Per le donne medico italiane il soffitto di cristallo è quasi irraggiungibile. Lo confermano i dati del libro bianco, diffuso ad inizio anno da Fondazione Onda, dove si riporta che solo l’8,3% delle donne medico riveste un ruolo apicale a fronte del 20,6% dei colleghi maschi e ancora poche Strutture complesse sono dirette da una donna.
Antonella Vezzani, Presidente Associazione Italiana Donne Medico, si confronta con TrendSanità per una ‘fotografia’ della presenza femminile nelle strutture ospedaliere italiane.
«Come illustrato dai dati del Ministero della Salute, ormai le donne medico a livello ospedaliero, sono più del 50%, quindi c’è stato il sorpasso e, facendo riferimento ai dati del 2023, sono il 52% di tutti i medici ospedalieri, tuttavia, le donne medico che rivestono incarichi dirigenziali di struttura complessa sono soltanto il 19,2% di tutte le strutture complesse. Va un po’ meglio per la struttura semplice, ma questo dato è giustificato dal fatto che fino a qualche anno fa la struttura semplice non aveva budget; quindi, non aveva un’identità di posizione di leadership, come invece detiene la struttura complessa. Anni fa era più facile arrivare a posizioni dirigenziali in strutture semplici; adesso, il 37% delle strutture semplici sono assegnate a donne medico, ma sempre e comunque in numero inferiore rispetto agli uomini. Purtroppo, la progressione della carriera, cioè l’evoluzione nell’arco degli anni per le donne medico è stata molto lenta e passi in avanti purtroppo, ne sono stati fatti ancora troppo pochi».
Leadership e aree funzionali di medicina, dove sono le donne?
Sulla chirurgia le donne dimostrano di raggiungere delle competenze e delle abilità tecniche importanti
«Oltre ad una segregazione di tipo verticale, ovverosia, poche donne arrivano a ricoprire i ruoli di leadership, c’è anche una segregazione di tipo orizzontale. Ciò significa che sono soprattutto le aree funzionali di medicina o le aree funzionali dei servizi quelle dove le donne medico sono più presenti, mentre per le aree funzionali di chirurgia, la presenza delle donne è piuttosto bassa, anche se, ultimamente, va crescendo. Nelle chirurgie generali le donne medico sono meno del 30%, in cardiochirurgia addirittura ancora meno, intorno al 18% e in ortopedia il 16%. Ciononostante, la chirurgia attira sempre di più le donne medico, forse perché è un tipo di attività che le donne riescono ad acquisire bene. Generalmente, le technical skills sono diverse per gli uomini e per le donne, ovvero, abbiamo abilità diverse, ma sulla chirurgia le donne dimostrano di raggiungere delle competenze e delle abilità tecniche importanti. Dato che nei prossimi anni le donne si avvicineranno sempre di più a queste specialità, perché l’ambiente è cambiato e non è più considerato così prestigioso come era vent’anni fa, si creerà spazio anche per loro».
Quali criticità per le donne chirurghe?
«Le criticità sono importanti, perché l’ambito chirurgico è un’attività medica molto impegnativa e poco remunerata a fronte delle possibilità che hanno altre tipologie di specialità, che possono essere svolte in ambulatorio ed anche in ambiente privato. Inoltre, occorre considerare il carico di responsabilità dei chirurghi: i chirurghi hanno in mano la vita delle persone».
A parità di incarico corrisponde parità di salario?
«In ambito ospedaliero la retribuzione è in funzione di un contratto nazionale; quindi, in teoria, non ci dovrebbe essere differenza salariale tra uomo e donna medico. Tuttavia, certi incarichi, certi riconoscimenti possono essere retribuiti in maniera personalizzata e alcuni incarichi vengono più facilmente dati ad un uomo che ad una donna. Anche nell’ambito dell’attività professionale ‘intramoenia’ gli uomini tendono a farsi pagare di più rispetto alle donne. Questo viene considerato prestigio, mentre se a farsi pagare di più sono le donne vengono accusate di essere esagerate. Succede per via di un pregiudizio a riconoscere il valore di una donna medico. Ogni anno, le aziende ospedaliere devono redigere una rendicontazione sulla situazione del personale sanitario diviso per genere e quindi da lì si evince molto bene questa differenza importante. Più si sale nel livello di incarichi, quindi direttore di struttura complessa o capo dipartimento, più questa differenza si nota ed arriva anche a una differenza importante, che si può aggirare intorno al 20%. E a parità di ruolo i cosiddetti premi di produzione vengono elargiti soprattutto a medici uomini».
E ci sono anche i carichi familiari…
Riuscire a integrare queste componenti favorisce la crescita della qualità del lavoro, della qualità del servizio che si offre alla popolazione
«Esatto. Le donne devono farsi carico degli impegni con la famiglia, in conseguenza di ciò fanno meno guardie, fanno meno ore straordinarie e, alla fine, arrivano a guadagnare molto meno rispetto agli uomini. A volte, diventa difficile svolgere quella componente del lavoro che favorisce poi anche la crescita professionale, come ad esempio le riunioni, che spesso sono organizzate prima dell’inizio dell’attività di reparto, ovvero quegli incontri in cui si discute magari dell’organizzazione dei progetti specifici. La conciliazione è sicuramente un problema importante, ma c’è ancora un forte pregiudizio».
Avere poche donne alle posizioni apicali costituisce uno svantaggio per le strutture sanitarie?
«Uomini e donne, come nel mondo del lavoro in genere, hanno delle differenze; così è anche nell’ambito sanitario, sia per quello che riguarda le technical skills, sia nelle comunication competence; quindi, riuscire a integrare queste componenti favorisce la crescita della qualità del lavoro, della qualità del servizio che si offre alla popolazione, perché diventano complementari. Così come è importante che ci siano componenti giovani e componenti esperti, è importante che ci sia l’aspetto maschile e quello femminile, ma anche tutte le componenti intersezionali, quindi devono essere rappresentati tutti, compresi i giovani. Non è solo l’esperienza che conta, ma anche il bagaglio culturale di chi è appena uscito dall’università. È una formazione che può arricchire chi invece ha l’esperienza. Quindi anche il rapporto intergenerazionale è un aspetto molto importante da tenere presente».