Evidence-Based Design in oncologia: quali priorità per pazienti e sanitari negli ambienti ospedalieri?

All’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano, uno studio indaga come le caratteristiche degli spazi influenzino sicurezza, benessere e qualità della cura. Camere singole, flessibilità e co-progettazione emergono come elementi chiave per ospedali più umani e centrati sulla persona

L’ambiente ospedaliero costruito rappresenta un determinante non trascurabile nel benessere dei pazienti oncologici e nella performance degli operatori sanitari. Tuttavia, la letteratura scientifica esplora ancora marginalmente il ruolo delle preferenze soggettive nel disegno spaziale dei reparti. Uno studio recente indaga l’impatto percepito dell’ambiente fisico in un contesto oncologico italiano, integrando dati quantitativi e qualitativi raccolti presso l’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano. L’obiettivo è comprendere come specifiche caratteristiche ambientali influenzino l’esperienza di cura e il benessere psicofisico, sia dei pazienti sia del personale. In un contesto clinico ad alta intensità emotiva e operativa come l’oncologia, tali evidenze possono orientare interventi progettuali più aderenti ai bisogni reali degli utenti e contribuire allo sviluppo di modelli ospedalieri evidence-based, centrati sulla persona.

Elementi specifici degli spazi in ospedale influenzano l’esperienza di cura e il benessere psicofisico, sia dei pazienti sia del personale

A TrendSanità i promotori dello studio: Gabriele Perotti (Direttore Sanitario Agenzia Regionale Emergenza Urgenza – AREU – e già Direttore Medico di Presidio dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano – INT), Valentina Villa (Direttore Medico di Presidio f.f. INT), Stefano Capolongo e Andrea Brambilla, del Laboratorio Design and Health del Dipartimento di Architettura del Politecnico di Milano.

Dallo studio emerge che solo il 31% dei pazienti considera la camera singola molto importante, mentre per il personale questa opzione è rilevante fino all’83%. Come si spiega questa discrepanza e quali implicazioni può avere per la progettazione futura degli spazi ospedalieri? Quali priorità tra cura privacy e sicurezza?

«È una discrepanza che riflette due punti di vista diversi – commenta il professor Stefano Capolongo. I pazienti, quando vivono l’esperienza del ricovero, tendono a concentrarsi su aspetti immediati come l’efficacia delle cure, la competenza del personale, il sollievo dal dolore. Spesso la camera singola non è percepita come una priorità, anche perché non sempre sono chiari i benefici indiretti che comporta.

In oncologia l’ambiente fisico influisce su sicurezza clinica, comfort e supporto psicologico

Il personale sanitario, invece, conosce bene le implicazioni operative e cliniche. Una camera singola consente un’organizzazione più sicura ed efficiente, facilita la gestione personalizzata della cura e, soprattutto, rappresenta una barriera efficace contro la trasmissione di infezioni.

Credo sia fondamentale ripensare i modelli distributivi degli ospedali in modo più flessibile e consapevole. Ovvero sviluppare spazi che possano adattarsi a diverse esigenze: in primo luogo cliniche e relazionali. La flessibilità spaziale e l’umanizzazione degli ambienti sono elementi chiave per il futuro».

Stefano Capolongo

In questo senso, lo studio mostra come l’ambiente costruito possa influenzare non solo il benessere psicologico, ma anche gli aspetti clinici come la prevenzione delle infezioni. Quali sono, secondo voi, le priorità progettuali che oggi ogni ospedale oncologico dovrebbe assolutamente adottare? Quali linee guida operative?

Spiega ancora Capolongo: «In ambito oncologico, dove i pazienti affrontano percorsi di cura lunghi, complessi e spesso molto invasivi, l’ambiente fisico gioca un ruolo decisivo. Non solo per il comfort, ma per la sicurezza clinica e il supporto psicologico. Per questo, le priorità progettuali oggi non possono prescindere da alcuni principi fondamentali.

In primo luogo, il controllo delle infezioni: al fine di ridurre il rischio c’è bisogno di percorsi separati, garantire una ventilazione controllata, utilizzare materiali antibatterici e favorire il ricorso a camere singole quando clinicamente indicato.

In secondo luogo, la centralità del paziente. Gli ambienti richiedono spazi accessibili, luminosi, facilmente orientabili, con possibilità di personalizzazione. Anche elementi come la vista su uno spazio verde o la possibilità di controllare l’illuminazione – hanno un impatto misurabile sul benessere e sull’aderenza alla cura.

