Come sta la sanità pubblica italiana? È questa la domanda con cui si apre questo 2024 con una Legge di Bilancio appena approvata e con il corredo del consueto duello verbale della politica: da una parte il Governo e la maggioranza soddisfatti per l’aumento di fondi e dall’altra le opposizioni (e non solo) che ne lamentano la carenza.
Per capire meglio la situazione e le prospettive dell’anno appena iniziato, rivolgiamo cinque domande a chi ha rivestito e riveste entrambe le posizioni (Governo o maggioranza e opposizione). Abbiamo cominciato dagli ex ministri della Salute con l’intervista a Beatrice Lorenzin. Oggi le 5 domande sono per Giulia Grillo, medico e Ministro della Salute dal 2018 al 2019.
1 – LE RIFORME
Il prossimo futuro vedrà la popolazione anziana diventare sempre più ampia, con l’aumento dei tassi di cronicità, di poli-patologici e di non autosufficienti. Basteranno PNRR, DM 77, telemedicina e fascicolo elettronico ad affrontare queste sfide?
Ci vuole una politica “adulta”, che riconosca al bene salute un ruolo di primo piano lontano dalle dinamiche riduttive e semplicistiche della contrapposizione politica
«Senza volontà politica non basterà nulla. Mi spiego. In Italia abbiamo una sanità fortemente regionalizzata con 20 servizi sanitari regionali diversi, con politiche regionali di diverso colore politico che negli anni cambiano e una politica centrale anche questa con un’alternanza di partiti al governo. Come si può pensare di affrontare cambiamenti epocali come quelli che propone la sanità senza una volontà politica chiara, esplicita, dichiarata e, possibilmente, frutto di un’alleanza strategica tra tutti i partiti attuali. Nessun partito può sottrarsi dall’affrontare questi temi ma proprio per questo la soluzione può esistere solo con la costruzione di una partnership politica fra tutte le forze in campo che indichi una direzione politica forte e duratura il cui orizzonte temporale non si esaurisca con la legislatura o con il governo di turno. Non si può immaginare di affrontare queste sfide affidandole alla propaganda elettorale di questo o quel partito, di questo o quel governo nazionale o regionale che sia. Ci vuole una politica “adulta”, che riconosca al bene salute e alle azioni mirate a mantenere in vita quel bene, un ruolo di primo piano lontano dalle dinamiche riduttive e semplicistiche della contrapposizione politica. I leader dei partiti dovrebbero sedersi attorno a un tavolo e dimostrare ai cittadini che, di fronte a temi come il diritto alla salute, alle cure tempestive, all’accesso ai servizi sanitari e sociali, sono in grado di fare uno sforzo, di andare oltre le beghe personali, individuando due o tre punti su cui agire in sinergia e in continuità negli anni e nelle amministrazioni centrali e periferiche. Questo per me è un modo serio di affrontare problemi seri. Di leggi ne abbiamo a bizzeffe, di piani, di patti, di progetti, di riforme, di soluzioni già pronte. Quello che ci vuole è un salto di qualità. So che è quasi fantascienza della politica quello che propongo ma lancio il guanto, nella speranza che qualcuno ai piani alti, e non, raccolga la sfida».
2 – IL DECLINO
I dati ci dicono che già oggi il nostro servizio sanitario nazionale non è più universalistico: il 50% delle visite specialistiche ambulatoriali sono pagate privatamente, così come il 33% degli accertamenti diagnostici ambulatoriali. Il 7% della popolazione rinuncia alle cure, addirittura il 24% tra gli anziani. E l’aspettativa di vita cala. Il SSN è ancora un nostro punto di forza?
