatrice, attivista e consigliera del Comitato Vulvodinia e Neuropatia del Pudendo, dal 2021 conosciuta sui social come chiara.lapelvi.

Dalla comparsa dei primi sintomi alla diagnosi sono passati 12 anni

“Ho iniziato a girare vari specialisti, ma di risposte ne avevo poche, le cure erano invece sempre le stesse. Mi sono sentita dire che ero cagionevole, che la cistite avrebbe fatto parte della mia vita e che mi ci dovevo abituare, che ero un caso raro. Questo mi ha fatto sentire sola, non ascoltata e non capita. La cistite viene molto banalizzata, ma chi ne ha sofferto sa quanto sia dolorosa e debilitante. Purtroppo, più il tempo passava e più i miei dolori diventavano costanti e devastanti. Ma nessuno sembrava capirmi, così durante le mie notti di disperazione mi imbatto in un forum, leggo storie e sintomi simili ai miei e mi si apre un mondo. Capisco che forse una risposta ai miei dolori c’è e così decido di andare da uno specialista in vulvodinia e pavimento pelvico. Dopo tanto dolore finalmente trovo una risposta ed ottengo la mia diagnosi. Dalla comparsa dei primi sintomi alla diagnosi sono passati 12 anni. Il ritardo diagnostico è uno dei problemi che pesa di più sulle spalle di noi pazienti. Arriviamo alla diagnosi sfiduciate e stanche. Inoltre, il percorso di guarigione si allunga, perché il dolore si è cronicizzato”.

Cosa sono la vulvodinia e la neuropatia del pudendo?

Per comprendere meglio cosa siano la vulvodinia e la neuropatia del pudendo, ne abbiamo parlato con il dottore Giorgio Galizia, urologo specialista in Chirurgia generale e perfezionato in Neuro-urologia.

Giorgio Galizia

La vulvodinia viene descritta come un disagio, un bruciore, a volte dolore urente in area vulvare. Si parla di vulvodinia generalizzata quando la condizione coinvolge tutta la vulva. Si parla di vulvodinia localizzata quando la condizione coinvolge solo alcune zone, solitamente il vestibolo, il territorio compreso tra le piccole labbra. Nella vulvodinia localizzata sono coinvolte solo alcune zone, solitamente il vestibolo: in questo caso si parla di vestibolodinia, che può essere spontanea o provocata, ad esempio da contatto fisico con gli indumenti e assorbenti o dai rapporti sessuali. Spesso le due forme, spontanea e provocata, coesistono. Si stima che soffra di vulvodinia, in gradi di gravità diversi, il 12-15% delle donne in età fertile”.

L’incidenza della neuropatia del pudendo è incerta

Il dottore Galizia, parlando di neuropatia del pudendo, precisa che “la sindrome è in relazione con la compressione e/o infiammazione del nervo pudendo, per lo più monolaterale. Si tratta di una sofferenza delle fibre nervose del nervo pudendo, cui è deputata l’innervazione somatica, cioè che riguarda i muscoli e non i visceri, di tutta la pelvi, quindi di tutta la muscolatura che ricopre dall’interno e dall’esterno le ossa del bacino. La sindrome che ne deriva è costituita essenzialmente da dolori neuropatici, anche molto forti, in zona pelvica ed in area genitale che si manifestano tipicamente soprattutto in posizione seduta, si alleviano assumendo la posizione eretta e deambulando, e tendono a scomparire quasi del tutto in posizione clinostatica (sdraiati) o stando seduti sul sedile del wc. L’incidenza della neuropatia del pudendo è incerta. Le stime della Pudendal Neuralgia Association (PNA) sono 1 su 100.000 della popolazione generale, mentre altri studi documentano l’incidenza dell’1% nella popolazione generale, che colpisce le donne più degli uomini. Si può affermare che la Neuropatia del Pudendo colpisca il 4% dei pazienti sottoposti a visita per il dolore pelvico cronico e colpisca sette donne ogni tre uomini”.