Alcuni elementi dell’ambiente, come la possibilità di regolare luce e temperatura, rischiano di essere sottovalutati

Dal punto di vista delle linee guida operative, oggi si va verso modelli dove l’architettura è pensata insieme alla gestione dei flussi, all’ergonomia delle attività sanitarie e alla digitalizzazione. È importante, ad esempio, che i percorsi diagnostico-terapeutici siano leggibili e razionali, che si riducano gli spostamenti inutili del paziente e che il personale possa lavorare in sicurezza. Infine, ogni progetto dovrebbe nascere da un dialogo vero tra progettisti, clinici, personale e pazienti. È in questa co-progettazione che si definiscono le soluzioni più efficaci, non solo dal punto di vista tecnico, ma anche umano».

Pazienti e personale sono stati coinvolti nella compilazione di un questionario composto da 22 item: quali aspetti dell’ambiente fisico sono emersi come più sottovalutati o trascurati, mentre invece rivestono un forte impatto sull’esperienza quotidiana?

«Lo studio ha evidenziato che alcuni elementi dell’ambiente fisico, pur avendo un impatto significativo sull’esperienza quotidiana, sono spesso sottovalutati dai pazienti. Ad esempio, la possibilità di regolare in autonomia luce e temperatura o di chiamare il personale da ogni punto della stanza sono stati considerati meno prioritari rispetto alla reale utilità percepita dagli operatori.

Un altro aspetto trascurato riguarda la personalizzazione degli spazi, che i pazienti tendono a ritenere poco rilevante, ma che può invece influenzare positivamente il senso di controllo e adattamento alla degenza.

L’empowerment riconosce il paziente competente anche nella gestione dello spazio che abita durante la malattia

Questi risultati ci fanno capire quanto sia necessario non solo progettare ambienti di cura più sensibili ai bisogni reali, ma anche coinvolgere attivamente gli utenti nella definizione delle priorità e promuovere una cultura dove il progetto diventa parte integrante della strategia terapeutica».

Andrea Brambilla

In che modo i risultati di questo studio possono contribuire a rafforzare il concetto di empowerment del paziente non solo nella cura clinica, ma anche nella partecipazione alla progettazione degli spazi in cui viene curato?

«L’indagine dimostra che i pazienti hanno esigenze e percezioni specifiche sull’ambiente che spesso non coincidono con quelle del personale. Questo scarto evidenzia quanto sia importante coinvolgerli attivamente non solo nella cura clinica, ma anche nelle fasi progettuali – commenta Andrea Brambilla.

L’empowerment, in questo senso, significa riconoscere il paziente come soggetto competente anche rispetto allo spazio che abita durante la malattia, non solo come destinatario passivo di cure. Integrare la loro voce attraverso strumenti come questionari, focus group o prototipi partecipati può migliorare la qualità dello spazio.

In sintesi, progettare “con” e non solo “per” i pazienti è un passo concreto verso un sistema sanitario più umano, responsivo e centrato sulla persona».

Gabriele Perrotti

Quali sono dunque le principali resistenze organizzative e culturali nell’implementare un approccio partecipativo di “co-progettazione” tra progettisti, clinici, personale e pazienti? E come si può trasformare concretamente l’architettura ospedaliera da “contenitore di cure” a “parte integrante della strategia terapeutica”, mantenendo al contempo l’efficienza operativa e la sostenibilità economica?

«Lo studio nasce nell’ambito del Master congiunto tra Politecnico di Milano, Università degli Studi di Milano, Università Cattolica di Roma in Programmazione Pianificazione Progettazione dei Sistemi Ospedalieri e Socio-sanitari e testimonia l’importanza della contaminazione dei saperi tra discipline mediche e tecnico-scientifiche nell’ambito delle healthcare infrastructure. Durante la raccolta dati e le fasi di restituzione al personale che ha partecipato all’indagine è emerso con forza l’importanza della condivisione delle esigenze nei processi di valutazione degli spazi fisici ospedalieri. Solo attraverso un approccio multidisciplinare sarà possibile trasformare gli spazi in chiave “salutogenica”, migliorare l’efficienza operativa e con un occhio di riguardo alla sostenibilità ambientale, sociale e anche economica», concludono Gabriele Perrotti e Valentina Villa.

Può interessarti

Silvia Pogliaghi
Giornalista scientifica, esperta di ICT in Sanità, socia UNAMSI (Unione Nazionale Medico Scientifica di Informazione)