Nel 2022 la spesa per la Sanità digitale in Italia è stata pari a 1,8 miliardi di euro (+ 7% rispetto al 2021). La maggior parte delle aziende sanitarie coinvolte nella ricerca, svolta in collaborazione con FIASO, investirà in Cybersecurity (58%), Cartella Clinica Elettronica (54%) e nell’integrazione con sistemi regionali e/o nazionali (51%). Rallenta la diffusione del Fascicolo Sanitario Elettronico. Ad averlo utilizzato almeno una volta, nel 2023, è stato il 35% degli Italiani, contro il 33% rilevato nel 2022 e la maggior parte di loro (53%) afferma di averlo usato solo per le funzionalità legate all’emergenza Covid.
Aumenta la richiesta di nuovi prodotti e servizi basati sul digitale in ambito sanitario. Se alcune delle tecnologie a supporto del paziente a domicilio sono già abbastanza diffuse, come le App per la salute (utilizzate dal 38% dei pazienti cronici o con problematiche gravi – coinvolti nella ricerca svolta in collaborazione con AISC, Alleanza Malattie Rare, APMARR, FAND, FederASMA e Onconauti) o i dispositivi indossabili per monitorare i parametri clinici (29%), quelle più innovative destano la curiosità dei pazienti. Il 49% si dichiara interessato alle tecnologie di realtà virtuale o aumentata, il 47% agli assistenti vocali che forniscono informazioni e supporto in ambito salute. E se tra i medici emerge preoccupazione sul possibile utilizzo inappropriato da parte dei cittadini/pazienti dell’intelligenza artificiale, meno di 2 clinici su 10 hanno timore che l’AI possa sostituire, anche in parte, il proprio lavoro.
Sono alcuni risultati della ricerca dell’Osservatorio Sanità Digitale della School of Management del Politecnico di Milano*, presentata oggi durante il convegno “Sanità Digitale: vietato fermarsi!”.
“Prosegue la digitalizzazione del Sistema Sanitario – afferma Mariano Corso, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Sanità Digitale –, ma il tanto atteso cambio di passo che la Missione 6 Salute del PNRR avrebbe dovuto imprimere agli investimenti in Sanità digitale non è ancora tangibile. L’utilizzo delle risorse legate al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza si sta rivelando una sfida dall’esito tutt’altro che scontato. La difficoltà di comprendere come realizzare concretamente questa opportunità è tra gli ostacoli più rilevanti allo sviluppo della Sanità digitale secondo i principali decisori delle strutture sanitarie (49%), insieme alle limitate risorse economiche (58%)”.
Fascicolo Sanitario Elettronico
Dalla rilevazione svolta in collaborazione con Doxa Pharma, emerge che nel 2023 il 35% dei cittadini ha fatto almeno un accesso al FSE (contro il 33% rilevato nel 2022) e la maggior parte di loro (53%) afferma di averlo usato solo per le funzionalità legate all’emergenza Covid (consultazione del Green Pass, dei certificati vaccinali, ecc.). “Se nel 2022 c’era stato un aumento molto rilevante nell’utilizzo del Fascicolo Sanitario Elettronico da parte dei cittadini, nell’ultimo anno si rileva una sostanziale frenata alla diffusione del suo utilizzo – spiega Paolo Locatelli, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Sanità Digitale -. Essendosi affievolita la necessità di utilizzare i servizi per l’emergenza Covid, c’è il rischio che questo strumento non guadagni ulteriore popolarità. Oltre a proseguire la realizzazione del Fascicolo Sanitario 2.0, alimentandolo in modo omogeneo e pervasivo di documenti e dati ed arricchendolo di servizi utili al cittadino, per spingere sull’adozione di questo strumento sarà necessario rendere maggiormente evidenti ai cittadini i benefici derivanti dal suo utilizzo”.
Anche nell’uso del Fascicolo per i pazienti italiani si riscontra una situazione di stabilità rispetto a quanto rilevato lo scorso anno: il 57% afferma di averlo utilizzato (vs il 54% del 2022). Tra le principali funzionalità utilizzate, ci sono l’accesso ai referti e alle ricette elettroniche – vista la maggiore offerta di questi servizi negli attuali FSE – mentre tra i servizi più interessanti per il futuro ci sono la possibilità di visualizzare l’andamento dei propri parametri clinici (67%) e di consultare informazioni specifiche sulla propria patologia (65%).