La diagnosi del Malato Immaginario e la mancanza di preparazione

“I sintomi di queste patologie sono un po’ ginecologici, un po’ urologici, un po’ neurologici, un po’ proctologici. Non esiste una specialistica dedicata e che formi i medici a trattare queste patologie del pavimento pelvico. Spesso la diagnosi più̀ frequente da parte del medico curante o del ginecologo o dell’urologo, mancando il conforto di esami strumentali e le “consuete evidenze cliniche” delle patologie pelviche più̀ conosciute, è in realtà̀ una non-diagnosi; troppo spesso a sostituire la non conoscenza o la difficoltà a trattare questo tipo di patologie da parte dei medici vi è, come extrema ratio, l’invio del paziente allo psichiatra o allo psicoterapeuta, attribuendo così al paziente, anche inconsapevolmente, l’etichetta di “malato immaginario” – continua Galizia -. La difficoltà della diagnosi o la non conoscenza dell’argomento viene scaricata sul paziente:È tutto nella tua testa“. Non esiste attualmente un percorso formativo nelle scuole di specializzazione mediche che orienti su queste patologie. Chi di noi si occupa di queste patologie lo fa avendo sviluppato un interesse personale per l’argomento“.

Patologie ancora non riconosciute da SSN

“Nell’ambito delle molteplici opzioni terapeutiche disponibili occorre sapersi orientare con saggezza ed oculatezza, mettendo sempre al centro il paziente, tenendo ben presente le sue esigenze, incluse quelle logistiche legate al tipo di lavoro svolto, al tempo disponibile per effettuare cure ambulatoriali, alle disponibilità economiche – spiega Galizia -. A tal proposito, il medico prescrittore deve considerare che: tutti gli integratori alimentari, le preparazioni galeniche, i farmaci da banco, quelli di fascia C e quelli prescritti in modalità off label sono a totale carico dell’assistito; il costo degli integratori non è detraibile dalle imposte; alcuni farmaci di fascia A hanno una compartecipazione al costo (ticket) da parte dell’assistito non trascurabile; non esistono tuttora esenzioni per patologia per farmaci ed esami diagnostici per quasi tutte le sindromi dolorose pelviche, eccezion fatta per la cistite interstiziale; le strutture pubbliche che erogano prestazioni di fisioterapia pelvica e psicoterapia del dolore sono poche e di non facile accesso; nella maggior parte dei casi i pazienti provengono già da precedenti percorsi diagnostico-terapeutici non risolutivi, per i quali hanno già dovuto affrontare costi considerevoli.

È estremamente importante portare avanti il percorso per il riconoscimento della patologia da parte del SSN

Prima di impostare un terapia è quindi indispensabile che il paziente abbia chiara la diagnosi e le caratteristiche della malattia di cui soffre, e bisogna aiutarlo ad avere delle aspettative ragionevoli sulle possibilità e sui tempi dei miglioramenti e della guarigione, e bisogna sensibilizzarlo ad avere comportamenti congrui con l’attuale stato di salute e atti a favorire il buon esito delle cure. È di estrema importanza che si arrivi ad un approccio condiviso e consapevole del percorso terapeutico. Per tutto questo è necessario dedicare molto tempo all’ascolto, al dialogo e alle spiegazioni, magari aiutandosi anche con testi informativi standard che il paziente possa rileggere a casa, e quindi prevedere una tempistica adeguata alle visite, soprattutto la prima. Considerando quindi la cronicità̀ della patologia, l’età̀ della popolazione maggiormente colpita, la diffusione della patologia, il fatto che la stessa patologia venga poco e, spesso, tardivamente riconosciuta, o peggio non attribuita a cause fisiche ma psicosomatiche, si può̀ tranquillamente affermare che: parlando di vulvodinia e di neuropatia del pudendo, non si parla di una malattia rara, ma di una patologia che rappresenta un vero e proprio problema sociale. Per questo motivo è estremamente importante portare avanti il percorso per il riconoscimento della patologia da parte del SSN”.

