“Il rapporto tra architettura e ingegneria, e più in generale con quello che possiamo chiamare ambiente costruito e salute c’è sempre stato – spiega Stefano Capolongo, direttore del Master in Pianificazione Programmazione e Progettazione dei Sistemi Ospedalieri e Socio-sanitari di Politecnico di Milano, Università Cattolica del S. Cuore e Università di Milano -. Un esempio evidente sono le città ottocentesche: molte, durante il periodo dell’illuminismo e della rivoluzione industriale, sono state ridisegnate in funzione di grandi temi legati all’igiene urbana. Quel periodo sancisce infatti nascita della città industriale, col trasferimento di gran parte della popolazione dalle campagne alle aree urbane e i conseguenti fenomeni legati alla densità abitativa: problematiche sociali e igienico sanitarie di rilevanza”.
Tra le città europee che sono state modellate sulla base di istanze sociali legate alla salute, la Parigi di Haussman, con le grandi boulevard, lo spostamento dei piccoli cimiteri verso le aree esterne, la rete fognaria, o Barcellona che si espande a partire da due grandi arterie di collegamento, le cosiddette diagonali, su cui si fonda una maglia a scacchiera: l’orientamento nord-est sud-ovest consente il massimo soleggiamento d’inverno e il minimo d’estate.
“Mi piace anche ricordare che spesso si usano per le città termini legati alla medicina – dice Capolongo -: il centro è il cuore, i parchi sono il polmone verde, i sistemi di trasporto la circolazione, le strade le arterie principali”.
L’impatto della pandemia
Se il legame tra architettura, ingegneria e salute è storico, la pandemia lo ha però reso ancora più evidente. “Col tempo, il forte investimento nel settore dell’innovazione nelle costruzioni aveva fatto lasciare un po’ in disparte i temi della salute e le questioni legate all’igiene urbana, ma l’emergenza Covid ha riacceso il legame fra le città, gli spazi e i luoghi della salute, per il semplice fatto che ci siamo visti costretti a vivere in ambienti confinati – afferma Capolongo -. Abbiamo visto come il primo e più efficace metodo di prevenzione nella prima ondata sia stato confinarci nelle abitazioni per cercare di ridurre il rischio di contagio: per questo i progettisti hanno responsabilità sociali nei confronti della salute sempre più importanti”.
“Tutti sono d’accordo sull’associare la buona architettura alla buona salute: gli spazi a misura d’uomo, in luoghi salubri, sono il segreto di una vita sana e in equilibrio con gli altri e con l’ambiente che ci circonda – afferma Daniela Pedrini, presidente della Società Italiana dell’Architettura e dell’Ingegneria per la Sanità (Siais) e dell’International Federation of Healthcare Engineering (Ifhe) -. Ciò è indispensabile anche per il “controllo” delle malattie: possiamo usare l’ambiente costruito come un modo per controllare la diffusione delle epidemie. Nella storia infatti, l’uso dello spazio e del tempo per stare “lontani” dal pericolo “epidemia” è sempre stato naturale ed istintivo, ad esempio il concetto della “quarantena”, è una forma di protezione, di isolamento nello spazio e nel tempo antichissima ed oggi il concetto è ancora attuale come un “modo di vivere” lo spazio e il tempo in risposta ad un’emergenza. Detto ciò, va sottolineato che anche in questo caso l’approccio multidisciplinare con le diverse professionalità coinvolte, come architetti e urbanisti, ingegneri di varie specializzazioni (civili, impiantisti, informatici) e igienisti, è indispensabile per la progettazione e la realizzazione di architetture che promuovano stili di vita corretti”.
Gli spazi come promotori di salute
“La definizione dello stato di salute della popolazione data dall’Organizzazione Mondiale della Sanità nel 1988 non riguarda solo l’assenza di malattia, ma comprende anche il benessere fisico e sociale – sottolinea Capolongo -. In quest’ottica, il rapporto fra architettura e salute si consolida perché oggi l’approccio alla salute non è più di carattere soltanto medico, ma sempre più sociale: è infatti ormai dimostrato come molti dei determinanti di salute dipendano in prima istanza da fattori socio-economici. Aspetti come l’urbanizzazione, la globalizzazione, l’età della popolazione portano a sviluppare le principali malattie che caratterizzano le società sviluppate: nel nostro Paese, così come in tutta Europa, si tratta di malattie cronico degenerative, infarti, patologie cardiocircolatorie e respiratorie, obesità, che dipendono in grande misura dall’attività fisica”.
