Muoversi tutti i giorni in bicicletta, con i mezzi pubblici o a piedi. Se per alcune Regioni d’Italia forse è fantascienza, in diversi Paesi europei, lo Stato ha incentivato il bike sharing attraverso politiche e programmi volti a promuovere la mobilità sostenibile. Ad esempio, nei Paesi Bassi i lavoratori possono ricevere un rimborso fiscale per ogni chilometro percorso nel tragitto casa-lavoro, invece, nel Regno Unito, con il programma “Cycle to Work“, i dipendenti acquistano biciclette a prezzi ridotti grazie a detrazioni fiscali. Bisogna dire che in Italia, negli ultimi anni, lo Stato e molte amministrazioni locali hanno adottato diverse misure per invogliare l’uso della bici al posto dell’auto.
Per quanto tutto questo abbia un notevole impatto positivo per l’ambiente e per la salute, non è proprio di biciclette che si è parlato all’evento svoltosi alla sala stampa della Camera dei Deputati “La riduzione del rischio: dalla libertà personale alla tutela della salute pubblica”. Il concetto oggetto del dibattito è sicuramente più generico, e si può riassumere così: come guidare i cittadini verso abitudini migliori, senza ricorrere a divieti o restrizioni punitive? Organizzato dall’intergruppo parlamentare “Stili di vita e riduzione del rischio” con la sua presidente, Onorevole Simona Loizzo (Lega), l’Onorevole Matteo Rosso (Fratelli d’Italia) e con la moderazione di Johann Rossi Mason, direttrice dell’Osservatorio MOHRE, l’evento ha messo in luce l’urgenza di un nuovo approccio alla salute pubblica, basato su informazione e responsabilità individuale.
Il giusto equilibrio tra scelte personali e regole
Una prima riflessione sulla necessità di trovare un equilibrio tra la libertà del singolo e il benessere collettivo arriva da Loizzo – Presidente dell’Intergruppo – che ha sottolineato quanto l’abbassamento del carico di malattie e l’allentamento della pressione sul Servizio Sanitario Nazionale (SSN) dipendano da un’informazione corretta, da strategie di prevenzione e dalla riduzione delle disuguaglianze. Ha richiamato l’importanza di garantire accesso universale e uguale alle prestazioni sanitarie, in linea con l’art. 32 della Costituzione, e promuovere stili di vita più salutari.
Lo Stato deve farsi “ente regolatore delle regole” perché quando dobbiamo intervenire sul cittadino, le politiche di prevenzione sono indispensabili
Ha poi aggiunto: «Credo che la spinta gentile sia la strada da perseguire, ma non posso che pensare quanto le campagne di prevenzione siano fondamentali. Lo Stato deve farsi “ente regolatore delle regole” perché quando dobbiamo intervenire sul cittadino, le politiche di prevenzione sono indispensabili».
Opzioni praticabili per ridurre rischi e costi
Ma per proteggere la salute pubblica si può fare ancora di meglio, partendo dalla prevenzione, che ha un costo. Piccola parentesi: il Ministro della Salute, Orazio Schillaci ha da poco sottolineato la necessità di maggiori fondi per il suo Ministero e ha richiesto almeno 5 miliardi nella nuova Legge di Bilancio. In risposta, Giancarlo Giorgetti, Ministro dell’Economia e delle Finanze, ha fatto intendere che potrebbe essere difficile superare i 2 miliardi. Quindi, in sostanza, anche quest’anno le risorse destinate alla sanità potrebbero essere assegnate con grande parsimonia.
Il 20% della popolazione che indulge in comportamenti sbagliati costituisce la principale fonte di patologie che gravano enormemente sui costi della prevenzione e cura
Torniamo all’evento e all’intervento del dottor Fabio Beatrice, direttore del Board Scientifico dell’Osservatorio, che ha evidenziato l’importanza di tutelare l’80% della popolazione che segue stili di vita corretti: «Dobbiamo farci carico, con un atteggiamento costruttivo, di proteggere la popolazione, sia adulta, sia pediatrica, dagli stili di vita errati degli altri. Il 20% della popolazione che indulge in comportamenti sbagliati, infatti, costituisce la principale fonte di patologie che gravano enormemente sui costi della prevenzione e cura, come nel caso del cancro del colon o del polmone. Questo diventa un costo per tutta la società, riducendo le risorse per chi si è sempre comportato correttamente».
Rischi per la collettività: fumo e alcol
Pensiamo anche a due fenomeni molto sentiti in Italia, l’abuso di alcol, associato a un incremento delle patologie croniche, come malattie epatiche e cardiovascolari e il tabagismo. Il fumo, contribuisce a circa il 30% delle morti per cancro in Italia e in particolare, è una causa probabile di almeno 27 malattie, tra le quali broncopneumopatie croniche ostruttive e altre patologie polmonari croniche, si legge sul sito del Ministero della Salute. Ma spontaneamente, chi accende una sigaretta penserebbe di arrecare un danno solamente a sé, quando invece, sottolinea il professor Andrea Longo, associato di Diritto Costituzionale all’Università Sapienza di Roma: «Si tratta di libertà personali che hanno però conseguenze collettive e negative, pensiamo al fumo passivo o agli incidenti stradali causati dall’alcol».
Ma gli interventi dello Stato devono tener conto di più e tanti aspetti, come ad esempio i gruppi più vulnerabili, come chi ha una storia familiare di cancro, una diagnosi oncologica, o soffre di malattie come il diabete o problemi cardiovascolari. A ribadirlo, in conclusione dell’evento, è Rossi Mason, che aggiunge: «Divieti e sanzioni non sono misure efficaci, dobbiamo concentrarci su strategie che rafforzino l’autodeterminazione delle persone e forniscano supporto a chi non riesce o non può abbandonare abitudini come il fumo, il consumo di alcol o altri stili di vita dannosi».