Le prescrivo un’ora d’arte

Quando l'arte entra nelle prescrizioni terapeutiche: un excursus tra i progetti di Arts on Prescription (AoP) lanciati nei diversi Paesi. In Emilia-Romagna c'è lo Sciroppo di Teatro: bambini, bambine e i loro accompagnatori ricevono un voucher fornito da pediatri e farmacisti e vanno a teatro per soli due euro a spettacolo

Prosegue con questo editoriale dedicato ai programmi di Arts on Prescription la collaborazione con il Cultural Welfare Center (CCW) sulla base di un progetto comune di diffusione della conoscenza sul valore delle arti e della cultura per il benessere e la salute

L’arte nelle prescrizioni mediche

Il primo a offrire questa opportunità è stato il Regno Unito: dalla metà degli anni Novanta, ai medici di base è consentito di integrare le loro prescrizioni terapeutiche (soprattutto farmacologiche) con altre, di natura sociale. Con una “ricetta” sociale, i dottori indirizzano alcuni tipi di pazienti – in genere, con disturbi legati alla depressione – verso servizi o fonti di supporto proposti dalla comunità locale, ad esempio programmi di attività fisica (Exercise on Prescription) o di lettura (Books on Prescription).

Nella stessa linea si collocano i progetti di Arts on Prescription (AoP), che dall’inizio del nuovo millennio vanno moltiplicandosi. Il primo esempio, l’AoP Stockport è stato lanciato nel 1994: persone con ansia o depressione lieve o moderata hanno avuto la possibilità di partecipare a diverse attività creative con l’obiettivo di aumentare il loro benessere mentale. Decine di iniziative simili si sono poi diffuse sia nel Regno Unito, che nei Paesi scandinavi, in Canada, in Australia, e in Belgio.

In Svezia, ad esempio, l’assistenza sanitaria di base offriva già servizi quali sessioni di mindfulness, corsi sulla gestione dello stress, yoga e attività fisica su prescrizione medica prima dell’introduzione dei programmi di AoP. Questa ulteriore possibilità è stata accolta positivamente da parte del sistema sanitario nazionale in quanto è stata considerata vantaggiosa sia per i pazienti che per gli operatori sanitari, nonché per la società nel suo complesso. È quanto emerge da un recente studio che ha esplorato per la prima volta, nel contesto svedese, le percezioni degli operatori sanitari rispetto all’opportunità di indirizzare pazienti con problemi di stress, ansia, isolamento sociale o forme lievi o moderate di depressione verso programmi di AoP, i quali hanno espresso un giudizio favorevole in virtù dei benefici generati da tale pratica in termini di motivazione, creazione di routine, interazioni sociali e aumento dell’autostima. Tuttavia, gli operatori sanitari intervistati hanno riferito che la pressione del fattore “tempo” sui professionisti sanitari e il persistente predominio del modello biomedico di cura rappresentano ancora oggi rilevanti barriere a una più ampia accettazione, in ambito medico, della necessità di adottare un approccio più olistico alla salute e al benessere degli individui e della collettività.

In questa direzione, l’AoP è un modo di affrontare i bisogni di benessere dell’individuo in modo, se non proprio olistico, almeno integrato, che si basa sul riconoscimento che la salute di un individuo è determinata, oltre che da fattori biofisici, anche da una serie di fattori sociali, economici e ambientali.

L’arte su prescrizione medica, va sottolineato, non c’entra con l’arte terapia, ma è un aiuto non medico multidisciplinare per recuperare una condizione psicofisica soddisfacente. Come funziona?

