Blockchain: in Italia c’è molto interesse, ma i progetti sono pochi e in ambito sanitario è tutto fermo

Nel nostro Paese se ne parla da tempo, esiste anche una task force presso il Ministero dello Sviluppo Economico, ma ad oggi progetti concreti di Blockchain nell’ambito sanitario non ce ne sono. Ne parliamo con alcuni esperti: Gian Luca Comandini, Giovanni Maglio e Laura Cappello

Dati sanitari decentralizzati, criptati, immutabili, accessibili solo a figure autorizzate, in grado, ad esempio, di verificare l’identità del paziente, tenere traccia di tutta la sua storia clinica, monitorare i suoi parametri vitali in tempo reale, trasmettere le informazioni in modo sicuro ed evitare frodi o manipolazioni. Pochi, semplici caratteristiche che potrebbero rivoluzionare l’assistenza sanitaria nel nostro paese e in tutto il mondo.

Come? Con il sistema Blockchain, una tecnologia che si basa su una rete di singoli computer, detti “nodi”, che rendono disponibili, in tempo reale, i dati senza bisogno di un’autorità centrale che li debba gestire o manipolare.

In Italia se ne parla da tempo, esiste anche una task force presso il Ministero dello Sviluppo Economico, ma ad oggi progetti concreti di Blockchain nell’ambito sanitario non ce ne sono.

Questa “catena di blocchi” potrebbe essere il presupposto per avviare in modo concreto, ad esempio, la Cartella Clinica Elettronica che in Italia fa fatica a decollare e per far risparmiare molto denaro (e tempo) alle casse del Sistema Sanitario Nazionale. Se fosse implementata nel modo giusto, entro il 2025 la tecnologia Blockchain potrebbe far risparmiare, a livello mondiale, tra i 100 e 150 miliardi di dollari, soldi che altrimenti verrebbero spesi per costi operativi, falle nella sicurezza dei dati, costi per arginare o rimediare a frodi e contraffazioni dei farmaci.

Le strutture sanitarie in Italia “non parlano” tra di loro

In Italia c’è ancora molto da fare. Perché il problema non è avere i dati. Quelli li abbiamo, anche troppi forse. Con le numerose app mediche che circolano nel nostro Paese potrebbe sembrare un gioco da ragazzi monitorare la salute dei cittadini. E che dire dei software dei nostri medici che raccolgono informazioni importanti sulla nostra salute e li salvano sui loro pc? A vedere la mole di dati che ogni giorno si riversano nei vari canali di comunicazione del nostro Sistema Sanitario Nazionale, una persona dall’esterno potrebbe pensare che basta fare click per avere tutta la storia clinica di un paziente, indipendentemente dal fatto che abbia fatto una visita ora in un ospedale, ora in una struttura privata o dal proprio medico di medicina generale.

L’Italia è fortemente impegnata a livello europeo per lo sviluppo della Blockchain

Purtroppo, non è così. I dati sono immagazzinati e monitorabili dalle singole strutture che li hanno memorizzati, ma le strutture tra di loro non parlano, il dato di un singolo paziente è quindi frammentato tante quante sono le strutture in cui si visita e ricostruire la sua storia clinica è un’impresa.

Ad oggi, in Italia Blockchain è una sorta di parolina magica che esperti di Information Technology tirano fuori ad ogni congresso nell’ambito della sanità per farne capire il valore e a cui i rappresentanti delle istituzioni ammiccano positivamente e con lunghe elucubrazioni.

Per il resto non si sta facendo molto in ambito sanitario, anche se l’interesse è presente e il nostro paese è tra i capofila nell’Unione europea per lo sviluppo della Blockchain: l’Italia, insieme alla Svezia e alla Repubblica Ceca, ha acquisito la Presidenza della EU Blockchain Partnership per un anno, fino a luglio 2020. Si tratta di un’iniziativa promossa dalla Commissione UE con l’intento di creare la European Blockchain Service Infrastructure (Ebsi), un’infrastruttura per supportare molte applicazioni nella notarizzazione, nella gestione dei titoli di studio e nella condivisione affidabile di dati.

