Strategie di sostenibilità nel contesto dell’introduzione dei farmaci biosimilari
L’ottimizzazione delle risorse nel settore sanitario è cruciale per garantire un equilibrio efficace tra innovazione, sostenibilità del sistema e governance adeguata. Nel perseguire tale obiettivo, uno degli strumenti principali è rappresentato dal disinvestimento, un concetto discusso ampiamente ma implementato con limitata frequenza nella pratica.
In questo contesto, emerge la prospettiva dell’utilizzo dei farmaci biosimilari come soluzione chiave, da collegare al finanziamento dell’innovazione. Gli obiettivi associati all’adozione dei biosimilari comprendono una maggiore concorrenza e i conseguenti risultati in termini di efficienza allocativa, sia statica che dinamica.
Gli obiettivi associati all’adozione dei biosimilari comprendono una maggiore concorrenza e i conseguenti risultati in termini di efficienza allocativa
In particolare, la concorrenza tra i biosimilari si traduce, in termini di efficienza allocativa statica, in una riduzione dei costi, un elemento che potrebbe essere capitalizzato per finanziare, almeno in parte, l’introduzione di nuovi farmaci con valore aggiunto per il Servizio Sanitario Nazionale (SSN). L’efficienza allocativa dinamica viene promossa attraverso la creazione di un nuovo mercato, con un notevole incentivo alle imprese per investire in innovazione, generando benefici tangibili per gli investimenti e per il Prodotto Interno Lordo (PIL).
Questi temi sono stati al centro di un simposio dello scorso congresso SIFO al quale ha preso parte, oltre a Vito Ladisa (farmacista dell’Istituto Tumori di Milano) e a Franco Astorina (Past President FARE), anche Francesco Saverio Mennini (Past President SiHTA), che ha sottolineato: «Mentre l’attenzione tende a concentrarsi sui prezzi più bassi associati ai biosimilari, l’aspetto più interessante riguarda invece l’efficienza allocativa, sia statica che dinamica. Tuttavia, è essenziale considerare attentamente la sostenibilità di questa “corsa al ribasso” dei prezzi. Nonostante esista una definizione della percentuale minima di riduzione del prezzo, la mancanza di una percentuale massima fissata solleva interrogativi significativi, specialmente quando si assiste a riduzioni del prezzo fino al 95%. La sostenibilità delle aziende che optano per queste drastiche riduzioni di prezzo rimane un aspetto critico da indagare. È necessario infatti esplorare approfonditamente le implicazioni economiche di tale pratica, valutando le prospettive di lungo termine per le imprese coinvolte e ponendo attenzione sulla necessità di regolamentazioni che garantiscano una competizione equa nel mercato dei biosimilari».
Mentre l’attenzione tende a concentrarsi sui prezzi più bassi associati ai biosimilari, l’aspetto più interessante riguarda invece l’efficienza allocativa
Un altro aspetto spesso trascurato dell’introduzione dei biosimilari è la possibilità di garantire un accesso più ampio alle terapie, superando le limitazioni di bilancio che spesso impediscono ai pazienti di accedervi. Nascono da qui una serie di riflessioni sulle politiche sanitarie sia dal lato dell’offerta (prezzi) che dal lato della domanda (sostituzione, incentivi a medici, pazienti).
Le sfide legate all’introduzione dei biosimilari riguardano procedure di confronto, accertamento, selezione di pazienti e decisioni sulla sostituzione. In letteratura alcuni studi hanno dimostrato che gli aspetti regolatori, l’accettabilità da parte dei medici, le politiche di prezzo e di rimborso determinano il livello effettivo di risparmi legati ai biosimilari [Rémuzat C, et al. 2017; Moorkens E, et al. 2017; Farfan-Portet MI, et al. 2014; Haustein R, et al. 2012].
Gli aspetti regolatori, l’accettabilità da parte dei medici, le politiche di prezzo e di rimborso determinano il livello effettivo di risparmi legati ai biosimilari
In uno studio del 2019, un gruppo di ricerca coordinato da Mennini ha valutato l’impatto economico dell’introduzione dei biosimilari sulla spesa sanitaria nazionale in Italia tra il 2014 e il 2020. I risultati sono stati rappresentati come la differenza tra la spesa stimata in assenza di biosimilari e la spesa stimata in presenza di biosimilari, considerando la penetrazione reale o ipotetica di questa categoria di farmaci. Commenta così l’autore: «Il modello ha consentito di stimare un risparmio di circa 800 milioni di euro intorno al 2020, cumulando le riduzioni e i risparmi: una cifra importante, soprattutto nell’ottica di poterla rendere disponibile per finanziare l’innovazione in campo sanitario».