Il sistema della prescrizione sociale coinvolge medici di base e professionisti sanitari per fornire supporto pratico, sociale ed emotivo attraverso servizi non medici. L’approccio previsto, flessibile e incentrato sulla persona, può prevedere un’ampia gamma di proposte, dalle attività artistiche, culturali e sportive, alla biblioterapia, alle esperienze ricreative e di volontariato, alla formazione permanente, all’aiuto reciproco e sostegno alla genitorialità, fino ai servizi di consulenza legale, fiscale, abitativa e occupazionale. Alla base, la consapevolezza che la salute è in gran parte determinata da fattori psicosociali e relazionali e che le persone che hanno accesso a supporti sociali e culturali all’interno delle loro comunità sono più sane. Gli obiettivi di questo modello sono quelli di affrontare il tema della salute intervenendo sui determinanti e bisogni sociali, attraverso un approccio olistico, offrire interventi incentrati sulle persone, rafforzare le cure preventive e collegare le organizzazioni sanitarie con il Terzo settore.

Un programma-tipo di AoP dura dieci settimane. I partecipanti, suddivisi in gruppi che vanno di solito da otto a dodici membri, sono coinvolti in diverse attività artistiche e culturali, di solito due volte a settimana per circa due ore. Le attività variano in base al programma: si va dalla pittura alla modellazione, dal collage e altre creazioni manuali alla musica e al canto, dal teatro alle visite a musei o gallerie.

Mentre nel Regno Unito la maggior parte dei programmi di AoP sono animati da artisti, nel modello scandinavo (A. Jensen, W. Torrissen, T. Stickley, “Arts and public mental health: exemplars from Scandinavia“, WHO Public Health Panorama, 2020) si fa più spesso affidamento su organizzazioni e istituzioni museali e culturali.

Aumentano energia e gioia di vivere. Ma non solo

Studi internazionali, cresciuti anch’essi in modo sensibile dalla metà degli anni Novanta, hanno documentato effetti positivi sul benessere e la salute mentale di coloro che hanno preso parte ai programmi di AoP, in relazione a diversi parametri: aumento dei livelli di energia e della gioia di vivere, miglioramento delle relazioni sociali e delle proprie competenze, aumento dell’autostima, miglioramento della motivazione, della comprensione dei propri bisogni e della capacità di coping.

A beneficiarne sono sempre più spesso le persone che prestano le proprie cure ad altri, per motivi professionali o familiari

A beneficiarne sono sempre più di frequente anche le persone che prestano le proprie cure ad altri, per motivi professionali o familiari, soprattutto nei casi in cui i caregiver sono esposti a grandi carichi emotivi e a volte a fenomeni di esaurimento o burnout.

Sebbene alcune – pochissime, per la verità – valutazioni di analisi costi-benefici eseguite nel Regno Unito abbiano sollevato dubbi sulla possibilità che i programmi di AoP rappresentino un risparmio significativo per la finanza pubblica, la loro efficacia per la salute appare invece acclarata. Una sintesi autorevole dei loro risultati è stata pubblicata alla fine del 2019 in una scoping review di oltre 3mila studi, commissionata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Nello specifico, il report dell’OMS inserisce il ventennale programma inglese di attività di cultura su prescrizione tra i casi studio di maggior interesse rispetto alla relazione virtuosa tra cultura e salute, evidenziando come sia stato stimato un ritorno medio sull’investimento di 2,30 sterline per ogni sterlina spesa, generando risparmi sui costi grazie alla riduzione delle prescrizioni inappropriate e al minor uso dei servizi sanitari, compresi gli accessi al pronto soccorso. Attualmente, nel Regno Unito, l’obiettivo che il Servizio Sanitario Nazionale si prefigge di raggiungere è quello di coinvolgere 900.000 persone nei programmi di prescrizione sociale entro il 2023.