L’emergenza Covid ha riacceso il legame fra le città, gli spazi e i luoghi della salute
È alla luce di questo che, afferma il professore, l’ambiente costruito gioca un ruolo centrale: “La proporzione tra i determinanti di salute al momento è individuata in circa il 10% fattori attribuibili all’accessibilità dei servizi, il 30% a quelli cosiddetti ambientali, il 30% a quelli comportamentali e il rimanente ai fattori di rischio genetici. Fatti salvi i fattori genetici, su cui la medicina sta investendo molto, per tutti gli altri l’ambiente gioca un ruolo decisivo”.
Il compito del progettista è quindi estremamente importante: “Oggi il nostro obiettivo è far sì che gli spazi diventino promotori di salute, sia a livello di città che di spazi abitativi, intesi come luoghi dell’abitare: non solo la casa ma anche i posti di lavoro e del tempo libero. La sfida è farli diventare spazi proattivi in termini di salute”.
Non solo Covid-19: in gioco future pandemie e cambiamento climatico
Lo scenario attuale è una combinazione di quanto è successo e sta accadendo con la pandemia e le conseguenze determinate dal cambiamento climatico, le cui conseguenze e la cui complessità, evidenzia Pedrini, probabilmente non sono ancora del tutto state comprese. “Tra le comunità scientifiche è largamente diffusa la preoccupazione di possibili nuove pandemie e non c’è dubbio che l’architettura delle strutture sanitarie, a partire dagli ospedali, debba riflettere tale sviluppo – dice -. Alcuni requisiti sono stati chiaramente affrontati e risolti: ridondanza accurata, flessibilità, aumento della distribuzione dell’ossigeno, materiali e dettagli non considerati in precedenza, digitalizzazione più avanzata. L’attenzione all’evoluzione degli edifici ospedalieri, tuttavia, non deve essere l’unica priorità, infatti una maggiore attenzione va data anche alle “infrastrutture sanitarie territoriali”, in primo piano a quelle che riguardano le cure primarie.
Per contrastare la diffusione di una possibile nuova pandemia occorre intervenire anche contro il cambiamento climatico e l’inquinamento
Miglioramento della resilienza degli ospedali, creazione della rete territoriale di cura, sono interventi prioritari e la pianificazione per mitigare le conseguenze di una futura pandemia deve essere all’ordine del giorno di ogni istituzione. Occorre però sottolineare che, pur essendo un fattore necessario, non è sufficiente, si deve infatti comprendere la lezione fondamentale della pandemia: per contrastare la diffusione di una possibile nuova pandemia occorre andare di pari passo con la battaglia contro il cambiamento climatico, l’inquinamento atmosferico e tutti i fattori di distruzione del nostro pianeta e delle sue biodiversità”.
Il ruolo dei decisori della sanità
“I decision maker hanno un ruolo prioritario e determinante per accelerare questi processi: l’importante è fare scelte che non guardino all’oggi ma ai prossimi cinquant’anni”, dichiara Capolongo. “L’esperienza ci porta a considerare la necessità di sfruttare strumenti che abbiano un’evidenza scientifica anche per questioni legate al design e alla progettazione: è imprescindibile che il decisore sia affiancato da strumenti tecnici in grado di definire degli indicatori sia quantitativi che qualitativi per misurare l’efficacia dell’ambiente costruito in termini di salute.
Sono necessari strumenti tecnici e indicatori per misurare l’efficacia dell’ambiente costruito in termini di salute
Ad esempio, le infezioni ospedaliere sono sempre esistite ma oggi il relativo controllo è un elemento ancora più emergente: servono strumenti in grado di decidere i percorsi e i materiali, indicatori della qualità dell’aria. C’è poi il tema dei giardini terapeutici come elemento di benessere non solo fisico ma anche mentale, garantendo una capacità di recupero più rapida, come dimostrato dal ricercatore olandese Roger Ulrich. Non si tratta per altro solo di un’opportunità per le strutture ospedaliere: il paesaggio ha una funzione terapeutica anche su scala urbana e in un’ottica di inclusione sociale”.