Le sfide legate all’introduzione dei biosimilari
Innanzitutto, è necessario affrontare alcune questioni come la definizione di procedure di confronto per identificare quali pazienti sono candidabili al trattamento con biosimilari senza riserve e quali pazienti richiedono un maggiore grado di attenzione; chi è responsabile della decisione in merito alla sostituzione del trattamento da farmaco originario a biosimilare e quali criteri vengono considerati; se deve essere accordata la facoltà di sostituzione automatica e a quali condizioni o con quali motivazioni; in che misura la sostituzione da un biosimilare all’altro può ripetersi nel tempo e con quali ripercussioni.
Le risposte a queste domande sono in via di sviluppo in questi anni e hanno condotto alla predisposizione di linee guida che salvaguardino l’efficacia e, conseguentemente, la corretta allocazione delle risorse.
Per innescare il cambio di paradigma auspicato, alcune strategie appaiono di fondamentale importanza e utilità:
- valorizzare le tecnologie, coniugando il valore terapeutico del farmaco con il suo impatto economico e sociale
- introdurre risorse aggiuntive nei settori in cui non sono correlate al fabbisogno
- eliminare l’approccio “a silos” attraverso una visione integrata e coordinata delle risorse
- rivedere i tetti di spesa in un’ottica di ottimizzazione delle risorse, attuando modifiche che riflettano le esigenze attuali
- valutare l’impatto del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) nel supportare tali iniziative
- considerare il nuovo Regolamento dell’Unione Europea sull’Health Technology Assessment (HTA) come un fattore facilitante per implementare politiche più efficaci
- approfondire gli studi di HTA per acquisire una comprensione approfondita degli impatti e delle opportunità inerenti a tali strategie
- considerare le gare come strumento per promuovere la concorrenza e garantire l’accesso equo alle migliori terapie disponibili.
HTA e Accordo Quadro
L’intervento di Mennini si è concluso con una interessante disamina relativa alle tematiche di Health Technology Assessment in ottica procurement: «Sul tema delle gare, è necessario in particolare focalizzarsi sull’identificare il metodo migliore al fine di garantire un accesso uniforme alle migliori terapie per i pazienti in un’ottica di equità verticale. In quest’ottica l’accordo quadro (AQ) quale peculiare metodo pubblico di negoziazione appare come lo strumento migliore tendente a garantire appropriatezza, sostenibilità e tutela della concorrenza. Per le sue specifiche e caratteristiche, l’AQ presenta innumerevoli vantaggi a favore di un sistema sostenibile, ma soprattutto è un valido strumento diretto a contrastare posizioni monopolistiche o comunque distorsive della concorrenza».
Secondo l’analisi presentata, l’AQ si presenta come la soluzione di gran lunga preferibile per:
- l’interesse dell’amministrazione ad una spesa sanitaria più sostenibile;
- l’interesse degli operatori economici ad un mercato più competitivo;
- l’interesse del medico specialistico e del paziente a vedere assicurata una congrua flessibilità di scelta nel rimedio terapeutico da impiegare (al riguardo, cfr. Tar Lazio n. 4555/2018, TAR Veneto1134/2017).
HTA e Accordo Quadro possono garantire un accesso uniforme alle migliori terapie
L’analisi di HTA (Health Technology Assessment) e l’utilizzo di accordi quadro emergono come strumenti fondamentali per garantire un accesso uniforme alle migliori terapie.
Un recente studio [Mennini FS, et al. 2022] ha dimostrato come, a partire dalle informazioni sul monitoraggio di consumi e spesa dei biosimilari resi disponibili dall’AIFA, il prezzo medio dei farmaci originator risulta essere minore nelle Regioni con accordo quadro. In particolare, il prezzo medio dei farmaci originator è particolarmente più elevato nelle Regioni che non ammettono l’utilizzo dell’accordo quadro con meno di 3 biosimilari.
Conclusioni
Con il ricorso ai farmaci biosimilari, si può consentire di esplorare un nuovo segmento del mercato farmaceutico, di trattare un numero maggiore di pazienti con farmaci biotech a prezzi più accessibili, di ridurre la spesa sanitaria ma soprattutto si può applicare in maniera concreta il concetto di “disinvestimento”.
L’introduzione dei biosimilari rappresenta un’innovazione che supporta la sostenibilità del sistema sanitario italiano. Tuttavia, è cruciale considerare l’equilibrio tra innovazione, sostenibilità e governance del sistema. La via da percorrere richiede un cambiamento di paradigma, valorizzando le tecnologie, introducendo risorse aggiuntive e rivedendo i tetti di spesa, il tutto nell’ottica di garantire terapie efficaci, sostenibilità e concorrenza nel lungo termine.