Altrettanto significative sono le evidenze raccolte nel “Research Digest: Culture on Referral” dal Centre for Cultural Value, che presenta un’istantanea dei benefici generati dai programmi di AoP attraverso una revisione rapida della letteratura pubblicata tra il 2010 e il 2020. Adottando un approccio sistematico per l’identificazione degli studi più rilevanti, il report mette in evidenza che le ricerche che si sono avvalse di un metodo standardizzato di misurazione del benessere (come, ad esempio, la Warwick Edinburgh Mental Wellbeing Scale o il Museum Wellbeing Measure for Older Adults) fanno registrare differenze positive nei punteggi tra l’inizio e la fine di un programma. Ciò suggerisce che c’è stato un cambiamento positivo significativo nel benessere quale risultato della partecipazione ai programmi di AoP.

Allo stesso tempo, gli studi che hanno utilizzato metodi qualitativi indicano che i partecipanti hanno riscontrato una serie di vantaggi. In particolare, il coinvolgimento in programmi di AoP ha consentito di acquisire maggiore sicurezza e di rafforzare la propria autostima. Inoltre, le persone che hanno usufruito di un programma di AoP hanno notato che si sono sentite supportate dagli altri membri del gruppo con esperienze simili, sottolineando l’importanza del supporto tra pari e l’opportunità di sviluppare nuove amicizie. Inoltre, vi sono prove crescenti del fatto che i programmi di AoP agiscano come fattore di stimolo per una maggiore partecipazione culturale. Ad esempio, alcuni studi riferiscono che le persone coinvolte in questo tipo di pratiche hanno creato dei propri gruppi artistici e si sono impegnate di più in attività artistiche e culturali nella loro vita quotidiana, decidendo a volte di iscriversi a nuove opportunità educative come i corsi universitari. Tuttavia, poiché molti di questi studi si interrompono con la fine dei programmi di AoP, potrebbe essere interessante per il futuro approfondire ulteriormente gli aspetti connessi ai vantaggi duraturi della partecipazione ai programmi di AoP, al di là dei cambiamenti a breve termine.

Nella stessa direzione, il report “Social Prescribing Roundtable, November 2019” pubblicato dal Royal Australian College of General Practitioners e dal Consumers Health Forum of Australia fornisce un’ulteriore conferma del fatto che la prescrizione sociale rappresenti una preziosa opzione aggiuntiva alla gamma delle alternative sanitarie disponibili. Come detto in precedenza, è noto che gli aspetti sociali, economici e ambientali possano influire sulla salute e il benessere delle persone, e anzi non così raramente possano essere la motivazione principale per cui le persone si rivolgono ai servizi sanitari di base. In tal senso, la prescrizione sociale può contribuire ad affrontare numerosi fattori di rischio, inclusi l’isolamento sociale, la comorbilità e i problemi di salute mentale. Riprendendo alcuni passaggi del report, è interessante notare come, al contrario di quanto accada in Germania o nel Regno Unito, dove rispettivamente il 74% e il 65% dei medici ha affermato di aver messo spesso in connessione i pazienti con i servizi sociali o altri programmi comunitari, in Australia, Stati Uniti e Canada circa il 40% dei medici ha riferito lo stesso. Inoltre, ulteriori stime suggeriscono che circa il 20% dei pazienti consulta il proprio medico di famiglia per quelli che sono principalmente problemi psicosociali. Come suggerisce il rapporto australiano, la prescrizione sociale è capace di superare i confini tra servizi medici e comunitari, aumentando l’impatto duraturo di un trattamento o, in alcuni casi, evitando la necessità di un trattamento. Ne deriva, come già sottolineato, che si dovrebbe promuove maggiormente l’adozione di pratiche che tengano conto dei bisogni delle persone, affrontando anche questioni non strettamente sanitarie (compresi i determinanti sociali della salute), attraverso un approccio olistico alla cura.

A che punto è l’Italia?

Anche nel nostro Paese la pratica di indirizzare programmi artistici e culturali alla promozione della salute, alla prevenzione delle malattie e alla gestione e al trattamento di condizioni patologiche anche degenerative si sta progressivamente affermando. Sono numerose le iniziative offerte ormai regolarmente da decine di musei, soprattutto in Toscana, alle persone con demenza e ai loro caregiver. Altri percorsi consolidati sono quelli di danza per le persone con Parkinson o quelli di lettura per i neonati. Tutti questi programmi, promossi da organizzazioni culturali e artistiche, coinvolgono in varie forme i medici, sia come consulenti, sia come valutatori.