L’ospedale del futuro
Le caratteristiche dell’ospedale del futuro secondo Capolongo sono flessibilità e resilienza, requisiti imprescindibili per avere la possibilità di adattarsi in tempi rapidi a qualsiasi evenienza. “L’esperienza con il Covid ci ha insegnato che gli ospedali, anche durante le maxi emergenze, devono continuare a funzionare: durante la prima ondata sono stati trasformati quasi tutti in ospedali Covid, ma tutte le altre patologie continuano a esserci ed è importante che il sistema socio-sanitario sia in grado di dare risposte anche a queste. L’ospedale dovrà essere in grado di accogliere i momenti di criticità, mantenendo in maniera efficace la capacità di erogare servizi in termini assistenziali”.
In concreto, il nosocomio continuerà, a parere dell’esperto, a essere organizzato per nuclei e non per padiglioni: “Serve pensare per nuclei in termini di percorsi e di organizzazione, gestione e di impianti in modo che un’eventuale infezione ospedaliera non metta in crisi l’intero sistema. Ragioniamo su nuclei compatti”.
Flessibilità, resilienza, innovazione dei materiali, sicurezza e sostenibilità: queste le parole chiave per l’ospedale del futuro
Inoltre, i nuovi ospedali saranno progettati con camere singole in cui si sarà meglio garantito non solo il controllo delle infezioni ma anche un servizio alberghiero e assistenziale più efficiente: “Avverrà in stanza la gran parte delle attività assistenziali e sanitarie. Solo quelle più “hard” chirurgiche e diagnostiche saranno delegate ad altri spazi. L’ottica sarà comunque sempre quella della capacità di trasformarsi per diventare camere doppie, aumentando i posti letto in caso di emergenze, che possono essere anche calamità naturali, dissesti idrogeologici o problemi geopolitici: tutte le cosiddette maxiemergenze cui l’ospedale deve saper rispondere”.
Un ulteriore fronte è quello dell’innovazione nel campo dei materiali da costruzione: “Le nuove frontiere dell’innovazione tecnologica si concentrano sulla possibilità di disporre di materiali antibatterici e antivirali: immagino che i progetti saranno sempre più dominati da elementi di finitura con questi tipi di materiali”.
Per l’ingegnera Pedrini, oltre alla flessibilità, le parole chiave dovranno essere sicurezza e sostenibilità: “Va ribadita l’importanza di mettere a sistema nuovi criteri volti a garantire la sicurezza di pazienti e operatori. La cultura della sicurezza è centrale, dalla fase progettuale in cui viene deciso dove collocare una struttura rispetto al territorio, alla progettazione vera e propria anche dei singoli dettagli costruttivi. È fondamentale assicurare un sistema di building management unitamente all’uso di materiali ecosostenibili ed è necessario puntare non solo sull’efficienza energetica, ma su un progetto complessivo di sostenibilità”.
Ospedali e ambiente
Gli edifici ospedalieri hanno una significativa impronta ecologica conseguente alla loro attività, ai prodotti e alle tecnologie utilizzate, all’energia e alle risorse materiali consumate, ai rifiuti generati e agli edifici occupati.
Una sfida importante sarà quella dell’utilizzo razionale delle risorse incrementando l’efficienza energetica
“Per gli ospedali del futuro una sfida importante sarà quella dell’utilizzo razionale delle risorse incrementando l’efficienza energetica, prevedendo sistemi per il riciclaggio dei rifiuti, impianti per il recupero dell’acqua piovana, migliorando la struttura dell’edificio stesso impiegando materiali ecosostenibili – precisa Pedrini -. Questo è un tema centrale per la nostra associazione, perché sfide globali come il cambiamento climatico e le sue conseguenze sulla salute umana e ambientale, anche prima dell’assalto inaspettato e aggressivo di un nuovo virus, avevano portato alla conferma che il ruolo dell’ingegneria e dell’architettura ospedaliera doveva essere riorientato. L’obiettivo di costruire e gestire “ospedali verdi” ha raggiunto buoni risultati nel settore energia, grazie alle campagne di risparmio ed al consumo razionale dell’energia (save energy-save lives) e all’uso di energia verde, ma è possibile fare di più con un approccio integrato e sistemico. Le strutture ospedaliere devono essere sempre più “resilienti” ed essere progettate, costruite, riviste e manutenute per resistere all’impatto di eventi naturali straordinari (precedentemente studiati ed eventualmente previsti) in modo da consentire di raggiungere però lo stesso livello di prestazioni”.