L’Italia, alla fine del 2018, ha sottoscritto una dichiarazione sullo sviluppo della Blockchain nell’ambito del MED7, il gruppo costituito da sette Paesi del Sud Europa (Italia, Spagna, Francia, Malta, Cipro, Grecia e Portogallo).

Tante startup e aziende hanno progettualità interessanti, ma ancora non c’è nulla di concreto in Italia

A dicembre dello stesso anno è stato creato un gruppo di lavoro presso il Ministero dello Sviluppo Economico (MISE) composto da 30 esperti che hanno come compito quello di elaborare proposte strategiche per implementare questa tecnologia in Italia.

Al momento, il gruppo di lavoro del MISE ha portato un interessante progetto pilota sviluppato con IBM per la tutela della filiera dei prodotti made in Italy. Ma nell’ambito della salute e della sanità non ci sono ancora progetti rilevanti.

Come ci spiega Gian Luca Comandini, esperto di Blockchain, direttore della Scuola di Alta Specializzazione di Ateneo Impresa – The Blockchain Management School e membro del gruppo dei 30 esperti di Blockchain presso il Ministero dello Sviluppo Economico, oggi siamo ancora in una fase di studio. “Tante startup e aziende stanno ricercando progettualità interessanti, ma ancora non c’è nulla di concreto in Italia. In ambito sanitario, a livello internazionale ci sono progetti notevoli come la startup Elysium Tech e il progetto di cartella clinica mondiale in Blockchain di Ark e GEM. In Italia, il primo step che si potrebbe raggiungere grazie alla Blockchain è la cartella clinica elettronica, oggi una chimera. Quello è sicuramente il primo passo per modernizzare ed efficientare la sanità italiana, tutte le altre applicazioni possono venire solo dopo. Nella task-force governativa di cui faccio parte, abbiamo prodotto un documento di oltre 200 pagine per indirizzare il Governo sulle scelte più corrette in ambito Blockchain, e un capitolo importante è dedicato all’ambito sanitario. Ora è tutto in mano al Ministro che deciderà quando e come utilizzare i nostri suggerimenti”.

Come è nata la Blockchain?

La blockchain è nata come tecnologia di contabilità distribuita per le monete elettroniche Bitcoin. La sua principale utilità era rendere possibile lo scambio di monete elettroniche tra i partecipanti di una rete distribuita, senza la necessità di una “terza parte” centralizzata e di fiducia (Third Trusted Party). Dopo i Bitcoin, si è cercato di applicare questa tecnologia anche ad altri settori come la gestione dell’identità, la risoluzione delle controversie, la gestione dei contratti, la gestione delle catene di fornitura, l’assicurazione e la sanità, solo per citarne alcuni.

Nell’ambito sanitario sono diversi i punti di forza apportati dalla Blockchain:

  • Decentramento: la natura stessa dell’assistenza sanitaria, frammentata in diverse strutture, pubbliche e private, richiede un sistema di gestione decentralizzato che permetta a queste strutture di accedere ai dati dello stesso paziente. Facciamo un esempio concreto: il signor Mario Rossi un giorno va a farsi fare una TAC in una struttura privata e poi porta l’esame da uno specialista, il quale a sua volta lavora in una struttura diversa. Allo stato attuale, il paziente Mario Rossi avrà una sua cartella in ogni struttura, con dati diversi, che non si sincronizzano e non si aggiornano. Non comunicano. Con un sistema decentralizzato invece la cartella del paziente potrebbe essere unica e aggiornata dalle varie strutture in cui il paziente si reca, tutte collegate tramite Blockchain.
  • Maggiore sicurezza e privacy dei dati. I dati, una volta salvati nella Blockchain, non possono essere danneggiati, alterati o cancellati. Tutti i dati sono crittografati, aggiunti in ordine cronologico e sono salvati utilizzando chiavi crittografiche che aiutano a proteggere l’identità o la privacy dei pazienti.
  • Proprietà dei dati sanitari. I pazienti possono controllare i propri dati in qualsiasi momento, e capire chi ha avuto accesso agli stessi e come li ha utilizzati. La Blockchain aiuta a soddisfare questi requisiti attraverso forti protocolli crittografici e contratti intelligenti (smart contracts) ben definiti.
  • Integrità. Poiché i dati sulla Blockchain sono replicati in più “nodi”, la disponibilità e l’integrità dei dati archiviati sulla catena è garantita, i dati non si possono perdere e non si possono corrompere. Qualsiasi variazione è visibile a tutti gli utenti.