La comunicazione tra professionisti sanitari e pazienti
La maggior parte dei medici utilizza e-mail e WhatsApp per comunicare con i propri pazienti. Tuttavia, le App o le piattaforme di comunicazione dedicate all’uso sanitario sono considerate sempre di più un’alternativa valida dai professionisti sanitari (33% dei medici specialisti, 38% dei Medici di Medicina Generale e 40% degli infermieri), come emerso dalla rilevazione svolta sui medici specialisti, in collaborazione con AMD, AME, PKE e SIMFER, sui MMG grazie alla collaborazione con FIMMG, e sugli infermieri, in collaborazione con FNOPI.
“I pazienti vedono nel digitale un alleato anche per migliorare la relazione e la comunicazione con i diversi attori che intervengono nel percorso di cura, in primis con i professionisti sanitari – spiega Chiara Sgarbossa, Direttrice dell’Osservatorio Sanità Digitale -. Risulta consolidato il ruolo di strumenti digitali tradizionali e non specifici per la Sanità, come l’e-mail e le App di messaggistica istantanea (es. WhatsApp). Tuttavia, oltre il 60% dei professionisti sanitari considera le piattaforme di comunicazione dedicate all’uso sanitario tra gli strumenti di maggiore interesse per il futuro: la possibilità di gestire su un unico strumento più funzionalità utili per la gestione dei pazienti e nel rispetto della privacy è tra i benefici maggiormente riconosciuti. Inoltre, tali strumenti permettono di separare i canali di comunicazione personali da quelli professionali, evitando l’utilizzo inappropriato ad oggi associato alle App ‘generaliste’ di messaggistica istantanea”.
La Telemedicina
Dopo la flessione riscontrata nel periodo successivo all’emergenza sanitaria, i servizi di Telemedicina stanno vivendo una nuova ripresa. Il 39% dei medici specialisti e il 41% dei Medici di Medicina Generale afferma di aver utilizzato servizi di Televisita e rispettivamente il 30% e il 39% ha fatto ricorso al Telemonitoraggio. “Nonostante sia importante utilizzare piattaforme dedicate per l’erogazione di questi servizi, solo il 39% dei medici specialisti e il 34% dei MMG dichiara di averlo fatto – afferma Cristina Masella, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Sanità Digitale -. Questo non è ancora sufficiente per coglierne appieno le potenzialità ed espone a potenziali rischi, legati, ad esempio, alla sicurezza e alla privacy dei dati scambiati, nel caso gli strumenti non siano dedicati. Lo sviluppo di piattaforme di Telemedicina a livello regionale e nazionale previsto dal PNRR consentirà, auspicabilmente, di diffondere ulteriormente tali servizi. La tecnologia, però, da sola non basta per favorire l’adozione di queste soluzioni. Occorre, infatti, implementare una strategia organica che tenga conto delle variabili tecnologiche e organizzative che concorrono ad abilitare un’effettiva integrazione della Telemedicina nei processi di cura e assistenza”.
Cartella Clinica Elettronica
Lo sviluppo della Cartella Clinica Elettronica si conferma una priorità per le strutture sanitarie (il 75% ritiene questo ambito molto rilevante). Ad oggi, il 42% delle strutture afferma di avere una CCE attiva in tutti i reparti, mentre nel 23% dei casi la CCE è attiva solo parzialmente. Coerentemente con questo dato, solo la metà dei medici specialisti utilizza una CCE. Le funzionalità più diffuse sono quelle per l’anamnesi e l’inquadramento clinico e per la gestione e la visualizzazione delle informazioni di riepilogo sul paziente, mentre sono ancora poco diffuse quelle più avanzate, legate al supporto decisionale. Su questo fronte, la sfida oggi è l’attuazione dei progetti regionali di Cartella Clinica Elettronica che alcune regioni hanno in essere, anche grazie alla spinta del PNRR.
L’Intelligenza Artificiale
Tra le applicazioni di AI ad oggi più diffuse ci sono le soluzioni che consentono di analizzare immagini e segnali per fini diagnostici o di trattamento: il 29% delle strutture sanitarie afferma di aver avviato prime sperimentazioni in questa direzione. Si tratta delle applicazioni ad oggi più utilizzate dai medici specialisti e considerate come più promettenti per il futuro (60%). “Negli ultimi mesi hanno suscitato un forte dibattito le soluzioni di Generative AI e, in particolare, i Chatbot basati su AI e progettati per rispondere a quesiti emulando la conversazione umana – afferma Emanuele Lettieri, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Sanità Digitale -. Si tratta di soluzioni che potrebbero rappresentare una grande opportunità anche per la sanità, ma su cui non mancano preoccupazioni, soprattutto dal punto di vista etico e legale. Ad oggi 1 medico su 10 ha utilizzato Chatbot basati su AI per cercare riferimenti scientifici rispetto a una determinata patologia, applicazione che per circa la metà dei medici è promettente per il futuro. I professionisti sanitari sono preoccupati del possibile utilizzo inappropriato di tali strumenti da parte dei cittadini/pazienti e ritengono maggiormente opportuno che questi siano utilizzati come un supporto alle decisioni e dell’attività del professionista sanitario. Non emerge, invece, preoccupazione sul fatto che l’AI possa sostituire, anche in parte, il lavoro del medico”.