La Sias, insieme alla rete internazionale Ifhe, ha aggiornato e approvato il nuovo documento “Politica di Sostenibilità Ambientale”. Ancora, Ifhe e Ifhe-Eu hanno contribuito alla stesura di una guida alle migliori pratiche per Healthcare Estates, Una roadmap di ingegneria sanitaria per fornire zero emissioni di carbonio.
Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, infatti, “il cambiamento climatico è la più grande minaccia per la salute globale nel 21° secolo” e le indicazioni dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (Ipcc) sono di ridurre le emissioni aggregate del 45% entro il 2030 e del 100% entro il 2050.
“Le nuove strutture ospedaliere e sanitarie dovrebbero essere pianificate, progettate, costruite e mantenute in modo da raggiungere emissioni aggregate inferiori del 50% rispetto ai livelli del 2010 entro il 2030 e zero netto emissioni entro il 2050: nel contesto globale e in parallelo alla sicurezza di pazienti ed operatori, la sostenibilità ambientale nella gestione delle strutture ospedaliere e sanitarie è il tema di maggiore importanza da promuovere, in accordo anche con l’Oms”.
Le opportunità del Pnrr
“Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr), insieme altri strumenti importanti come il Programma nazionale per la ricerca (PNR) 2021-27, sono grandi occasioni di rilancio del sistema Paese, soprattutto nell’ambito della sanità in cui, come dico sempre, meglio dieci ospedali nuovi che mille ospedali vecchi – commenta Capolongo -. Sono fondi che vanno presi: occorre avere idee e progetti innovativi per cogliere queste opportunità per fare innovazione sotto l’aspetto dei processi gestionali e dell’organizzazione, ma anche della componente strutturale, fisica, degli ospedali, in modo che possano rispettare le istanze sociali nel futuro. Si tratta di strumenti importantissimi che non vanno lasciati: serve una forte integrazione tra istituzioni, mondo della ricerca e mondo dell’impresa”.
Serve una forte integrazione tra istituzioni, mondo della ricerca e mondo dell’impresa
“L’Italia è stata pesantemente colpita dal Covid 19 e come altri Paesi sta riflettendo e preparandosi all’utilizzo più efficiente ed efficace dei finanziamenti pubblici europei e nazionali, che stanno per arrivare, nonché del contributo degli investimenti privati – dice Pedrini -. Oltre al tema dell’ospedale sicuro e sostenibile e allo sviluppo del tema territoriale (ospedali di comunità), il Pnrr permetterà di accelerare il processo di digitalizzazione e studio per l’uso dell’Intelligenza Artificiale, iniziato già prima della pandemia, ma la questione fondamentale da affrontare sarà una nuova comprensione della complessità.
La questione fondamentale da affrontare sarà una nuova comprensione della complessità
In altre parole, siamo in un mondo sempre più caratterizzato dall’interconnessione e dall’interdipendenza e l’architettura ospedaliera e sanitaria deve trovare il modo di concentrarsi su spazi “temporanei” che facilitino l’assistenza centrata sul paziente. Infine, vi sono iniziative da intraprendere in tempi brevi come una programmazione certa degli interventi da realizzare, l’implementazione delle tecniche di Project Management, che si è dimostrato uno strumento operativo fondamentale anche durante il periodo di emergenza sanitaria, l’utilizzo avanzato dell’innovazione tecnologica (Bim) nei processi di architettura e ingegneria, ma soprattutto la disponibilità di risorse tecniche di alta competenza all’interno delle organizzazioni e di supporto specialistico (tecnico/legale, amministrativo/finanziario, …) necessario alla Pubblica Amministrazione”.