Sfide e opportunità della Blockchain

Implementare questa tecnologia è molto complesso. Ci sono sfide da superare, soprattutto nel nostro Paese, come l’interoperabilità dei sistemi, la privacy e la scalabilità.

La sfida dell’interoperabilità deriva dal fatto che non esiste ancora uno standard di sviluppo di applicazioni sanitarie basate su Blockchain; pertanto, le applicazioni sviluppate da diversi fornitori o su piattaforme diverse potrebbero non essere in grado di interagire. Quello di cui abbiamo parlato prima: se due strutture sanitarie utilizzano piattaforme di gestione dati diverse, non possono scambiarsi informazioni facilmente.

Per quanto riguarda la sicurezza e la privacy, il GDPR dell’Unione europea non va troppo d’accordo con il fatto che i dati non si possano cancellare, uno dei pilastri su cui si basa la Blockchain. Per il GDPR infatti l’utente ha il diritto di richiedere la cancellazione completa dei suoi dati.

La scalabilità, vale a dire la possibilità di modificare il sistema per permettergli di gestire una mole di dati sempre crescente, è uno dei talloni d’Achille di questa tecnologia che al momento gestisce circa 4,6 transazioni al secondo, mentre un circuito di carte di credito (per fare un esempio) ne gestisce 1700.

Al di là di queste problematiche a cui si sta lavorando, il potenziale della Blockchain rimane enorme, soprattutto nell’ambito sanitario.

Il potenziale della Blockchain rimane enorme, soprattutto nell’ambito sanitario

La tecnologia potrebbe essere molto utile per la gestione delle cartelle cliniche elettroniche (Electronic Medical Record, EMR), delle catene di approvvigionamento dei farmaci, per la ricerca medica e il monitoraggio remoto dei pazienti (RPM).

Per la Cartella Clinica Elettronica la vera rivoluzione sarebbe quella di avere una cartella univoca per ogni paziente, indipendentemente dalle strutture presso cui è assistito e che sia compilata con codici e nomi univoci. Con la Blockchain si potrebbe fare. Questo comporterebbe un enorme risparmio di tempo utilizzato per ricercare i dati dei pazienti e ricostruire la sua storia clinica. In Estonia hanno iniziato a utilizzare la tecnologia Blockchain nel 2012 per proteggere i dati sanitari ed elaborare le transazioni. Ora tutta la fatturazione sanitaria del Paese è gestita su una Blockchain, e il 99% di tutte le informazioni sulle prescrizioni è digitale. Guardtime è l’azienda che gestisce la piattaforma di convalida delle identità dei pazienti in Estonia.

Un altro progetto interessante in questo ambito è MedRec, realizzato dal MIT Media Lab e dal Beth Israel Deaconess Medical Center negli USA, che fornisce ai pazienti una gestione univoca sulle proprie informazioni, per facilitare la gestione delle autorizzazioni e della condivisione dei dati tra strutture sanitarie.

