Salutequità: in Italia solo il 3% del FSN alla salute mentale, cresce il divario con l’Europa

In Italia la salute mentale continua a essere sottofinanziata. A fronte di una domanda in crescita, solo il 3% del Fondo Sanitario Nazionale è destinato a questo ambito, pari a 69,8 euro pro capite, contro i 510 della Francia, i 499 della Germania e i 344 del Regno Unito.

Secondo l’Osservatorio Salutequità, nel 2023 i servizi hanno preso in carico 854mila utenti (+10% sul 2022), soprattutto adolescenti con disturbi psichiatrici, ideazione suicidaria e autolesionismo. Eppure le strutture territoriali per l’assistenza psichiatrica si sono ridotte rispetto al 2020, così come le dotazioni di personale: oggi ci sono 60 operatori ogni 100mila abitanti, il 25% in meno rispetto allo standard definito da Agenas (83), con forti squilibri regionali (oltre 100 operatori in Trentino, meno di 30 in Basilicata).

Sul fronte delle prestazioni, persistono ampie differenze territoriali: si va da 33 prestazioni per utente in Friuli-Venezia Giulia a meno di 9 in Molise, Campania e Sicilia (media nazionale 13,6).

Il rischio se non si cambia passo è che nei fatti si continuerà a lasciare sole le famiglie con tutto quello che ciò comporta, a partire dalla loro perdita di fiducia nel Servizio Sanitario Nazionale

La salute del cervello è anch’essa una priorità crescente, con 7 milioni di persone colpite da emicrania, 12 milioni da disturbi del sonno, 1,2 milioni da demenza (di cui 720mila Alzheimer), 800mila con esiti di ictus e 400mila con Parkinson.

Il PNRR e la riforma territoriale avanzano lentamente e rimangono i divari territoriali

La riforma territoriale del DM 77/22 prevede che nelle Case della comunità i servizi di salute mentale, dipendenze patologiche e neuropsichiatria infantile non siano obbligatori ma raccomandati, lasciando quindi la valutazione e la scelta alle singole Regioni. Secondo Agenas, a giugno 2025, solo 293 delle 660 Case della Comunità (CdC) attive hanno un servizio per la salute mentale, 117 per le dipendenze patologiche e 188 per la neuropsichiatria infantile e adolescenziale.

Aceti: indispensabile un cambio di passo per non abbandonare le famiglie e i pazienti

“Se da una parte la salute mentale e del cervello è sempre più una priorità per la popolazione, dall’altra risulta troppo residuale nelle politiche sanitarie pubbliche – queste le dichiarazioni di Tonino Aceti Presidente di Salutequità. Anche la bozza di “Piano di Azione Nazionale sulla Salute Mentale 2025-2030” trasmesso alle Regioni non ha alcun tipo di stanziamento di risorse specificatamente dedicate alla sua attuazione, oltre a non contenere alcun tipo di cronoprogramma con tempistiche precise relative al raggiungimento degli obiettivi – ha continuato Aceti -. Anche per quanto riguarda la definizione degli standard nazionali di servizio c’è molto lavoro da fare, come pure sul rafforzamento del personale sanitario, senza dimenticare che all’interno del sistema di verifica e controllo dell’assistenza nei confronti delle Regioni, e cioè il Nuovo Sistema di Garanzia dei LEA ad oggi possiamo contare solo su un solo indicatore “core” sulla salute mentale. È evidente che questo tipo di fragilità merita ben più attenzione da parte delle Istituzioni sanitarie. Il rischio se non si cambia passo è che nei fatti si continuerà a lasciare sole le famiglie con tutto quello che ciò comporta, a partire dalla loro perdita di fiducia nel Servizio Sanitario Nazionale”.

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