Caso studio: lo Sciroppo di Teatro in Emilia-Romagna

In realtà, l’unico vero e proprio programma di AoP in Italia si trova in Emilia-Romagna, dove la Regione, per iniziativa di ATER Fondazione, ha varato da pochi mesi un progetto per la salute dei più piccoli che si chiama Sciroppo di Teatro, e che mette insieme 153 pediatri di base, 236 farmacie, e una rete di 36 teatri e di compagnie specializzate nel teatro per bambini e ragazzi.

In 22 comuni, bambini, bambine e i loro accompagnatori possono andare a teatro con un voucher fornito da pediatri e farmacisti, per soli due euro a spettacolo. L’obiettivo è contribuire alla costruzione di politiche di welfare culturale a partire dal teatro

Da gennaio 2022, in 22 comuni, i bambini e le bambine dai 3 agli 8 anni, insieme ai loro accompagnatori, possono andare a teatro con un voucher ricevuto da pediatri e farmacisti, per soli due euro a spettacolo. L’obiettivo del progetto è contribuire alla costruzione di politiche di welfare culturale a partire dal teatro e, in particolare, dal teatro per bambini e famiglie. Al 4 aprile, su 70 spettacoli già andati in scena, ATER Fondazione ha registrato 11.540 presenze, di cui 6.068 entrate con il voucher Sciroppo di teatro. Ciò a fronte di una popolazione di 59.652 bambini e bambine e 8.103 posti a sedere complessivi nei 23 teatri coinvolti (24.309 per tre spettacoli). Dopo la chiusura dei teatri del 2020/2021 e in una situazione pandemica che tra dicembre 2021 e febbraio 2022 ha colpito in particolare i bambini, il progetto ha permesso di coprire il 47% circa di posti disponibili.

Si è scelto, decisamente controcorrente, di investire nella cultura delle nuove generazioni partendo dai più piccoli. Sulla decisione ha pesato anche la consapevolezza degli effetti della pandemia sui bambini

Si è scelto, decisamente controcorrente, di investire nella cultura delle nuove generazioni partendo dai più piccoli. Sulla decisione ha pesato anche la consapevolezza degli effetti della pandemia sui bambini, che, come ricorda il report delle Nazioni Unite sull’impatto del Covid-19, “non sono i più colpiti da questa pandemia, ma rischiano di essere le sue più grandi vittime”. I lunghi periodi di interruzione della frequenza scolastica, la riduzione drastica dell’interazione fisica di gioco fra coetanei, l’impossibilità di dedicarsi ad attività sportive, extra-scolastiche e culturali, soprattutto nelle fasce più fragili della popolazione, hanno causato danni nella sfera cognitiva e nell’apprendimento e una carenza di esperienze positive sul piano sociale ed emotivo. Povertà educativa e marginalizzazione rischiano di crescere ancora di più.

Se paragonato agli equivalenti inglesi o svedesi, l’impatto atteso di Sciroppo di Teatro riguarda soprattutto il sollievo a breve termine di una situazione di sofferenza significativa da parte dei più piccoli. Strumenti mirati di valutazione potranno in futuro rilevare effetti sulle life skills nel medio periodo, soprattutto dei bambini che avranno potuto prendere parte all’intero ciclo di spettacoli.

La sperimentazione è importante anche sul piano della creazione di un rapporto istituzionale orientato al welfare culturale fra mondo della sanità pubblica e privata e mondo della cultura

Ma la sperimentazione è importante anche su un altro livello, che è quello della creazione di un rapporto istituzionale orientato al welfare culturale fra mondo della sanità pubblica e privata e mondo della cultura. In prospettiva, e includendo, oltre ai bambini, anche adulti e anziani, nelle modalità ad essi più confacenti, le potenzialità delle ‘arti su ricetta medica’ per l’Italia sono interessanti.