Per il settore dei farmaci, alcune società applicano sistemi in cui si registra ogni transazione relativa al farmaco e alla prescrizione del farmaco, coinvolgendo nella rete Blockchain tutte le parti interessate (produttori, distributori, medici, pazienti e farmacisti). In questo modo, qualsiasi alterazione o modifica dannosa della prescrizione può essere rilevata. Il sistema Blockchain può anche essere utile per controllare la produzione e distribuzione dei farmaci ed evitare contraffazioni: ad esempio Blockpharma effettua la scansione della catena di approvvigionamento e verifica tutti i punti di spedizione, informando i pazienti nel caso stessero assumendo medicinali falsi.

Anche nella ricerca medica il sistema Blockchain potrebbe fare la differenza, allargando la partecipazione dei pazienti agli studi clinici e permettendo di anonimizzare in modo sicuro i dati sensibili. Inoltre, il fatto che i dati su Blockchain sono immutabili certificherebbe l’integrità degli stessi per lo studio clinico.

Per il monitoraggio da remoto dei pazienti (Telemedicina) la Blockchain permetterebbe di trasmettere in modo sicuro e criptato i dati del paziente: ad esempio i parametri rilevati da un medical device indossato potrebbero essere trasmessi in tempo reale al medico che potrebbe così intervenire tempestivamente.

La Blockchain potrebbe inoltre aumentare la sicurezza dei rapporti giuridici tra le parti (paziente e organismo sanitario): basti pensare alla maggiore certezza (integrità e immutabilità) delle informazioni registrate nella cartella clinica su Blockchain che possono contribuire ad una consistente riduzione di eventuali contenziosi e, quindi, di costi che gravano pesantemente sul sistema sanitario, anche in termini di polizze assicurative.

Quanto si crede nella Blockchain in Italia?

Secondo i dati dell’Osservatorio Blockchain e Distributed Ledger della School of Management del Politecnico di Milano, il 2019 è stato l’anno di affermazione della tecnologia Blockchain con un +100% di investimenti. Nel mondo, Stati Uniti, Corea del Sud e Cina sono i Paesi più attivi, e in Europa, dopo il Regno Unito con i suoi 17 progetti, arriva l’Italia con 16 progetti, un dato che evidenzia un buon fermento. Nel nostro paese gli investimenti in Blockchain hanno raggiunto 30 milioni di euro (+100% rispetto al 2018) ma il 40% della spesa si concentra nella finanza, nelle assicurazioni, nell’ambito supply chain e tracciabilità di prodotto, il 30% nell’agroalimentare e il resto nella Pubblica Amministrazione.

Il basso numero di progetti operativi in Italia è da imputare a diversi aspetti, dalla mancanza di fiducia nelle tecnologie alle scarse conoscenze, competenze e limitate risorse allocate per la gestione di progetti che richiedono alti livelli di complessità.

Nel nostro paese gli investimenti in Blockchain hanno raggiunto 30 milioni di euro

Ma il problema riguarda anche il quadro normativo. Come sempre, in Italia le leggi non mancano, è la loro applicazione che risulta difficile, come ci racconta Giovanni Maglio, avvocato e autore di numerosi articoli sull’implementazione della Blockchain in Italia: “Il nostro Paese è stato uno dei primi a dotarsi di una normativa in materia, con la Legge n. 12 del 11 febbraio 2019 di conversione del D.L. 14 dicembre 2018, n. 135 (Decreto Semplificazioni). Purtroppo, ad oggi, il fondamentale provvedimento di livello tecnico di competenza dell’Agid (gli standard tecnici) non è stato ancora emanato, rendendo inattuabile la legge. Tale ritardo, sicuramente attribuibile alla lentezza della macchina amministrativa, è comunque sintomatico dell’approccio di ritrosia nei confronti di questa tecnologia, e va a rafforzare il divario tra gli entusiasti e gli scettici della Blockchain nel nostro Paese”.

Negli Stati Uniti, il Dipartimento della Sicurezza Interna (US Department of Homeland Security) ha addirittura inserito la Blockchain tra le infrastrutture essenziali durante l’emergenza Covid-19 per la cyber-resilienza. Noi invece siamo ancora qui a discutere se sia utile e come può essere utile.