Indagine Centro Studi Fimmg: Medici di Famiglia preoccupati per l’uso “in solitario” dell’intelligenza artificiale in sanità
È quello che emerge da un’indagine condotta dal Centro Studi della FIMMG (Federazione Italiana Medici di Medicina Generale) in collaborazione con l’Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità della School of Management del Politecnico di Milano su un campione nazionale di circa 400 medici di medicina generale nell’ambito della ricerca annuale sull’utilizzo della sanità digitale, presentata oggi a Milano.
I temi trattati dall’indagine hanno riguardato la spesa affrontata dalla professione per i sistemi ICT, l’utilizzo della telemedicina e degli strumenti digitali per la comunicazione, delle App mediche per i pazienti e dell’intelligenza artificiale.
Come in precedenti indagini i Medici di Famiglia dichiarano di utilizzare già le risorse della telemedicina (il 41% la televisita, il 33% la teleassistenza) e laddove non utilizzate, dichiarano il proprio interesse a farlo nel futuro (il 66% di quelli che non utilizzano i sistemi di telemedicina, dichiara comunque l’interesse a poterlo fare).
Dalle risposte del campione emerge un analogo interesse per l’utilizzo della diagnostica di primo livello (il 20% dichiara di utilizzare l’elettrocardiogramma e il 56% dichiara l’interesse a farlo prospetticamente; il 25% dichiara di utilizzare già la spirometria e il 51% dichiara l’interesse a farlo nel futuro).
Per quanto riguarda la comunicazione con i propri assistititi, estesa durante e dopo la pandemia su tanti diversi canali, il campione dei MMG dichiara di utilizzare App di messaggistica istantanea (73%) anche se la prospettiva sembrerebbe essere quella di riuscire a contenerne l’uso (la percentuale scende al 43% se guardiamo l’utilizzo futuro); maggiore interesse sembrerebbe emergere invece per altre App/piattaforme dedicate all’uso sanitario (38% di utilizzo attuale), che diventano oggetto di interesse per un futuro per il 70% del campione.
Attraverso i canali digitali fluiscono oramai molte informazioni tra gli assistiti e i propri medici: il 93% dichiara di utilizzare questi sistemi per inviare ricette elettroniche; il 92%, su questi sistemi, riceve richieste da parte dei pazienti; l’89% ci riceve referti di analisi/esami; l’85% lo utilizza per condividere chiarimenti su terapie e farmaci; il 79% per scambiare informazioni sullo stato di salute; il 67% riceve richieste per prenotare appuntamenti per visite.
Il campione riferisce di aver consigliato ai propri assistiti almeno una volta App per tenere sotto controllo parametri vitali o clinici (43%), per migliorare l’attività fisica (42%), per migliorare l’aderenza terapeutica (40%), per migliorare l’alimentazione (36%).
Il 72% dei medici è preoccupato (da 7 a 10 in una scala fino a 10) per l’uso inappropriato che i pazienti potrebbero fare in autonomia, se lasciati da soli, delle soluzioni basate sull’intelligenza artificiale; il 73% ritiene (con voti da 7 a 10) che questi strumenti debbano costituire risorsa per il medico e non per il paziente.
“Ne emerge un quadro in cui il medico di famiglia sembra fare affidamento, oramai strutturalmente, sulla tecnologia nella gestione della propria professione – afferma Paolo Misericordia, responsabile del Centro Studi della FIMMG – Il medico sta maturando, per le diverse soluzioni tecnologiche disponibili, delle consapevolezze che permettono di distinguere efficacemente benefici e opportunità rispetto ai possibili rischi. Anche rispetto a nuovi scenari, come quelli basati sugli algoritmi dell’intelligenza artificiale, il medico di famiglia sembra essere in grado di apprezzarne i vantaggi, ma anche di individuare pericoli e criticità”.