Questa mattina, su Il Messaggero, è stata pubblicata una lettera della Ministra dell’Università e della Ricerca Anna Maria Bernini sulla riforma dell’accesso alla Facoltà a Medicina, che sarà approvata in via definitiva dalla Camera la prossima settimana. Una lettera in cui la Ministra si ostina a parlare di “superamento del numero chiuso”, quando la riforma non fa che spostare la selezione degli studenti alla fine del primo semestre. Quel che viene eliminato è il test d’ingresso, non il numero chiuso, che è essenziale per programmare in modo corretto il numero di medici che serviranno al Servizio sanitario nazionale nel prossimo futuro.
«Le parole della Ministra sono fuorvianti e potrebbero illudere migliaia di aspiranti medici – commenta Guido Quici, Presidente del sindacato dei medici Federazione CIMO-FESMED (a cui aderiscono le sigle ANPO, ASCOTI, CIMO, CIMOP e FESMED) -. E non è condivisibile nemmeno l’opinione che, con la riforma, l’accesso a Medicina sia “più equo, meritocratico e basato sulle vocazioni”. È vero che l’attuale sistema di selezione con il test d’ingresso nazionale va modificato, ma basare l’accesso a Medicina sul superamento degli esami del primo semestre e sulla media dei voti conseguiti risulta troppo discrezionale e non garantisce né l’equità né la meritocrazia. Non è detto, ad esempio, che tutti i professori abbiano lo stesso metro di giudizio nel dare i voti agli studenti e nel far superare o meno gli esami. Senza considerare i tanti problemi che le Università dovranno affrontare per garantire una formazione qualitativamente elevata ai circa 70mila studenti che frequenteranno il primo semestre».
«Occorre inoltre prestare particolare attenzione al numero di studenti che saranno ammessi a proseguire gli studi in Medicina. Pochi giorni fa la Ministra ha evidenziato come i posti a Medicina siano già stati aumentati di 30mila unità, “e continueremo nei prossimi anni”, ha detto. Una dichiarazione d’intenti pericolosissima, poiché si rischia di formare troppi medici che poi non troveranno lavoro, andando ad alimentare quella pletora medica già prevista; al contempo, un ampliamento del numero di studenti in Medicina potrebbe aggravare ulteriormente la carenza di altri professionisti sanitari, a partire dagli infermieri. Non si può giocare in questo modo con la vita e la carriera degli aspiranti medici e la sostenibilità del Servizio sanitario nazionale», conclude Quici.