Uno sguardo al futuro

Nel 2019, nel nostro Paese, poco più di 2 milioni 500mila persone (circa il 5% della popolazione) soffrivano di almeno un disturbo di tipo depressivo. La percentuale tra le persone con più di 65 anni era il 10,6% e tra quelle dai 75 anni in poi il 16,2%. Questi disturbi sono più diffusi tra le donne, con una media generale del 6,4%, del 13,3% tra le donne dai 65 anni e addirittura del 19,9% tra le ultrasettantacinquenni.

Se per l’Italia dovessero valere le stesse proporzioni del Regno Unito, almeno un terzo delle richieste di assistenza per disagio psicologico da lieve a moderato che vengono rivolte ai medici di base potrebbero trovare una risposta almeno parziale e complementare nei programmi di AoP

Secondo il Ministero della Salute, sempre nel 2019, la spesa lorda complessiva per i farmaci antidepressivi in regime di assistenza convenzionata è stata di oltre 391 milioni di euro, con un numero di confezioni superiore a 37 milioni. Per la categoria degli antidepressivi in distribuzione diretta, la spesa lorda complessiva è stata pari a 1 milione di euro con 496.762 confezioni. Se per l’Italia dovessero valere le stesse proporzioni che sono state calcolate per il Regno Unito, almeno un terzo delle richieste di assistenza per disagio psicologico da lieve a moderato che vengono rivolte ai medici di base potrebbero trovare una risposta almeno parziale e complementare nei programmi di AoP.

C’è poi l’esercito dei prestatori, professionali e non professionali, di cure, con il loro carico quotidiano da portare spesso in solitudine. Senza contare gli operatori sanitari, tra i quali la pandemia ha moltiplicato, soprattutto nel 2020, lo stress e l’esaurimento, quasi il 30% dei cittadini residenti forniscono cure o assistenza, soprattutto a familiari. Un terzo di queste persone, circa 2,4 milioni, lo fanno per almeno venti ore a settimana. L’onere principale ricade sulle donne; in particolare sono più di un milione le donne di età compresa tra i 45 e i 74 anni che si impegnano per più di 20 ore alla settimana. La maggiore intensità di caregiving si registra peraltro fra le donne con più di 75 anni, il 55% delle quali presta continuativamente assistenza, di solito al marito.

Il confronto fra i livelli di soddisfazione per la vita in generale delle persone con una vita culturale vivace e quelli delle persone in condizioni di esclusione culturale mette in luce una differenza di oltre dieci punti percentuali a vantaggio delle prime

Si tratta di una popolazione che meriterebbe, attraverso una accurata programmazione, una cura ricostituente artistica e culturale – uno sciroppo per adulti di teatro, musica, bellezza – prescritta dal medico e spendibile, per esempio, nei quasi 5mila musei, piccoli e grandi, del Paese, nelle circa 9mila biblioteche, o nei teatri (quelli, beninteso, che non hanno chiuso nel frattempo). Il confronto fra i livelli di soddisfazione per la vita in generale (controllando tutte le altre variabili) delle persone con una vita culturale vivace e quelli delle persone in condizioni di esclusione culturale mette in luce una differenza di oltre dieci punti percentuali a vantaggio delle prime.

Infine, oltre a migliorare l’umore e la soddisfazione per la vita, l’arte prescritta dal dottore sarebbe anche un modo per dare ossigeno al settore culturale e soprattutto al comparto dello spettacolo dal vivo, che, già in sofferenza prima del 2020, ha pagato alla pandemia un prezzo molto alto in termini di introiti e occupazione.

Per approfondire:

La cultura fa bene alla salute: come nasce il welfare culturale

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