«Vale la premessa di cui sopra. A questa voglio aggiungere, però, che esiste in Italia poca consapevolezza sia fra i cittadini, sia nella classe politica, di quanto pregiata, preziosa e difficilmente replicabile sia la nostra infrastruttura sanitaria pubblica, pur con tutte le sue lacune presenti e passate. Di quanto vada preservata e potenziata proprio per non disperdere un patrimonio di beni e servizi che ancora oggi assicurano cure gratuite o a basso costo accessibili a tutti sebbene, ripeto, con i limiti e le difficoltà ai più note. È chiaro che i costi di questi servizi sono destinati ad aumentare e così, fatta salva la premessa di cui sopra, dovrà aumentare di pari passo il finanziamento del SSN, così come bisognerà recuperare risorse lavorando ancora sull’efficienza della spesa sanitaria. Ricordo a titolo di esempio che giace inutilizzato il piano di revisione del prontuario farmaceutico che avevamo elaborato durante il mio mandato con la preziosa collaborazione del Professor Garattini».
3 – I PRIVATI
Sanità privata convenzionata, sanità integrativa, sanità classificata, cooperative: tra privato e pubblico la competizione è corretta?
C’è un problema serissimo che il Governo, le Regioni e le parti sociali devono affrontare “prima di adesso”: si tratta dell’esodo del personale sanitario dal pubblico al privato
«Credo che la competizione sia nei fatti visto che si tratta di soggetti che erogano in molti casi gli stessi servizi alla medesima utenza. Si tratta di un argomento ampio che richiederebbe una lunga trattazione e che nei fatti è molto legato alle scelte politiche delle singole Regioni. Però, sottolineo, un problema serissimo che il Governo, le Regioni e le parti sociali devono affrontare “prima di adesso”: si tratta dell’esodo del personale sanitario dal pubblico al privato per i maggiori guadagni che questo offre. Poiché credo che nessun partito in Italia, da destra a sinistra, penserebbe mai di smantellare la sanità pubblica deliberatamente e, visto che nessun partito può ignorare quello che sta succedendo, è urgentissimo varare misure che inducano i sanitari a rimanere nel pubblico. Adeguamento degli stipendi alle medie europee, meccanismi incentivanti che prevedano accesso a percorsi formativi di alta qualità, incentivi per le aree sanitarie meno attrattive e per i territori più disagiati e così via. Le soluzioni non mancano ma, lo ripeto, vale la premessa di cui sopra. Una volontà politica forte dichiarata e possibilmente trasversale da parte di tutti i leader e dei loro partiti in modo da garantire nel tempo politiche di reale e tangibile impatto nella vita dei cittadini».
4 – LE SOLUZIONI
Per salvare realmente la sanità pubblica si deve immaginare un enorme aumento del finanziamento del SSN (e allora la domanda è come reperire le risorse?) o prendere atto che il sistema non è sostenibile e farlo diventare selettivo come prestazioni offerte e come partecipazione gratuita degli utenti?
«Come detto prima, si tratta solo di scelte politiche. Quali servizi erogare, a chi, con quali tempi di accesso, con quali finanziamenti, ecc… Sono tutte scelte politiche. I partiti dichiarino e si dichiarino, in maniera precisa e limpida ai cittadini, circa le loro intenzioni su questi e gli altri punti che riguardando la salute e la sanità. Ci vogliono soluzioni chiare e precise, non slogan da campagna elettorale, e ci vuole una volontà politica forte e duratura per realizzarle».
5 – I RIMPIANTI
Una cosa che farebbe se tornasse indietro nel tempo, ai mesi in cui era a Lungotevere Ripa…
«Fare il Ministro della Salute è un compito davvero complesso. So di avere fatto il massimo, operando in condizioni di ostilità alla mia azione che solo chi ha lavorato con me conosce. Ma alla fine cosa posso rimpiangere? Di aver pensato ad esempio di poter aiutare il servizio sanitario regionale più in difficoltà in Italia con un decreto ad hoc? Di poter finalmente riformare il percorso specialistico dei medici laureati? Di poter abbattere le liste d’attesa? Di poter efficientare la spesa farmaceutica? Di poter affidare le nomine pubbliche a strumenti di scelta trasparenti e meritocratici? Forse l’unico rimpianto che ho è quello di non aver cercato consenso alla mia azione politica anche negli altri partiti perché, come detto nella premessa a questa intervista, i grandi cambiamenti posso avvenire solo con lo sforzo e il consenso di tutti (o quasi) i partiti».