La sanità è un settore molto frammentato anche a causa della ripartizione delle competenze legislative fra Stato e Regioni, che lascia ampia libertà a queste ultime, rischiando di creare sistemi sanitari e gestioni delle emergenze sanitarie differenti, come l’esperienza della pandemia di questi giorni ci sta dimostrando, con le Regioni che continuano ad attuare provvedimenti in modo autonomo e diverso le une dalle altre. Ma l’avvocato Maglio indica una possibile via d’uscita: “La riserva di legge in capo allo Stato dall’art. 117 della Costituzione in ordine al ‘coordinamento informativo statistico e informatico dei dati dell’amministrazione statale, regionale e locale’, potrebbe consentire di superare l’eventuale frammentazione, alla stregua dell’esperienza realizzata con il tentativo di uniformare e rendere interoperabili i fascicoli sanitari elettronici regionali tra di loro. In questo senso, il ruolo di coordinamento assunto dal MISE con l’istituzione dei tavoli tecnici su Blockchain fa ben sperare in un’uniformità coordinata dell’azione in campo sanitario”.

La Blockchain potrebbe agevolare l’interoperabilità progressiva fra sistemi informativi sanitari nazionali e interregionali, pubblici e privati

Blockchain e Covid-19

Se la Blockchain esistesse già e fosse già operativa, potrebbe aiutare sensibilmente nel monitoraggio dei pazienti contagiati in tempo reale, permettendo di controllare gli spostamenti, di esaminare i parametri di chi rimane a casa in tempo reale e in assoluta sicurezza.

Alla fine di marzo il Ministero per l’Innovazione Tecnologica e la Digitalizzazione ha lanciato una call per tecnologie per il contrasto alla diffusione del Covid-19 rivolta a pubbliche amministrazioni, aziende, enti, fondazioni e centri di ricerca, pubblici e privati, in grado di fornire soluzioni per la gestione dell’emergenza sanitaria. Come ci racconta Laura Cappello, tech lawyer specialista in materia di contratti informatici, diritto delle nuove tecnologie, presidente Blockchain Core Srl e presidente legal & Governance Board di Quadrans Foundation (una blockchain open source, pubblica, decentralizzata e autonoma, che realizza una infrastruttura per smart-contract): “La tecnologia e, in particolare, la tracciabilità in Blockchain, sono fondamentali per la raccolta di dati al fine di accelerare la sconfitta dell’epidemia sul territorio e lo sviluppo di vaccini e terapie. Ciò senza considerare che la progressiva condivisione di tutte le informazioni sui pazienti nella piattaforma Blockchain consentirebbe a qualunque struttura sanitaria e a qualunque medico di conoscere l’intera storia clinica di un paziente con certezza immutabile e, quindi, di somministrare cure adeguate e in tempi più rapidi. La Blockchain può, inoltre, agevolare l’interoperabilità progressiva fra sistemi informativi sanitari nazionali e interregionali, soggetti privati, come laboratori di analisi, strutture della sanità privata e anche assicurazioni, con un fortissimo abbattimento di costi e inutile burocrazia. I dati che vengono raccolti durante la pandemia saranno un patrimonio prezioso per l’Italia e per il mondo intero. Il Solidarity Response Fund è stato lanciato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), Fondazione Nazioni Unite e Swiss Philantropy Foundation per raccogliere donazioni per sconfiggere la pandemia Covid-19. Se le donazioni fossero effettuate attraverso la piattaforma Blockchain, tracciandone provenienza e destinazione, esse potrebbero servire a rafforzare il monitoraggio e la raccolta dei dati sulla diffusione del virus, a potenziare i reparti di terapia intensiva, a garantire i dispositivi di protezione per il personale sanitario, ad accelerare lo sviluppo di vaccini e terapie”.

Telemedicina e Blockchain potrebbero fare la differenza, non solo per questa emergenza, ma per la gestione dell’assistenza sanitaria generale.

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