In occasione dell’Assemblea pubblica di Assobiotec, dove è stato presentato il Biotech Journey necessario per portare un’idea innovativa in ambito biotecnologico dal laboratorio al mercato, il presidente Fabrizio Greco ha illustrato la rotta che l’associazione intende seguire nel prossimo futuro. TrendSanità lo ha intervistato per approfondire alcuni aspetti. Ecco cosa ci ha detto.
Dottor Greco, recentemente al Mind di Milano è stato presentato il Manifesto con sei leve strategiche – governance dell’innovazione nel Life Sciences, Regole certe per l’ecosistema LS, Un’autostrada tra ricerca accademica e industria, Brevetto come motore fondante dell’economia e tutela dell’uso dell’innovazione, Incentivazione partnership, Creazione sportello Italia Life Sciences – per il rilancio delle life science italiane. Ci sono tra queste leve alcune che ritiene valide anche per le aziende che lei rappresenta?
La ricerca e l’accesso sono fondamentali
La ricerca e l’accesso sono fondamentali. Se non abbiamo capacità di sviluppare le idee, difficilmente quelle idee diventeranno soluzioni. Una volta che le soluzioni ci sono, tutti coloro che ne hanno bisogno devono potervi avere accesso. Ecco il punto in cui si crea quel ciclo virtuoso: quando quello che il ricercatore ha pensato è diventato realtà e ha avuto impatto sulle persone si stimolano altri a percorrere la stessa strada. Se la ricerca rimane solo una pubblicazione scientifica, invece…
Quindi dei sei punti del Manifesto, i più rilevanti per il biotech italiano possiamo dire siano la ricerca traslazionale e il brevetto come valore sostanziale dell’innovazione…
Il brevetto è l’elemento che consente di giustificare gli sforzi necessari per far diventare un’idea in una soluzione. Se non si può avere un ritorno dallo sviluppo di un’idea, difficilmente si riuscirà a convincere altri soggetti a nuovi sviluppi. Questa è una delle prospettive che necessitano di una regia. Se si guarda solo a un pezzetto del percorso fra idea e prodotto finale si rischia di vedere solo quel pezzetto.
A proposito di pezzetti. Sin dalla nascita di Assobiotec, ormai quasi quarant’anni fa, una delle criticità lamentate dal comparto è sempre stato il campanilismo dei diversi soggetti che si occupano di biotecnologie. Regioni, parchi scientifici, aggregazioni di operatori varie hanno cercato di fare del proprio meglio, ma da soli, per mettere in vetrina le proprie eccellenze e attirare investimenti e supporti, nazionali e internazionali. Qual è la situazione oggi?
Il nostro comparto cresce molto, ma partiamo da una base molto bassa
Il nostro comparto cresce molto. Ma il problema di fondo è che partiamo da una base molto bassa. Quindi in valore assoluto siamo ancora un fanalino di coda. Abbiamo cominciato un percorso di recupero del terreno perduto. Gli altri intanto continuano ad andare avanti. Dobbiamo essere consci che abbiamo fatto ripartire alcune attività, ma il pregresso ci condiziona. Per questo dobbiamo accelerare e non possiamo più permetterci di lasciare alcuni aspetti scoperti.
Nel percorso che abbiamo individuato, la formazione e la ricerca sono il punto di partenza senza il quale non potremo essere protagonisti della scena.
Per quanto riguarda le risorse, il Pnrr ci può aiutare a superare alcuni ostacoli come il trasferimento tecnologico e la ricerca di base. In questo mondo i capitali per le buone idee sono più di quanto immaginiamo. Il problema è avere le buone idee che siano meritevoli di essere finanziate. I fondi di investimento sono mondiali e vanno alla ricerca di idee in tutto il mondo.
Oggi si è parlato anche di strategia nazionale per le biotecnologie, necessaria al comparto. In cosa si dovrebbe sostanziare questa strategia?
Bisogna trovare il modo, insieme al Ministero dell’Università e della Ricerca, per far sì che i giovani si avvicinino maggiormente alle facoltà Stem (Science, technology, engineering mathematics) e creare quella base che nel tempo ci servirà per crescere. Ancora, aumentare la percentuale di fondi dedicati alla ricerca pubblica, migliorare i centri di trasferimento tecnologico, ridurre la burocrazia per l’apertura di nuovi stabilimenti biotecnologici.
Non possiamo continuare a perdere opportunità di investimenti dall’estero
Abbiamo riscontrato che molti gruppi internazionali hanno necessità di espandersi anche in Italia, ma poi hanno scelto altri Paesi europei. Non possiamo più continuare a perdere opportunità di investimenti dall’estero. Perché gli investimenti originano un know-how che rimane anche quando l’investitore se ne dovesse essere andato via.
È trascorso ormai un anno dalla sua elezione alla presidenza di Assobiotec. All’indomani della sua nomina lei si auspicava di riuscire a migliorare il posizionamento delle biotecnologie italiane rispetto ad altri Paesi. Che risultati avete raggiunto e quali saranno le azioni che intendete mettere in campo nel prossimo futuro?
Mi sto innamorando delle biotecnologie più di quanto avessi immaginato al momento della mia nomina. Lavoro per una azienda farmaceutica globale attraverso la quale vedevo solo un pezzetto di quelli che sono gli impatti delle biotech. Mi sono reso conto che esse hanno un potenziale che merita di essere sviluppato perché crea conoscenza, benessere e valore economico. Le biotecnologie sono uno dei comparti economici a maggior valore aggiunto in termini di generazione di indotto. Abbiamo evidenza che entro il 2028 dovrebbero triplicare gli investimenti nel settore. Il mio obiettivo è contribuire a fare un altro passo avanti. Questo obiettivo non deve essere solo di Assobiotec, ma del Paese.