La voce del Comitato vulvodinia e neuropatia del pudendo

Silvia Carabelli

Ci curiamo quasi esclusivamente nel privato. Non solo non esiste esenzione, ma nemmeno esistono centri pubblici in cui si possa accedere tramite impegnativa. Non esiste esenzione o agevolazione (ticket) neppure per i farmaci: paghiamo tutto a prezzo pieno. Dal gennaio del 2023, solo per chi assume farmaci per la terapia del dolore, c’è l’esenzione per quella categoria di farmaci. Ma sono i meno utilizzati, anche perché rappresentano l’ultima linea di trattamento e la meno efficace. Così come non abbiamo diritto ad alcuna esenzione, o anche semplicemente al ticket per i nostri farmaci, così non abbiamo diritto all’invalidità, proprio perché non parliamo di malattie riconosciute dallo stato italiano. La speranza è che Stato e Regioni si attivino con molta più attenzione e velocità perché, ad oggi, le nostre restano malattie invisibilizzate e ignorate dalle istituzioni pubbliche“.

Questo è l’augurio di Silvia Carabelli, presidente del Comitato vulvodinia e neuropatia del pudendo, nato come soggetto politico informale nel giugno del 2021 e costituitosi poi come associazione nel maggio 2022. Raccoglie le associazioni italiane che si occupano delle due patologie, un comitato scientifico di esperti e una quarantina di pazienti-attiviste/i. Il Comitato nasce per portare avanti la causa del riconoscimento di vulvodinia e neuropatia del pudendo nelle sedi istituzionali competenti in materia sanitaria, quindi parlamento, governo e regioni”.

Cosa chiede il Comitato?

Chiediamo che vulvodinia e neuropatia del pudendo siano riconosciute come malattie croniche e invalidanti, che il SSN si organizzi per avere almeno un centro dedicato al dolore pelvico cronico in ogni regione d’Italia, anche più di uno nelle regioni più popolose e più estese territorialmente e, infine, che il personale sanitario, oggi impreparato su queste patologie, venga adeguatamente formato tramite università, scuole di specializzazione e formazione permanente (crediti formativi annuali per il personale che già lavora). Ad oggi, l’unica possibilità di cura per le persone malate sono i centri e i professionisti privati.

È cambiato qualcosa da quando è stato proposto il progetto di legge?

Sul piano politico è ancora tutto da fare

Sul piano mediatico, sicuramente sì: oggi si parla molto di più di vulvodinia e neuropatia del pudendo rispetto anche solo a due anni fa. Sul piano politico è ancora tutto da fare: le proposte di legge giacciono chiuse nei cassetti di Camera e Senato, il Ministero della Salute non ha ancora dato nessun riscontro sulla questione e le Regioni arrancano tra la mancanza di finanziamenti, la carenza di personale nel pubblico e l’impreparazione generale sul dolore pelvico cronico.

Quali sono state le vostre vittorie?

La più grande vittoria è la maggior attenzione che vi è oggi sul tema: i numerosi inviti che riceviamo per parlare nelle scuole, nelle facoltà di medicina e a eventi di sensibilizzazione in generale. Sul piano politico, avere una proposta di legge e un dossier scientifico da noi scritti, disponibili pubblicamente sul nostro sito e pronti per le istituzioni, è sicuramente un ottimo punto di partenza. Nelle regioni, purtroppo, bisogna lavorare territorio per territorio, e questo è un lavoro lungo, faticoso e molto oneroso: è un problema avere a che fare con 20 servizi sanitari regionali diversi, dovendo cominciare ogni volta da zero, regione per regione.

Per approfondire

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Carmine Iorio
Laureato in Farmacia. Dottorando in Etica della Comunicazione, della ricerca scientifica e dell’innovazione tecnologica, Università degli Studi di Perugia